OTTOBOCK: DALLA BOTTEGA ORTOPEDICA AL CODICE. COME LA PERSONALIZZAZIONE DIVENTA INDUSTRIALE
Dalla protesi artigianale al flusso “scan-to-print”
Quando si parla di protesi e ortesi personalizzate, il nome Ottobock è legato per molti alla figura classica del tecnico ortopedico: presa misura, gesso, sovrapposizioni di materiali, tante prove al banco e altrettante con il paziente.
Nel corso dell’ultimo decennio, però, l’azienda tedesca ha trasformato questo patrimonio artigianale in un ecosistema digitale completo, in cui scansione 3D, software di modellazione e stampa 3D industriale convergono in una filiera ripetibile, controllata e scalabile. L’articolo di Fabbaloo parte proprio da qui: dalla domanda su come si passa dalla “craft” alla “code-based personalization”, senza perdere precisione clinica e rapporto con il paziente.
IPO a Francoforte: numeri e segnali per il medtech europeo
Il 9 ottobre 2025 Ottobock è stata quotata alla Borsa di Francoforte, con una valutazione di circa 4,2 miliardi di euro e una raccolta complessiva di circa 808 milioni di euro, di cui 100 milioni in aumento di capitale. La famiglia Näder mantiene oltre l’80% del controllo tramite la holding, garantendo continuità di governance e allo stesso tempo apertura alla disciplina del mercato azionario.
Per gli investitori l’IPO è un segnale di fiducia nel medtech europeo e in modelli di business capaci di scalare la personalizzazione. Per chi segue la produzione additiva è il riconoscimento di un fatto: in alcune aziende la stampa 3D non è più sperimentazione, ma infrastruttura industriale stabile.
La stampa 3D nelle protesi e ortesi: da tecnologia di supporto a backbone produttivo
Nel mondo delle protesi e ortesi la produzione additiva ha cambiato soprattutto il modo di collegare il corpo umano al modello digitale. Le fasi tipiche sono:
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acquisizione di un modello 3D del segmento anatomico (scansione ottica o 3D);
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modellazione CAD con zone a rigidità differenziata, spessori e forature controllati;
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produzione tramite SLS o altre tecnologie di stampa 3D polimerica;
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finitura, montaggio e follow-up, con la possibilità di ristampare lo stesso design.
I vantaggi sono ormai consolidati: niente gesso, geometrie alleggerite, ventilazione migliore, tempi ridotti e ripetibilità del risultato nel tempo (utile quando il paziente cresce, oppure se si danneggia una componente).
iFab: come Ottobock ha codificato il mestiere dell’ortopedico
Il cuore della trasformazione è il programma iFab (individual fabrication) di Ottobock. L’idea è semplice solo in apparenza: digitalizzare l’intero processo di presa misura, progettazione e produzione, trasformando l’esperienza del tecnico in una pipeline strutturata.
Nel flusso tipico:
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il clinico esegue una scansione 3D del segmento (arto residuo, cranio, piede, caviglia, ecc.);
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il file viene importato in un software che guida la modellazione parametrica (correzioni, scarichi, zone flessibili, perforazioni);
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il progetto validato viene inviato al centro iFab, dove viene prodotto tramite stampa 3D (SLS) o fresatura a seconda del tipo di dispositivo;
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il dispositivo arriva in clinica con una geometria definita e tracciabile; eventuali modifiche possono essere integrate nel modello per i rifacimenti successivi.
Questo approccio riduce le fasi manuali ridondanti, minimizza gli errori di trascrizione e consente di standardizzare la qualità fra centri e Paesi diversi.
EasyScan: la porta d’ingresso alla personalizzazione digitale
All’inizio del flusso c’è EasyScan, il sistema di scansione sviluppato da Ottobock per il mondo delle ortesi e protesi. Fabbaloo lo cita come il “fronte” del processo: acquisisce la geometria superficiale in tempo reale, può riprendere la scansione se interrotta, funziona anche offline e invia direttamente i dati al Customer Center iFab.
Dal punto di vista dei centri ortopedici, questo significa:
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niente calchi in gesso da spedire, conservare o digitalizzare a posteriori;
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archivio digitale dei pazienti, con la possibilità di confrontare nel tempo la forma dell’arto o del cranio;
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riduzione del disordine fisico in laboratorio e migliore tracciabilità dei dati clinici.
Produzione con EOS P 396: ortesi SLS ripetibili e traspiranti
Sul lato produttivo, Ottobock ha stretto una collaborazione con EOS: l’azienda utilizza sistemi EOS P 396 per la costruzione di ortesi con spessori ottimizzati, perforazioni e zone flessibili integrate, sfruttando materiali in poliammide ad alte prestazioni.
