Un decatleta della Husker firma la prima scarpa da corsa interamente stampata in 3D del programma

Il protagonista del progetto è Till Steinforth, decatleta della squadra di atletica dei Huskers e studente del Master of Architecture alla University of Nebraska–Lincoln (UNL). Unendo formazione in architettura, interesse per la moda e esperienza diretta in pista, Steinforth ha progettato e portato in produzione la prima scarpa da corsa interamente stampata in 3D sviluppata all’interno dell’ateneo, battezzata “Ripple Runner”.


Dallo stadio al laboratorio: collaborazione tra architettura e fashion design

L’idea nasce quando Steinforth, abituato a cambiare scarpe in continuazione per le diverse discipline del decathlon, inizia a chiedersi se fosse possibile progettare una scarpa da corsa stampata in 3D che integrasse conoscenze di biomeccanica, design di prodotto e sostenibilità. Per svilupparla si è rivolto a Kylin Flothe, assistant professor of practice nel Department of Textiles, Merchandising and Fashion Design della UNL, con cui aveva già lavorato in precedenza.

Flothe ha affiancato Steinforth nella lettura della letteratura su calzature tecniche, prevenzione degli infortuni e materiali flessibili, oltre che nelle scelte estetiche. Nel dipartimento gli studenti avevano già sperimentato accessori e dettagli stampati in 3D, ma nessuno aveva tentato una scarpa da corsa completa, pensata per essere usata in allenamento da un atleta di alto livello.


Ripple Runner: obiettivi del progetto e filosofia di design

Con Ripple Runner, Steinforth ha voluto esplorare tre linee guida principali:

  • ridurre il numero di componenti rispetto alle scarpe tradizionali, che possono arrivare a decine di pezzi tra tomaia, intersuola, suola, rinforzi, inserti e cuciture;

  • minimizzare gli scarti di materiale, sfruttando la logica additiva al posto del taglio da fogli o pannelli;

  • sfruttare la stampa 3D per integrare funzioni meccaniche e comfort direttamente nella geometria della scarpa, invece che in accoppiamenti di pezzi diversi.

Per Steinforth, la stampa 3D rappresenta un modo per avvicinare la logica del “pezzo unico funzionale” al mondo delle scarpe da performance: la geometria può essere adattata alle esigenze del singolo atleta, mentre il processo produttivo si affida più a progettazione digitale e meno a catene di assemblaggio complesse.


Progettazione digitale: Rhino e sperimentazione iterativa

Sul fronte CAD, Steinforth ha lavorato in Rhino 3D, utilizzando un linguaggio geometrico che consente di modellare superfici complesse e reticoli interni. Una parte consistente del progetto è stata la sperimentazione sulla forma: densità del reticolo, spessori delle pareti, pattern di ventilazione e supporto dell’arco plantare sono stati ripetutamente modificati in base ai test di comfort e alle prove di resistenza.

Il percorso non è stato lineare: diverse stampe iniziali sono fallite o non hanno raggiunto i livelli di flessibilità, sostegno e precisione dimensionale desiderati. Solo dopo più iterazioni è stato possibile ottenere un prototipo completo che Steinforth ha ritenuto adatto per un vero allenamento di corsa.


Stampa e componenti: suola, tomaia e piastra in carbonio

Ogni paio di Ripple Runner richiede circa 24 ore di stampa per scarpa. Il progetto è stato suddiviso in tre componenti principali:

  • suola con struttura di supporto e grip;

  • tomaia stampata in 3D con reticolo flessibile e zone a spessore variabile;

  • piastra in carbonio rimovibile, inserita tra piede e suola per modulare rigidità e risposta elastica.

Soletta, tomaia e piastra vengono stampate separatamente e poi assemblate: la tomaia viene incollata alla suola, mentre la piastra in carbonio è progettata per essere infilata e sfilata rapidamente dal corridore. Il processo avviene con tecnologie di stampa FDM su materiali flessibili, in grado di coniugare deformabilità e resistenza.


Una tomaia “a calza” con soletta integrata

Uno degli elementi più distintivi della Ripple Runner è la tomaia completamente stampata in 3D che integra anche la soletta interna. Questo elimina la necessità di inserire plantari separati e consente di progettare un contatto piede–scarpa molto più controllato: zone più cedevoli in corrispondenza di avampiede e tallone, maggiore supporto nell’arco plantare, e pannelli più fitti attorno al collo del piede per garantire stabilità.

Flothe paragona questa struttura a una calza stampata in 3D: il materiale flessibile permette di avvolgere il piede senza cuciture, con una continuità che nei modelli tradizionali è difficile da ottenere. L’assenza di strati sovrapposti e incollati riduce potenziali punti di sfregamento e semplifica anche l’analisi del comportamento meccanico della tomaia, che diventa un’unica entità funzionale.


Piastra in carbonio rimovibile: stabilità o ammortizzazione su richiesta

La piastra in carbonio è pensata come elemento regolabile: quando è inserita, la scarpa offre maggiore rigidità e stabilità, utile per tratti veloci o allenamenti che richiedono una spinta più aggressiva; quando viene rimossa, l’insieme tomaia–suola si comporta in modo più morbido, privilegiando ammortizzazione e comfort per sessioni più leggere o di recupero.

