Prusa, produzione locale e “low-tech high-tech”: come riportare la manifattura vicino a casa

Josef Průša, fondatore e CEO di Prusa Research, usa sempre più spesso il proprio blog personale per parlare non solo di stampanti 3D, ma di strategia industriale. In un recente articolo ha messo nero su bianco una tesi chiara: per l’Europa e gli Stati Uniti la produzione locale non è solo una scelta logistica, ma una questione di resilienza, sicurezza industriale e protezione della proprietà intellettuale. 

Partendo da un video di Smarter Every Day sulla produzione di un prodotto interamente negli USA, Průša collega quell’esperienza alle decisioni prese in casa Prusa Research: internalizzazione dei processi chiave, uso estensivo della stampa 3D per parti di produzione, apertura di un sito produttivo negli Stati Uniti e progettazione di macchine “low-tech high-tech”, cioè avanzate nella funzione ma fabbricabili quasi ovunque con processi semplici. 


Dalla dipendenza dalle catene globali alla manifattura vicina al cliente

Per Průša il problema non è solo la comodità di avere fornitori a distanza: la dipendenza strutturale da poche aree del mondo rende vulnerabili interi settori. Se le forniture si interrompono per motivi politici, logistici o ambientali, le fabbriche occidentali si fermano in pochi giorni. Allo stesso tempo, l’esternalizzazione massiccia della produzione facilita perdita di know-how e di proprietà intellettuale, con effetti diretti sulla capacità di innovare nel lungo periodo. 

Da qui la scelta strategica:

  • rafforzare l’impianto europeo di Prusa Research a Praga;

  • replicare il modello negli Stati Uniti, attraverso lo stabilimento gestito insieme alla controllata Printed Solid a Newark (Delaware), che produce stampanti Original Prusa e filamenti per il mercato nordamericano con componentistica in gran parte locale. 

La produzione distribuita in Europa e USA riduce tempi di consegna, dazi, rischi di interruzione e, soprattutto, mantiene la capacità di progettare e produrre internamente le parti critiche, invece di limitarci al solo assemblaggio.


FFF contro stampaggio a iniezione: dove si sposta il punto di convenienza

Uno dei passaggi centrali del ragionamento di Průša riguarda il confronto fra stampa 3D a filo (FFF) e stampaggio a iniezione. Nel blog l’imprenditore ricorda che, nella pratica di Prusa Research, ha senso passare allo stampaggio a iniezione solo quando un componente arriva a volumi stabili di circa 60.000 pezzi, perché il costo iniziale dello stampo si misura in “decine di migliaia di euro o dollari”. 

Questo dato si incastra bene con varie analisi comparative tra FFF e stampaggio a iniezione:

  • per bassi e medi volumi la stampa 3D rimane più conveniente, perché non richiede stampi dedicati e riduce drasticamente i tempi di avvio;

  • per alti volumi ripetitivi, lo stampaggio a iniezione mantiene un costo unitario inferiore, ma solo dopo aver ammortizzato l’investimento iniziale nello stampo. 

Nella fascia intermedia – proprio quella in cui si collocano tanti prodotti di nicchia, accessori tecnici e componenti personalizzati – la stampa FFF industriale diventa una scelta strutturale, non più solo “prototipazione”:

  • permette cicli di iterazione molto rapidi;

  • lascia aperta la possibilità di modificare il design anche dopo l’avvio della produzione;

  • consente di produrre in più siti contemporaneamente, senza duplicare forme e attrezzature.

Prusa Research dichiara di stampare parti di produzione in FFF da oltre 15 anni, affiancando una propria officina di stampaggio a iniezione. Questa combinazione gli consente di spostare il confine: la stampa 3D non sostituisce completamente lo stampaggio, ma ne riduce l’area di convenienza tradizionale, soprattutto per prodotti che cambiano spesso o che richiedono elevata personalizzazione.


Il principio “low-tech high-tech”: alta tecnologia costruita con processi semplici

L’altro pilastro della visione di Průša è riassunto nell’espressione “low-tech high-tech”. L’idea è progettare macchine complesse – come le stampanti della serie Core One – utilizzando processi di fabbricazione semplici e diffusi:

  • lamiera piegata;

  • elementi strutturali standardizzati;

  • viteria e bulloneria facilmente reperibile;

  • tolleranze e catene di montaggio pensate per officine “normali”, non solo per grandi fabbriche automatizzate.

In questa filosofia, l’involucro della macchina diventa un vero “esoscheletro” in acciaio, che svolge contemporaneamente funzione estetica e struttura portante. L’esoscheletro in lamiera piegata può essere prodotto praticamente in qualsiasi regione del mondo che disponga di una carpenteria base, rendendo più semplice localizzare la produzione vicino ai mercati chiave. 

Průša insiste su un criterio quasi “meccanico di buon senso”:
se una stampante può essere riparata con un cacciavite e, al limite, un martello, significa che il progettista ha fatto il proprio lavoro. La complessità, secondo lui, deve rimanere concentrata nel “cuore tecnologico” – elettronica, firmware, controlli di processo – mentre il telaio e le parti meccaniche devono restare robuste, riparabili e fabbricabili in modo capillare. 


