Una macchina per la maglieria che funziona come una stampante 3D

Un gruppo di ricercatori della Cornell University, in collaborazione con la Carnegie Mellon University, ha sviluppato un prototipo di macchina per maglieria capace di creare oggetti solidi tridimensionali a partire da filato convenzionale. Invece di produrre solo tessuti piatti o tubolari, la macchina costruisce volumi pieni, strato dopo strato, in modo molto simile a una stampante 3D a deposizione di filamento. L’obiettivo è trasformare la maglieria in una vera tecnica di manifattura additiva morbida, dove il materiale non viene depositato come plastica fusa, ma intrecciato in una struttura continua di punti che definiscono direttamente la forma e le proprietà meccaniche dell’oggetto. 


Dal tessuto bidimensionale ai volumi pieni

La maglieria tradizionale, anche nelle versioni industriali più evolute, è pensata per realizzare superfici: pannelli piatti, tubi, capi d’abbigliamento che poi vengono cuciti, imbottiti o assemblati per ottenere forme tridimensionali. Il team Cornell–Carnegie Mellon ha scelto di intervenire direttamente sull’architettura della testa di maglieria: invece di una singola barra di aghi allineati, il prototipo utilizza una griglia 6×6 di aghi “double-hook” simmetrici. Ogni ago può formare, trasferire o chiudere i punti in più direzioni, rendendo possibile un vero intreccio volumetrico del filato. In questo modo la macchina non si limita più a “vestire” un volume, ma costruisce il volume stesso dall’interno verso l’esterno. 

Knitting in due direzioni ortogonali: il trucco del solid knitting

L’idea di base è combinare due direzioni di lavoro: quella “verticale”, che costruisce il tessuto come in una maglia normale, e quella “orizzontale”, che attraversa la matrice di aghi. Alternando e sovrapponendo questi schemi, la macchina può creare scatole, travi a C, piramidi rovesciate e forme con sporgenze che sarebbero impossibili su una classica macchina per maglieria. Ricerche precedenti sul solid knitting avevano già mostrato la possibilità di produrre prismi pieni, ma con geometrie limitate e senza un controllo accurato di diagonali e overhang; il nuovo prototipo mira proprio a superare questi vincoli, portando il concetto verso una vera fabbricazione volumetrica tessile.

 


Un progetto “maker-friendly”: 36 aghi, 72 motori e componenti stampati in 3D

Il prototipo presentato da Cornell è volutamente compatto e modulare. La testata di maglieria è composta da 36 aghi e viene azionata da 72 motori, controllati da una scheda a microcontrollore Raspberry Pi Pico collegata a driver dedicati. Gran parte della struttura meccanica – viti senza fine, supporti, alcuni organi di trasmissione – è realizzata con parti stampate in 3D, così da rendere la macchina assemblabile e modificabile con strumenti tipici di un laboratorio di fabbricazione digitale.


Controllo via G-code: la maglieria entra nell’ecosistema delle stampanti 3D

Uno degli aspetti più interessanti emersi dal lavoro descritto da Fabbaloo è la scelta di utilizzare comandi G-code per guidare i movimenti della macchina. In questo modo, il sistema può essere pilotato con software già noti nel mondo della stampa 3D, come Repetier-Host, trasferendo concetti come layer, traiettorie e velocità nel dominio della maglieria. Il percorso del filato viene stabilizzato con bracci oscillanti, gripper per il trasferimento dei punti, compattatori e piccoli ventilatori che aiutano a mantenere il filo nella posizione corretta durante i passaggi più delicati.


Oggetti dimostrativi: dal polsino alla piramide rovesciata

Per validare il concetto, i ricercatori hanno realizzato con la macchina vari oggetti dimostrativi: un polsino riscaldatore (wrist warmer) che avvolge il braccio, una scatola aperta, una trave a forma di C e una piramide rovesciata a un quarto di volume, tutti lavorati in un unico pezzo, senza cuciture. Questi esempi mostrano che il sistema è in grado di mantenere la continuità dei punti lungo più assi e di gestire zone sporgenti e cavità interne, elementi chiave per strutture realmente tridimensionali.


