FIT AG porta “Save Whiteout” a Formnext 2025: la cultura dell’innovazione al centro

Alla Formnext 2025, in programma dal 18 al 21 novembre a Francoforte sul Meno, uno degli stand più “anomali” sarà quello di FIT AG, gruppo tedesco specializzato in manifattura additiva industriale. Invece di presentare il classico parco macchine e le catene di processo, l’azienda ha scelto di usare il proprio spazio fieristico come piattaforma di discussione: nasce così “Save Whiteout”, una installazione che invita a ripensare la cultura dell’innovazione nella stampa 3D. 

L’idea di fondo è semplice ma piuttosto netta: secondo FIT, in Europa e in particolare in Germania le potenzialità dell’Additive Manufacturing (AM) vengono frenate meno dai limiti tecnici e molto di più da un clima organizzativo e regolatorio che scoraggia il rischio e l’adozione su larga scala.


“Whiteout”: innovazione non ancora contaminata

Nel concept comunicato dall’azienda, il termine “Whiteout” indica una forma di innovazione “non contaminata” – uno spazio ancora bianco, sobrio, non sovraccarico di slogan o promesse. FIT sostiene che questo spazio si stia restringendo, schiacciato da tre fattori ricorrenti nella pratica quotidiana dei progetti AM:

  • ipernormazione e burocrazia che rallentano l’industrializzazione di nuove applicazioni, soprattutto nei settori regolamentati;

  • avversione al rischio, che porta molte aziende a fermarsi ai dimostratori senza arrivare alla produzione in serie;

  • una certa autocompiacenza: si celebrano casi simbolici di successo, ma si interviene poco sulle strutture che permetterebbero all’additivo di scalare davvero. 

L’installazione non è un lancio prodotto né una classica campagna di branding: FIT la descrive come un “mostrare il problema, non le soluzioni”. In altre parole, il focus non è su una nuova macchina o un nuovo materiale, ma sul contesto che decide se quelle tecnologie riusciranno mai a uscire dal perimetro della sperimentazione.


“Innovazione bloccata”: la diagnosi di FIT dopo tre decenni di AM

FIT AG lavora nella manifattura additiva da circa trent’anni, fornendo servizi che vanno dal design e ingegnerizzazione fino alla produzione in serie e ai controlli qualità, con un ampio parco macchine metalliche e polimeriche.

Questa prospettiva di lungo periodo porta il gruppo a una diagnosi piuttosto chiara:

  • molti progetti AM restano fermi allo stadio di prototipo o dimostratore, anche quando materiali, processi e metodi di qualifica sarebbero già disponibili;

  • il collo di bottiglia non è quasi mai la tecnologia pura, ma la mancanza di volontà di modificare processi, supply chain e modelli di business;

  • soprattutto nei settori regolamentati (medtech, aerospazio, mobilità) l’adozione si scontra con processi di approvazione lunghi e frammentati che scoraggiano investimenti continui. 

In questo quadro, Formnext 2025 diventa per FIT il luogo ideale per mettere il tema al centro della scena: una fiera che conta oltre 800 espositori e più di 30.000 visitatori professionali è un contesto in cui parlare non solo di hardware, ma anche di cultura organizzativa. 


Le tre “identità” di FIT: stratega, tecnologo, integratore

Nel testo alla base di “Save Whiteout”, il CEO Carl Fruth spiega che FIT non vuole essere percepita solo come fornitore esecutivo, ma come “curatore di responsabilità” lungo l’intero percorso della produzione additiva. Da qui le tre identità con cui il gruppo si presenta:

  1. Stratege – il partner che accompagna il cliente nel passaggio dall’idea alla piena industrializzazione, lavorando su business case, selezione delle applicazioni, gestione del rischio.

  2. Technologe – l’esperto di processo: FIT padroneggia una gamma ampia di tecnologie (powder bed fusion metallica e polimerica, processi per polimeri e metalli, oltre a lavorazioni convenzionali di finitura) e può scegliere la combinazione più adatta a ogni caso. 

