La cosa interessante di questa rivoluzione è che rispetto a quella di Internet o quella dei computer , qui protagonisti non sono solo le nuove generazioni forse perchè nel fare fisico saper fare è ancora un vaore.
A 55 anni si licenzia per aprire ad Alessandria il primo laboratorio di stampanti in 3D
La storia dell’informatico Mario Merlano che ha mollato tutto per inseguire il suo sogno: “Nella vita bisogna osare ed io credo nel futuro a tre dimensioni”. E Borgo Rovereto si prepara a inaugurare il suo Fablab
«Galeotto» fu un articolo di giornale: «Era il 2013, ottobre: su La Stampa lessi un’intervista a “Mr Google”»: parlava di stampanti a tre dimensioni». Una lettura folgorante. All’epoca Mario Merlano aveva 55 anni, un curriculum professionale da Archimede dell’informatica, esperienze di lavoro e di vita all’estero («Ho vissuto molto anche in Cina») e soprattutto un ottimo contratto a tempo indeterminato in una ditta di automazioni di Tortona. Posto fisso, stipendio garantito. Eppure non ha pensato un attimo ad assecondare la sua nuova passione: «Mi sono licenziato perché ho intuito subito il potenziale delle stampanti a 3D». Merlano è uno che non teme i tuffi nel vuoto: «Bisogna cambiare, imparare ad adattarsi, essere elastici, parare i colpi quando ci sono i momenti difficili». Come quando «mi ero appena trasferito ad Alessandria e nonostante le specializzazioni e le competenze per alcuni mesi ho dovuto accettare l’unico lavoro che trovai». Cablaggi sui treni: «Stavo tutto il giorno sotto i convogli. Uscivo nero e sporco come uno spazzacamino».
Prototipi per le grandi aziende
Un anno fa, l’ennesima svolta. E l’apertura del suo laboratorio in via Tortona, ad Alessandria. Mario Merlano lavora da solo: finora è l’unico e il primo a stampare in 3D, in provincia. «Ogni tanto mi fa compagnia mio figlio Davide». Ha sette anni e resta incantato dalle «magie» delle fotocopiatrici tridimensionali. E in effetti quello che avviene, agli occhi dei profani sa di inspiegabile prodezza: vedere materializzarsi una tazza, o una portapenne, una lampada o un plastico. Le macchine funzionano grazie a un software. Il progetto nasce sul computer, si dà il comando e loro cominciano a «scavare» nel blocco di gesso o resina, fino a partorire strato dopo strato il pezzo richiesto. «Lavoro soprattutto con le grandi aziende per ora». Fabbrica prototipi: parti meccaniche in primis. In questo momento ha ordini da ditte lombarde e del settore orafo valenzano. Le richieste dei privati sono quasi inesistenti. Forse per le spese, ancora molto alte: una bottiglietta di 16 grammi, ad esempio, costerebbe al cliente 25 euro e per stamparla ci vuole un’ora e 50 minuti. «Tra gli oggetti più strani con cui mi sono cimentato finora, un palmare e una lanterna. I più piccoli e sottili sono anche i più difficili». E nel laboratorio di via Tortona, i lampadari sono frutto delle sue stampe 3d. «In futuro, appena sarà possibile, mi piacerebbe utilizzare anche la ceramica». Merlano è uno che non si ferma: e chissà che non arrivi persino a «stampare» le persone. Non è fantascienza: «Il metodo migliore per scansionare gli esseri umani è allestire una camera con dieci macchine fotografiche che scattano simultaneamente: poi si utilizza Agisoft Photoscan, un software russo». E’ molto utile in campo medico.
Alla Casa di Quartiere
E intanto in Borgo Rovereto, nella Casa di Quartiere di via Verona, s’inaugurerà a breve il primo Fablab (fabrication laboratory): i soldi sono quelli del Pisu, piano integrato di sviluppo urbano.
MIRIAM MASSONE da lastampa.it