Un dispositivo portatile per stampare impianti ossei direttamente in sala operatoria
Un nuovo approccio alla chirurgia rigenerativa
Un team di ricerca della Sungkyunkwan University (SKKU) in Corea del Sud, con la collaborazione di istituzioni come Harvard Medical School, KAIST, Korea University e MIT, ha sviluppato un dispositivo portatile in grado di stampare in 3D impianti ossei direttamente sul sito della lesione.
Il sistema mira a superare i limiti delle tecniche tradizionali, dove gli impianti vengono realizzati esternamente e successivamente impiantati. Con questa soluzione, invece, è possibile generare uno scaffold personalizzato in tempo reale, adattato alla morfologia della frattura o del difetto osseo.
La tecnologia: PCL e HA per scaffold biocompatibili
Il dispositivo utilizza una miscela di policaprolattone (PCL) e idrossiapatite (HA), due materiali già noti per le loro proprietà biocompatibili e osteogeniche.
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Il PCL fornisce elasticità e resistenza meccanica,
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L’HA migliora l’integrazione con il tessuto osseo e favorisce la mineralizzazione.
Inoltre, la composizione può essere arricchita con antibiotici come gentamicina o vancomicina, garantendo un rilascio controllato che previene infezioni post-operatorie.
Risultati preclinici
I test su modelli animali hanno mostrato che:
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Gli scaffold prodotti in situ si adattano perfettamente al difetto osseo,
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La rigenerazione è risultata più organizzata e stabile rispetto agli impianti prefabbricati,
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Il rilascio prolungato di antibiotici ha ridotto il rischio di infezioni, con zone di inibizione batterica estese nei test di laboratorio.
Gli studi hanno inoltre dimostrato che aumentando la frazione di HA si ottengono scaffold più robusti e con una degradazione più lenta, garantendo un supporto più duraturo durante la fase di guarigione.
Implicazioni cliniche
Se validato, il dispositivo portatile potrebbe cambiare radicalmente la pratica chirurgica in ortopedia e traumatologia:
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Implanti personalizzati stampati direttamente sul difetto osseo,
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Riduzione dei tempi operatori, evitando procedure di adattamento degli impianti,
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Diminuzione del rischio infettivo grazie agli antibiotici incorporati,
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Possibilità di utilizzo in ambienti d’emergenza, come zone di guerra o scenari di soccorso, dove non è possibile produrre impianti complessi in laboratorio.
Sfide ancora aperte
I ricercatori segnalano tuttavia alcune criticità da affrontare:
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Migliorare l’adesione al tessuto circostante,
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Standardizzare la precisione del dispositivo per difetti di dimensioni diverse,
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Avviare studi clinici su larga scala per la traduzione verso l’uso umano.
