Gli scienziati hanno stampato con successo cellule viventi stampate in 3D usando la tecnica della “microfluidica in-aria”
Usando una nuova tecnica che chiamano “microfluidica in-aria”, gli scienziati dell’Università di Twente riescono a stampare strutture 3D con cellule viventi. Questa speciale tecnica consente la rapida produzione di microblocchi che sono fattibili e che possono essere utilizzati per riparare i tessuti danneggiati, ad esempio. Il lavoro è presentato in Science Advances .
La microfluidica riguarda la manipolazione di piccole gocce di fluido con dimensioni comprese tra un micrometro e un millimetro. Molto spesso vengono utilizzati chip con minuscoli canali fluidici, reattori e altri componenti: sistemi lab-on-a-chip. Sebbene questi chip offrano un’ampia gamma di possibilità, nella produzione di emulsioni, ad esempio, goccioline che trasportano un’altra sostanza, la velocità con cui le goccioline lasciano il chip è tipicamente nell’intervallo del microlitro al minuto. Per applicazioni cliniche e industriali, questo non è abbastanza veloce: il riempimento di un volume di un centimetro cubo richiederebbe circa 1000 minuti o 17 ore. La tecnica che viene presentata ora, fa questo in un paio di minuti.
Getti d’impatto
Possiamo raggiungere queste velocità più elevate non manipolando i fluidi nei micro canali, ma nell’aria? Questa era una delle domande a cui i ricercatori volevano rispondere. E infatti era possibile, usando due “getti” di fluido. Da un getto, le goccioline vengono colpite dall’altro getto. La creazione dei getti è relativamente semplice e si spostano da 100 a 1000 volte più velocemente delle gocce da un microchip. La velocità non è l’unico vantaggio. Scegliendo getti contenenti diversi tipi di fluidi che reagiscono, la “collisione” si traduce in nuovi materiali. Combinazioni intelligenti di fluidi comporteranno blocchi di costruzione solidi e stampabili in un’unica fase.
Stampa 3D di cellule viventi
In questo modo, è possibile catturare una cella vivente all’interno del materiale stampabile. I bioblocchi risultanti sono stampati in una struttura 3D che assomiglia a una spugna, piena di cellule e liquido. Questi biomateriali modulari 3D hanno una struttura interna abbastanza simile a quella dei tessuti naturali. Molte tecniche di stampa 3D si basano sull’utilizzo di calore o luce UV: entrambe danneggerebbero le cellule viventi. Il nuovo approccio microfluidico è quindi una tecnica promettente nell’ingegneria dei tessuti, in cui il tessuto danneggiato viene riparato utilizzando il materiale cellulare coltivato del paziente.
La ricerca è stata condotta da Tom Kamperman del gruppo Developmental BioEngineering del prof Marcel Karperien e da Claas Willem Visser del gruppo Physics of Fluids del prof. Detlef Lohse. Kamperman ha appena terminato il suo dottorato. su questo argomento, Claas Willem Visser lavora temporaneamente come scienziato presso l’Università di Harvard con una borsa di studio Rubicon. Tornerà in seguito all’Università di Twente e diventerà assistente alla cattedra. Entrambi gli scienziati sono coinvolti nel nuovo spinoff di IamFluidics, in cui viene utilizzata la microfluidica in-aria per creare particelle e materiali funzionali.