La progettazione della piastra ha richiesto un compromesso tra spessore, peso e curvatura. L’obiettivo era ottenere una risposta elastica percepibile dall’atleta, senza aggiungere massa eccessiva o irrigidire troppo l’intera scarpa, dato che il materiale della suola è già strutturato con reticoli funzionali.


Test in pista e margini di miglioramento

Steinforth ha testato la Ripple Runner in sessioni di allenamento reali, valutando comfort, risposta dell’intersuola, comportamento nelle curve e nella fase di spinta. Le prime uscite hanno confermato che la scarpa è utilizzabile in campo e ha retto alle sollecitazioni del decatleta, pur lasciando spazio a perfezionamenti futuri su geometria del reticolo e pesi complessivi.

Dalle prove è emersa anche un’indicazione sul processo: il tempo di stampa di 24 ore per scarpa è compatibile con un contesto prototipale e di ricerca, ma per un uso esteso servirebbero macchine più veloci e sistemi multi-materiale, in grado di integrare in un’unica build tomaia, suola e piastra, riducendo passaggi manuali e tempi complessivi.


Sostenibilità e riduzione degli scarti nel processo di stampa

Uno dei punti chiave del progetto è l’aspetto ambientale e produttivo: nelle scarpe convenzionali, una parte significativa del materiale viene scartata quando i vari strati vengono fustellati e rifilati. Con la stampa 3D, si deposita solo il materiale necessario, con scarti limitati alle strutture di supporto.

Spingendo oltre questo concetto, si potrebbero usare supporti solubili o materiali secondari facilmente riciclabili, riducendo ulteriormente l’impatto del processo. La Ripple Runner, pur essendo ancora un prototipo sperimentale, mostra come un approccio di questo tipo possa avvicinare la produzione di calzature a logiche di design per la sostenibilità e di produzione su richiesta.


Global Footwear Awards e prospettive per la carriera di Steinforth

La Ripple Runner è stata candidata ai Global Footwear Awards, con esito previsto per l’inizio del 2026. Per la University of Nebraska–Lincoln, il progetto rappresenta un caso concreto di collaborazione interdisciplinare tra College of Architecture e College of Education and Human Sciences, mettendo in dialogo architettura, fashion design, scienza dei materiali e sport di alto livello.

Parallelamente, Steinforth si prepara alla sua ultima stagione da decatleta Husker e riflette sul proprio futuro professionale, immaginando una carriera in cui architettura e product design convivano. La gestione del progetto Ripple Runner – dalla concezione alla stampa, fino alla comunicazione pubblica – è già, di fatto, un esempio di questa direzione ibrida.


Il contesto: scarpe stampate in 3D tra moda, lusso e performance

Il lavoro di Steinforth si inserisce in un quadro in cui le scarpe stampate in 3D stanno acquisendo visibilità. Aziende come Zellerfeld collaborano con marchi di moda e sport come Louis Vuitton, Nike, RAINS, Hugo, Havaianas e designer come Heron Preston e Sean Wotherspoon, per sviluppare sneaker unibody stampate in 3D, riciclabili e spesso personalizzate.

Sul fronte del lusso, la maison italiana Gucci ha ampliato la linea Cub3d con sneaker stampate in 3D in più varianti colore, mentre realtà come Syntilay propongono ciabatte personalizzate basate su scansioni da smartphone e design supportato da strumenti di intelligenza artificiale, stampate con il supporto produttivo di Zellerfeld. Questi esempi mostrano come la stampa 3D stia coprendo sia il segmento fashion sia quello della personalizzazione su misura.

In questo scenario, la Ripple Runner si distingue perché nasce in ambito accademico e con un obiettivo dichiarato di prestazione atletica: non solo un oggetto di design o un concept per passerelle, ma una scarpa da corsa progettata da un atleta per l’uso sul campo, con l’intento di esplorare cosa può offrire la stampa 3D in termini di controllo geometrico, modularità e gestione degli scarti.


Prospettive: personalizzazione e produzione on-demand

Guardando avanti, Steinforth immagina future iterazioni della Ripple Runner con adattamento specifico alla morfologia del piede di ogni atleta, potenzialmente basato su scansioni 3D e su librerie di reticoli che modulano rigidità locale e ritorno elastico. In parallelo, il passaggio a stampanti in grado di gestire più materiali in un’unica build aprirebbe alla possibilità di integrare direttamente piastra rigida, zone ammortizzanti e rivestimenti esterni in un singolo processo.

Se questi sviluppi verranno portati avanti, progetti come Ripple Runner potrebbero contribuire a definire nuovi modelli di produzione per le calzature sportive: lotti ridotti, cicli di design–stampa–test molto rapidi, minori scorte di magazzino e prodotti costruiti partendo dalla combinazione tra dati biometrici, analisi di gara e preferenze di feeling sotto al piede.

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Di Fantasy

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