Stampante 3D Hamlet, la prova
C’è chi invoca la terza rivoluzione industriale, chi le ha già etichettate come un costoso, inutile passatempo. Ecco cosa succede davvero ad avere in redazione una stampante 3D
Parlando di vini, sarebbe un metodo classico: il filo di plastica fonde ed è guidato da un sistema meccanico, stampando, strato su strato, il modello tridimensionale. Niente di nuovo sul fronte occidentale (l’ho provata a Milano), quindi, se non per un design un po’ più gradevole dei soliti, dimensioni compatte e un menu a prova di pivello.
La risoluzione, però, è scarsa, e i modelli tendono a essere troppo ruvidi o spigolosi: preventiva una limata. E se la velocità di stampa è migliorabile, il tempo di avvio, invece, è da record: pochi minuti e la macchina è “calda”, pronta per lavorare. Occhio però: meglio darle in pasto modelli belli e pronti, perché il software in dotazione scarseggia di funzioni di personalizzazione.
A stampa terminata però, staccare il modello, è davvero facile e veloce. Ed è subito pronto per l’utilizzo.
Wired: Molto pulita e semplice da usare; la bobina dura parecchio.
Tired: Rumorosa; firmware con qualche problema di importazione dei modelli.
Riccardo Meggiato da Wired.it