In questo caso la stampa 3d è un supporto non il fucro
Robotica: la stampa 3D aiuta a scoprire i problemi di salute
Un umanoide fatto di muscoli elettromeccanici simulerà gli effetti delle malattie sul corpo. Prima che avvengano
Si chiama Roboy ed è l’umanoide sviluppato nei laboratori di intelligenza artificiale dell’Università di Zurigo con l’intento di aiutare le persone malate e gli anziani nelle loro attività giornaliere. In realtà c’è chi ha previsto per lui un ruolo tutto speciale: quello di aiutare a predire le malattie, o meglio, a capire come potrebbero reagire le strutture del corpo in risposta a certi problemi fisici.
Lui è Rafael Hostettler, uno dei responsabili del progetto Roboy, ed ha già in mente come implementare il nuovo utilizzo del suo umanoide. Per far in modo che la macchina si muova il più vicino possibile al corpo umano c’è bisogno di rendere lo scheletro del piccolo robot molto più fluido, proprio come le articolazioni dell’uomo. Tutto questo è possibile grazie alla stampa 3D ed in particolare alla possibilità di realizzare articolazioni e tendini a spirale, simili a molle, da inserire poi in Roboy per riprodurre il movimento umano.
Una volta aggiunte le nuove articolazioni, braccia e gambe si muovono secondo l’input di un software centrale che permette di aggiungere maggior elasticità ai movimenti. In questo modo il robot può utilizzare i suoi sensori per rilevare quando vi è bisogno di utilizzare una diversa tensione negli arti, ad esempio quando gli si stringe la mano durante una “presentazione”. Anche se il risultato finale non sarà un movimento fluido come quello umano, Roboy risponderà in maniera “ragionata” al mondo che lo circonda. Raggiunto un tale livello di efficienza sarà possibile utilizzare il robot per fini davvero lungimiranti.
Nello specifico, il software che comanda il cervello meccanico di Roboy simulerà vari problemi fisici come quelli che ogni giorno colpiscono le persone in tutto il mondo. Un esempio sono gli ictus. In questo caso su Roboy si vedranno gli effetti del cosiddetto attacco apoplettico con le conseguenze che ne derivano. Il robot non sarà in grado di muoversi normalmente ma il suo cervello verrà sottoposto ad uno stress simile a quello che vive l’uomo affetto da ictus.
La realizzazione di Roboy e delle sue articolazioni stampate in 3D fanno parte di un più ampio progetto di ricerca a livello europeo conosciuto come Myorobotics che ha l’obiettivo di realizzare robot economici da utilizzare per la ricerca e assemblati in materiale elastico meno pericoloso. Oltre al banco di prova a Zurigo, gli esperti hanno già in mente altri utilizzi. “Ci sono cose che non si possono imparare solo dai libri o in video – ha detto Hostettler – c’è la necessità di studiare come i pazienti rispondono a diversi stimoli fisici”. E Roboy è qui per questo.
ANTONINO CAFFO da lastampa.it