PHA per FDM: un test pratico mette in evidenza punti forti e limiti

Il filamento PHA (polyhydroxyalkanoate / poliidrossialcanoati) viene spesso proposto come alternativa al PLA per la stampa FDM/FFF, soprattutto quando l’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale rispetto ai polimeri tradizionali. Nel test ripreso da 3Druck.com, l’attenzione non è sulla teoria, ma su come il materiale si comporta in stampa, su quali accorgimenti servono e quali prestazioni si ottengono con prove meccaniche e termiche.

Che cos’è il PHA e perché interessa nel mondo dei filamenti

Il termine PHA indica una famiglia di poliesteri prodotti da microrganismi, spesso tramite fermentazione batterica. In letteratura tecnica e nelle rassegne sui materiali, ai PHA vengono associate proprietà come biodegradabilità, natura termoplastica e, a seconda della formulazione, buona resistenza ai raggi UV; è però una famiglia ampia, con gradi e prestazioni che possono variare molto. Questo rende plausibile trovare sul mercato PHA “puri” o miscele (blend) progettate per bilanciare stampabilità e resistenza.

Il contesto del test: JanTec Engineering, Polar Filament e la promessa “cold bed”

Nel test descritto, JanTec Engineering prova un PHA destinato alla stampa FDM. Il filamento viene indicato come prodotto da Polar Filament e viene citato un prezzo di 39,99 USD per kg; l’articolo evidenzia anche un riferimento alla biodegradabilità “marine” tramite la sigla “6691”. Sul sito del produttore il PHA viene presentato come filamento “marine biodegradable 6691”, con origine del materiale attribuita a Ecogenesis Biopolymers.

Cosa significa “6691” nel contesto della biodegradabilità marina

Il riferimento più comune a “D6691” è lo standard ASTM D6691, un metodo di prova per valutare grado e velocità di biodegradazione aerobica di plastiche esposte a microrganismi marini, misurando la produzione di CO₂/biogas in condizioni controllate. È importante distinguere tra “supera un test di laboratorio secondo uno standard” e “si degrada ovunque e in qualsiasi condizione”: lo standard serve a descrivere una procedura di prova, non una garanzia universale su tempi e ambienti reali.

Impostazioni di stampa e adesione: approccio simile al PLA, ma con accortezze

Per partire, JanTec Engineering imposta parametri vicini a quelli del PLA (ugello attorno a 210 °C per il primo layer e circa 195 °C per i successivi), con letto non riscaldato (0 °C) e con un limite al flusso volumetrico massimo. Sul fronte adesione, vengono citati tentativi con nastri e superfici adesive: l’articolo menziona FrogTape come soluzione consigliata, e riporta che anche nastro da pittore e un nastro più liscio hanno funzionato dopo alcune difficoltà iniziali. Viene indicata anche una prova di stampa del PHA sopra uno strato di PLA.

Risultati meccanici: buona tenacità, ma layer adhesion da verificare

Le prove riportate nel pezzo mostrano un quadro misto. Nei test di trazione viene indicata una resistenza in direzione Z (utile come indicatore dell’adesione tra layer) giudicata piuttosto bassa rispetto alle aspettative. Nei test a flessione (3-point bending) viene indicato un modulo intorno a 1900 MPa, paragonato a quello del PETG. Nel test d’impatto viene riportata una tenacità (kerbschlagzähigkeit) di circa 20,4 kJ/m², descritta come diverse volte superiore a un PLA “standard” nel confronto citato.

Resistenza al calore e densità: dove si posiziona rispetto ai materiali comuni

Un punto chiave del test è la risposta al calore sotto carico: viene descritto un cedimento in prova termica a circa 110 °C. È un dato interessante perché una delle critiche più frequenti al PLA riguarda la deformazione a temperature relativamente basse; qui però il valore va letto come “risultato del campione e della prova usata”, non come un limite assoluto valido per ogni PHA o blend PHA. Nell’articolo viene anche riportata una densità di 1,26 g/cm³.

Costi, maturazione post-stampa e “dove ha senso” usarlo

Il test segnala due aspetti pratici: il costo (più alto dei filamenti commodity) e una fase di post-indurimento/maturazione che può influenzare il flusso di lavoro se si stampano pezzi da usare subito. A livello di posizionamento applicativo, l’idea che emerge è un materiale adatto dove servono tenacità e una certa stabilità termica, accettando però una finestra di processo da mettere a punto e performance tra-layer da verificare con attenzione se il pezzo lavora in carico. Anche coperture esterne che hanno ripreso la prova sottolineano proprio il carattere “promettente ma non universale” del PHA come sostituto del PLA.

Cosa dice la ricerca sui blend PHA per stampa 3D

Accanto ai test “maker”, negli ultimi anni sono aumentati anche i lavori su blend a base PHA per FDM, con l’obiettivo di migliorare contemporaneamente stampabilità, flessibilità e proprietà meccaniche. Un esempio è un articolo del 2025 che tratta di blend bio-based PHA per stampa 3D, a supporto dell’idea che la famiglia PHA sia spesso più efficace quando ingegnerizzata in formulazioni mirate piuttosto che come materiale “generico”.

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Di Fantasy

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