  3. Integrator – l’attore che aiuta a inserire la manifattura additiva nelle catene di fornitura e nei flussi produttivi esistenti, affrontando temi come logistica, controllo qualità, scalabilità, formazione del personale.

  4. In quest’ottica, “Save Whiteout” non è solo una provocazione estetica, ma una dichiarazione di posizionamento: FIT AG si propone come partner per affrontare le questioni strutturali che finora hanno limitato il passaggio dell’AM da “progetto speciale” a normale opzione industriale.


“Invite Whiteout”: un format esportabile oltre la fiera

Uno degli aspetti più interessanti del progetto è che l’installazione non è pensata solo per i quattro giorni di fiera. Con il programma “Invite Whiteout”, FIT AG offre la possibilità a:

  • associazioni di categoria,

  • aziende industriali,

  • enti pubblici e istituzioni,

di riutilizzare il setting come format di discussione: un ambiente neutro in cui invitare decision maker, responsabili R&D, esperti di regolatorio e stakeholder per confrontarsi su innovazione, responsabilità e uso strategico della manifattura additiva. 

Questo approccio è in linea con altre iniziative del gruppo, che negli anni ha già lavorato sul confine tra arte, design e AM, come nel progetto “Silent Orchestra” realizzato insieme all’artista Peter Lang e alla controllata FIT Additive Tectonics: una scultura fonoassorbente stampata in 3D a grande scala, pensata come elemento architettonico e funzionale. 


FIT AG: un profilo aggiornato del gruppo

Per capire meglio da dove nasce questa presa di posizione pubblica sulla cultura dell’innovazione, vale la pena ripassare alcuni dati chiave su FIT AG / FIT Additive Manufacturing Group:

  • Sede principale a Lupburg, in Baviera, con ulteriori stabilimenti e filiali in Bologna (Italia), Brașov (Romania) e Braintree (Massachusetts, USA). 

  • Circa 250–300 dipendenti e un fatturato intorno ai 25 milioni di euro nel 2022, secondo dati comunicati dal gruppo e da profili aziendali indipendenti. 

  • Un portafoglio che copre l’intera catena del valore del 3D printing: progettazione additiva, produzione di prototipi, attrezzature, parti finali, opere d’arte, più processi convenzionali come fresatura CNC, stampaggio a iniezione, fusione sotto vuoto e lavorazione di elastomeri. 

Questa combinazione di esperienza industriale e apertura verso applicazioni “non convenzionali” rende credibile la scelta di trasformare Formnext in un momento di confronto sulla responsabilità collettiva nell’innovare: non basta introdurre nuove macchine, servono decisioni coraggiose su come strutturare progetti, supply chain e modelli di business intorno alla stampa 3D.


Europa, innovazione e manifattura additiva: cosa c’è in gioco

Il messaggio di “Save Whiteout” si inserisce in un dibattito più ampio sul ruolo dell’Europa nella manifattura avanzata:

  • negli ultimi anni l’AM è passata da strumento di prototipazione a tecnologia di produzione sempre più matura, con applicazioni in aerospazio, medicale, automotive e difesa; 

  • tuttavia, diversi analisti osservano che l’adozione in serie, in particolare per i materiali metallici, richiede stabilità di processo, automazione e riduzione dei costi che non sempre vengono perseguiti con decisione nelle organizzazioni tradizionali; la combinazione di normative complesse, cicli di approvazione lunghi e una cultura aziendale prudente rischia di spingere i progetti più ambiziosi verso regioni dove l’ambiente è percepito come più favorevole alla sperimentazione.

In questo senso, il “whiteout” evocato da FIT AG è un promemoria: se lo spazio per sperimentare in modo responsabile ma deciso continua a restringersi, la manifattura additiva rischia di rimanere confinata a dimostratori spettacolari, senza una corrispondente trasformazione della produzione reale.


 

 

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Di Fantasy

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