Tra i vantaggi indicati nei case study condivisi da EOS e Ottobock:
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libertà di design: strutture reticolari, rinforzi localizzati, profili a spessore variabile;
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comfort: peso ridotto e traspirabilità, importante soprattutto per ortesi che si portano per molte ore al giorno;
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reproducibilità: la stessa ortesi può essere ristampata con le stesse caratteristiche meccaniche anche a distanza di anni;
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standardizzazione: qualità meno dipendente dalla manualità del singolo operatore.
MyFit TT: il socket transtibiale che nasce dal modello digitale
Uno degli esempi più chiari di questa trasformazione è MyFit TT, il socket transtibiale 3D-stampato di Ottobock. Nel flusso standard:
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il clinico esegue la scansione dell’arto residuo;
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un software dedicato guida la modellazione (correzioni di volume, scarichi, allineamento con l’adapter);
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il file viene inviato a iFab per la produzione del socket tramite tecnologia powder-based e materiali pensati per l’uso quotidiano;
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il tecnico può scegliere fra check socket e socket definitivo, oltre a diverse soluzioni di sospensione.
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La versione MyFit TT Flex, basata su TPU, introduce un inner socket flessibile stampato in 3D, che può essere modellato e modificato con tecniche semplici, integrando quindi elasticità e adattabilità nella componente a contatto con il moncone
MyCRO Band: rimodellamento cranico leggero, traspirante e personalizzato
Il secondo caso citato da Fabbaloo è MyCRO Band, una Cranial Remodeling Orthosis dedicata ai bambini con plagiocefalia posizionale. Il dispositivo viene:
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progettato a partire da una scansione 3D precisa del cranio;
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realizzato tramite stampa 3D con struttura ultrasottile e reticolare;
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dotato di sistemi di chiusura flessibili (come il MySize Closure System™ sul mercato USA) che permettono al casco di seguire la crescita del bambino senza continue modifiche in schiuma.
In Italia la documentazione ufficiale sottolinea l’obiettivo di ridurre il numero di appuntamenti per regolazioni successive, mantenendo al tempo stesso comfort elevato e igiene (liner lavabile, design aperto).
MyNext MAFO e PFO: ortesi dinamiche per caviglia e piede
La famiglia MyNext comprende la MAFO (Modular Ankle-Foot Orthosis) e la PFO (Plantar Foot Orthosis). Anche qui il principio è lo stesso: scansione, modellazione, stampa 3D in poliammide ad alta resistenza tramite iFab.
I punti chiave delle ortesi MyNext:
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materiale termoplastico robusto, con perforazioni diffuse per migliorare il clima all’interno dell’ortesi;
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zone flessibili integrate nelle aree sensibili, studiate per lavorare in accordo con la biomeccanica del cammino;
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anelli di chiusura personalizzati, disponibili in varianti con supporto mediale o laterale, per facilitare la calzata e ottimizzare la stabilità;
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possibilità di riprodurre in modo identico una MAFO o PFO già utilizzata, utile quando la configurazione si dimostra clinicamente efficace. Dai dati alle persone: paralimpiadi, fondazione globale e rete di centri
La trasformazione digitale di Ottobock non riguarda solo la fabbrica. L’azienda è da anni fornitore tecnico ufficiale dei Giochi Paralimpici, con team dedicati alla manutenzione e riparazione di protesi, ortesi e sedie a rotelle per gli atleti di tutto il mondo. In questo contesto, la stampa 3D viene utilizzata anche per produrre rapidamente pezzi di ricambio direttamente sul campo gara. Fabbaloo+1
Attraverso la Ottobock Global Foundation, l’azienda supporta inoltre progetti in aree di conflitto, ad esempio fornendo protesi e servizi riabilitativi a bambini feriti, spesso grazie a laboratori mobili e centri clinici nei Paesi limitrofi.
La stessa infrastruttura digitale (iFab, librerie CAD, know-how di scansione e stampa) può essere riutilizzata per offrire un livello di cura più uniforme nella rete di oltre 400 centri Ottobock Care e dei numerosi partner locali
Cosa insegna il caso Ottobock alla comunità della stampa 3D
Il quadro che emerge è quello di una trasformazione in più passaggi:
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non basta comprare stampanti 3D: serve un flusso integrato che parte dalla scansione del paziente e arriva al dispositivo certificato;
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la personalizzazione diventa scalabile solo quando è codificata (procedure, software, librerie, parametri) e può essere eseguita in modo coerente in molti centri;
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il valore non è solo nel pezzo stampato, ma anche nella base dati: ogni scansione, ogni correzione e ogni dispositivo prodotto arricchiscono un patrimonio di esperienza che può essere analizzato e condiviso.
Per il settore AM in generale, Ottobock è un esempio di come una realtà storica possa:
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mantenere la centralità del tecnico (le decisioni cliniche restano umane);
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spostare però la complessità manuale dal laboratorio al software;
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utilizzare la stampa 3D non come “gadget” ma come mattoncino strutturale di un modello industriale basato su dati, qualità ripetibile e impatto sociale misurabile.
