RIcordiamoci che le previsioni delle società specializzate sono in genere sempre smentite
Stampanti 3D vicino al boom, la manifattura entra in una nuova era. Con la tecnologia inkjet
Un fenomeno avviato verso la definitiva consacrazione, che entro il 2018 dovrebbe valere qualche decina di miliardi di dollari e registrare volumi di vendita dieci volte superiori a quelli di quest’anno. Questa la prevista evoluzione delle stampanti 3D, la cui presunta esplosione di domanda (anche, se non soprattutto, in orbita aziendale) sarà dettata da una concomitanza di fattori: maggiori prestazioni, più disponibilità di prodotti e minori costi.
Qualche numero per capire le dimensioni di questo fenomeno, che da molti è descritto come l’essenza di una nuova rivoluzione industriale, pronta a cambiare faccia soprattutto alle aziende del settore manifatturiero. Le vendite globali di stampanti con capacità tridimensionali, lo dice un dettagliato studio di Gartner, dovrebbero raddoppiare nel 2015, quando le unità spedite sul mercato saranno circa 217mila e il giro d’affari schizzerà verso l’alto del 27% a quota 3,4 miliardi di dollari. Entro i prossimi tre anni si stima che saranno venduti 2,3 milioni di pezzi, con un incremento anno su anno del 100%.
In chiave aziendale, la stampa in tre dimensioni decollerà grazie alla disponibilità di tecnologie per la creazione di prototipi e per la manifattura personalizzata, a costi generalmente in calo, a una migliore qualità e all’utilizzo di una più ampia gamma di materiali. Prima entreranno in campo più vendor e prima, secondo Gartner, l’offerta andrà a consolidarsi sotto l’aspetto delle funzionalità e dei prezzi medi di mercato.
Fra i protagonisti attesi del 3D printing, c’è un vendor che oggi è riferimento assoluto nel campo della stampa tradizionale come Hewlett Packard. La società californiana guarda da tempo con interesse all’evoluzione del printing in orbita tridimensionale ed è prossima a scendere in campo (si parla dal 2016) con una soluzione annunciata come più affidabile, veloce e competitiva rispetto ai prodotti attualmente disponibili sul mercato. Il jolly giocato da HP è la tecnologia MultiJet Fusion, innovazione che promette di abbattere gli attuali limiti della stampa 3D sfruttando la grande esperienza accumulata dal produttore di Palo Alto nel campo delle macchine a getto d’inchiostro. In fase di sperimentazione presso alcune decine di clienti pilota, il sistema MultiJet Fusion fa leva su un processo di produzione unico sul mercato, in cui i vari strati di materiale vengono prima depositati, poi ricoperti (dove serve) di agenti chimici e poi trattati termicamente, il tutto mediante l’utilizzo di meccaniche e testine derivate dalle stampanti inkjet. Il sistema, più precisamente, sfrutta un motore di stampa costituito da un array di ugelli a getto di inchiostro che vanno a stratificare vari agenti liquidi; uno strato del materiale di produzione viene depositato sull’area di lavoro, e viene quindi ricoperto con un agente di fusione che, esposto ad una fonte di energia termica, unisce il materiale in posizioni specifiche; un secondo agente viene applicato su altre aree dove è necessario amplificare o ridurre l’effetto di fusione dovuto all’esposizione alla fonte di energia. Il risultato, dicono i diretti interessati, è un manufatto estremamente preciso, dettagliato e resistente. Realizzabile a colori e in grandi dimensioni e soprattutto realizzabile con tempi 10 volte inferiori a quelli garantiti dagli attuali metodi di stampa 3D. Le prime stampanti ad usare questa tecnologia impiegheranno materiali termoplastici, ma l’intenzione di HP appare quella di voler adattare il processo per utilizzare materiali ceramici e metallici, potendo così creare oggetti tridimensionali più robusti e dalla maggior longevità.
L’idea di fondo del produttore è altresì quella di rendere la propria soluzione uno standard per la stampa 3D, andando a sostituire il vecchio formato di file Stl, che viene comunemente ancora usato nonostante permetta di realizzare solamente rappresentazioni geometriche di un oggetto stampato e non di trasferire dal Cad alla stampante tutte le informazioni su ogni singolo voxel (il cosiddetto pixel volumetrico, e cioè l’elemento che rappresenta un valore di intensità di segnale o di colore in uno spazio tridimensionale). In quest’ottica va registrata la collaborazione annunciata da HP con uno dei principali specialisti del mondo Cad, vale a dire Autodesk. HP integrerà gli elementi di sviluppo della piattaforma open source Spark nella propria tecnologia MultiJet Fusion e il fine di questa alleanza è proprio quello di aprire il fronte a nuovi processi di progettazione e produzione, dando vita a soluzioni di stampa 3D con velocità, qualità e affidabilità superiori a quelle oggi disponibili.
di Gianni Rusconi da ilsole24ore.com