Insomma….
Stamparsi un’arma è illegale?
Una settimana fa è stato messo online il progetto della prima arma completamente stampabile in 3D: il governo americano ne ha chiesto la rimozione
Giovedì scorso il Dipartimento di Stato americano ha chiesto all’organizzazione Defense Distributed, un’associazione no profit texana che si occupa di armi e stampa 3D, di rimuovere dal suo sito i progetti di armi e caricatori che erano liberamente scaricabili e che potevano essere utilizzati per creare armi e componenti con una stampante 3D. La richiesta è arrivata pochi giorni dopo che Defense Distributed aveva pubblicato il video e il progetto della prima arma funzionante completamente stampabile.
La Defense Distributed è un’associazione nata con lo scopo di diffondere la stampa delle armi in 3Dq. Nel suo sito è possibile leggere che l’associazione ha l’obbiettivo di «difendere la libertà dell’accesso alle armi garantiti dalla Costituzione degli Stati Uniti facilitando l’accesso globale e la produzione e la conoscenza relativa alla stampa 3D di armi da fuoco e di pubblicare e distribuire, senza costi per il pubblico, queste informazioni nel pubblico interesse». Secondo il blog Danger Room, che ha intervistato diverse volte i membri dell’associazione, dietro il loro programma si nasconde un’ideologia ultra-libertaria e vagamente «cripto-anarcoide».
Lo scorso marzo Defense Distributed aveva pubblicato i video e i progetti della prima arma funzionante con alcune componenti stampate in 3D. Si trattava di un AR-15 (il fucile standard dell’esercito americano), costruito in buona parte da pezzi in metallo non stampati (il calcio, la canna, l’otturatore). Ma la parte più importante, il lower receiver che contiene il grilletto e il percussore e che è l’arma in senso tecnico e legale, era stata ottenuta tramite un processo di stampa 3D. L’associazione aveva già tentanto un progetto simile, ma l’arma era finita in pezzi dopo pochi colpi. Nel video di marzo si può vedere l’arma sparare 600 colpi senza incepparsi (o esplodere).
Domenica scorsa Defense Distributed ha caricato su YouTube il video di una nuova arma. Si tratta di una pistola, simile a quella che viene utilizzata dagli starter nelle gare di atletica. La pistola è completamente costruita con parti che si possono ottenere con una stampante 3D di un modello che – usato – può costare anche 6 mila euro. L’arma si chiama Liberator e può sparare un solo colpo per volta. Nel video spara un proiettile calibro .308.
Il Liberator è ancora molto lontano dall’essere perfetto. Come ha detto il suo stesso creatore, intervistato dal blog Danger Room, «potenzialmente può esplodere». L’arma è tutta composta di materiali plastici, compresa la camera di scoppio, dove l’esplosivo contenuto nel bossolo viene innescato producendo un’elevata temperatura e una fortissima pressione che spinge fuori il proiettile dalla canna. La plastica però, non è il materiale migliore per resistere a questo tipo di sollecitazioni, e quindi l’arma è ancora a rischio di esplodere – come è accaduto durante alcuni test.
Già la settimana scorsa alcuni politici americani avevano sollevato dei dubbi sul fatto che il Liberator fosse o meno legale. Il fatto che l’arma non sia rilevabile ai metal detector la rende probabilmente illegale, visto che negli Stati Uniti esistono precise leggi sulle armi “non rilevabili”. I dubbi sollevati nel corso della settimana sono stati in parte confermati giovedì dal Directorate of Defense Trade Controls Compliance (DDTC), un ufficio che fa parte del Dipartimento di Stato e che si occupa di sorvegliare il commercio di armi.
Il DDTC ha chiesto a Defense Distributed di sospendere la possibilità di scaricare i progetti delle armi, disponibili gratuitamente su diversi siti, in attesa di determinare se effettivamente le leggi federali in materia di armi sono state violate. Defense Distributed ha rimosso i progetti dai siti e ha fatto sapere che oltre 100 mila persone avevano già scaricato il progetto del Liberator. È molto difficile che questa misura possa interrompere la diffusione dei progetti dell’arma, visto che ormai i disegni sono diffusi su tutti i principali siti di file sharing.
da ilpost.it