Textile AM: controllare rigidità, densità ed elasticità tramite il punto

Il vero vantaggio del solid knitting rispetto alla stampa 3D polimerica non riguarda solo la forma, ma la microstruttura del materiale. Cambiando tipo di punto, direzione del filato, tensione e sequenza delle maglie, è possibile variare localmente densità, rigidità ed elasticità all’interno dello stesso oggetto. Il team evidenzia come la combinazione di “maglie verticali” e “maglie orizzontali” consenta di creare regioni che si allungano prevalentemente in una direzione e resistono in un’altra, ottenendo una compliance anisotropa difficilmente replicabile con le tecniche AM convenzionali.


Applicazioni possibili: robotica soffice, wearable e ortesi personalizzate

Controllare forma e comportamento meccanico con la stessa macchina apre scenari interessanti per robotica soffice, dispositivi indossabili e ortesi su misura. Il gruppo Cornell cita come esempi futuri strutture a supporto di legamenti, vasi sanguigni artificiali o tessuti di sostegno, dove è importante ottenere zone con spessore, rigidità e deformabilità differenti su scala millimetrica. Tessuti “pieni” ma morbidi potrebbero inoltre essere impiegati come imbottiture tecniche, componenti antiurto leggeri, interfacce ergonomiche o gusci deformabili per robot che interagiscono in sicurezza con l’utente.  


Cornell + Carnegie Mellon: due linee di ricerca che si incontrano

Il lavoro su questa nuova macchina Cornell–Carnegie Mellon si inserisce in un filone più ampio portato avanti dalla Carnegie Mellon Textiles Lab, dove il gruppo di Yuichi Hirose, Mark Gillespie, Angelica Bonilla Fominaya e James McCann ha definito formalmente il concetto di solid knitting e sviluppato una macchina in grado di produrre prismi solidi di lunghezza arbitraria. In quella ricerca, il sistema utilizza due letti di aghi con array rotanti che fungono da “magazzini” di maglie, partendo da un linguaggio di istruzioni a basso livello e da un tool di progettazione volumetrico che genera pattern lavorabili direttamente dalla macchina.  


Dalla sedia in filato agli ottoman solidi: il solid knitting per l’arredo

Il primo prototipo di solid knitting sviluppato a Pittsburgh è stato pensato anche per oggetti d’arredo: sgabelli, pouf, piccoli tavoli e persino sandali, tutti realizzati come volumi pieni di corda elastica o filato spesso. Articoli dedicati su riviste come Fast Company, ZME Science e altri media di design descrivono una macchina grande circa quanto un’asciugatrice, con due grandi ruote dentate piene di uncini che trattengono e riposizionano i “blocchi” di maglia mentre il sistema costruisce la forma strato dopo strato. L’idea a lungo termine è una rete di macchine in grado di produrre e poi disfare arredi solidi, riciclando lo stesso filato per nuovi oggetti. 


Limiti attuali: tensione del filato, affidabilità e velocità

Come molte piattaforme di manifattura additiva in fase prototipale, anche la macchina Cornell–Carnegie Mellon è ancora lenta e delicata. La gestione della tensione del filato è complessa e può portare alla deformazione dei punti o alla flessione degli aghi; la sincronizzazione tra avanzamento filato e movimenti degli organi di maglieria non è perfetta e può causare punti caduti o presi sull’ago sbagliato, situazioni che richiedono interventi manuali. Gli stessi ricercatori sottolineano che serviranno miglioramenti sia nell’hardware sia nel “slicer” della maglieria, il software che deve ottimizzare ogni punto nel contesto del volume.  


Verso una nuova branca della manifattura additiva tessile

Nonostante le limitazioni attuali, il solid knitting proposto da Cornell e Carnegie Mellon suggerisce la nascita di una nuova categoria di manifattura additiva: una produzione che non deposita materiale discontinuo, ma intreccia un unico filo per dare forma a oggetti volumetrici, morbidi o semirigidi, potenzialmente riconfigurabili e riciclabili semplicemente disfacendo la maglia. Invece di stampare polimeri morbidi per imitare il tessuto, la macchina lavora direttamente il tessuto stesso, con la possibilità di incorporare filati conduttivi, sensori, attuatori o fibre funzionalizzate. In prospettiva, questo approccio potrebbe affiancare – e in alcuni casi sostituire – la stampa 3D tradizionale in applicazioni dove comfort, adattabilità al corpo e sostenibilità del materiale hanno un peso decisivo.  

 

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Di Fantasy

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