La Prusa CORE One come caso studio

La Prusa CORE One è l’esempio più concreto del concetto di low-tech high-tech applicato a una stampante 3D professionale:

  • architettura CoreXY compatta con volume di stampa di circa 250×220×270 mm;

  • camera chiusa e riscaldata fino a circa 55–60 °C, adatta a materiali tecnici come ABS, ASA, nylon e policarbonato;

  • esoscheletro in acciaio che integra la funzione strutturale e riduce il numero di componenti plastici soggetti a usura;

  • sistema di estrusione Nextruder con raffreddamento ottimizzato, pensato per tempi di stampa ridotti e qualità superficiale più uniforme;

  • possibilità di integrare moduli multimateriale e telecamera per monitoraggio, adatta alle esigenze di print-farm e reparti R&D. 

La struttura in lamiera piegata, combinata con l’esoscheletro in acciaio, è pensata fin dall’inizio per poter essere prodotta anche negli Stati Uniti con una filiera locale, una volta consolidata la catena di fornitura attorno al nuovo impianto di Newark. In questo modo, la stessa architettura di macchina può essere replicata in più continenti con fornitori diversi, riducendo la dipendenza da singole regioni. 


Disciplina di processo: dalla stampa “artigianale” alla serie additiva

Nel suo intervento Průša sottolinea che, per usare davvero la stampa 3D come tecnologia di serie, non basta comprare macchine veloci: serve disciplina di processo. Nel caso di Prusa Research, questo significa:

  • qualificazione rigorosa dei materiali, con parametri di stampa codificati e ripetibili;

  • profili di stampa standardizzati per intere flotte di stampanti, in modo da ottenere lo stesso risultato su centinaia di macchine;

  • print-farm automatizzate o semi-automatizzate per la gestione dei lotti;

  • dove necessario, integrazione di lavorazioni meccaniche di finitura (fresatura, filettature, inserti) per avvicinare il risultato alle specifiche dei componenti lavorati in modo convenzionale. 

Questa combinazione consente di produrre parti funzionali con livelli di ripetibilità paragonabili a quelli di processi tradizionali, ma con tutti i vantaggi della produzione digitale: tracciabilità tramite file, possibilità di rilanciare una serie in tempi molto brevi, produzione on-demand in stabilimenti diversi.


Design for Additive Manufacturing: meno componenti, più integrazione

Per sfruttare a fondo la stampa FFF in produzione, Prusa Research lavora da anni con una logica di Design for Additive Manufacturing (DfAM):

  • riduzione del numero di componenti assemblati, integrando funzioni multiple in un unico pezzo stampato;

  • ottimizzazione dei passaggi di montaggio, pensati per operatori e strumenti standard;

  • orientamento dei pezzi e scelta di spessori che tengano conto delle prestazioni meccaniche lungo gli assi di stampa;

  • uso consapevole di rinforzi, nervature e geometrie interne che sfruttano la libertà di forma della stampa 3D. 

Queste scelte progettuali, applicate su migliaia di parti reali, portano a due effetti chiave:

  1. meno punti di guasto (meno giunzioni, meno viti, meno tolleranze accumulate);

  2. cicli di montaggio più brevi, che in un contesto di produzione locale ad alto mix possono pesare quanto – o più – del tempo macchina.


La produzione negli USA come banco di prova per il modello distribuito

La decisione di produrre stampanti Original Prusa e filamenti anche negli Stati Uniti, tramite Printed Solid, non è solo un’iniziativa commerciale: è un test su larga scala del modello di produzione distribuita. A Newark viene replicato il flusso di montaggio già rodato a Praga, con banchi prova, attrezzature e procedure identiche, per garantire lo stesso livello di qualità e calibrazione. 

In parallelo, Prusa lavora per aumentare la quota di componenti approvvigionati direttamente in Nord America, in modo da ridurre ulteriormente la dipendenza da fornitori extra-regionali. Il concetto di esoscheletro in lamiera piegata e di geometrie “fabbricabili ovunque” nasce proprio per semplificare questo adattamento della supply chain, limitando al minimo le parti davvero “speciali” da centralizzare.


Un quadro strategico: meno complessità, più architettura robusta

Il messaggio conclusivo di Průša è piuttosto sobrio: il valore non nasce da soluzioni scenografiche o da livelli di complessità inutili, ma da un’architettura solida, facilmente adattabile e riparabile, che permetta di modificare rapidamente i componenti quando cambiano requisiti, materiali o mercati. 

In questa visione:

  • la stampa 3D FFF fornisce la flessibilità necessaria a gestire serie medie, varianti prodotto e parti di ricambio personalizzate;

  • l’esoscheletro in lamiera e il principio low-tech high-tech consentono di localizzare la produzione in più regioni con infrastrutture industriali relativamente semplici;

  • la produzione distribuita in Europa e USA, con supply chain parzialmente locali, rafforza la resilienza e riduce il rischio di perdita di IP.

La massa vera delle grandi serie in stampaggio a iniezione non sparisce, ma si restringe; cresce invece la zona in cui produzione additiva e processi “semplici ma robusti” permettono di riportare la manifattura vicino ai centri di progettazione e ai clienti finali.


 

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Di Fantasy

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