Quando si dice che la creatività è nel Dna degli Italiani
Questa è una idea e un business notevole
Quando i giocattoli escono
direttamente dalla stampante 3D
I toy del grafico Alessandro Randi sono finiti anche in una galleria
a San Francisco. Le sue ultime statuette su Kubrick in mostra in città
«È un po’ come rendere vivi i graffiti che facevamo negli anni Novanta…». Graffiti, skateboard, manga giapponesi e in generale la cosiddetta street culture sono le fonti di ispirazione dietro ai cosiddetti art toys, o semplicemente toys.
Giocattoli realizzati da artisti, designer, grafici o illustratori che negli ultimi anni stanno appassionando milioni di collezionisti in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti, in Giappone e in Inghilterra. In Italia, come spesso accade, ancora il fenomeno è sconosciuto ai più, al punto che Alessandro Randi, il grafico ravennate di 43 anni con cui parliamo in questa intervista, non conosce altre persone in tutta la Penisola che facciano quello che sta facendo lui (con il nome d’arte CodecZombie). Giocattoli, appunto, in serie limitata e realizzati attraverso un procedimento del tutto artigianale, per un lavoro che grazie ai social network è stato notato anche Oltreoceano, tanto che ci sono collezionisti che arrivano ad offrire 350 dollari per una delle sue piccole sculture in resina o che una galleria d’arte di San Francisco gli ha commissionato un’opera da esporre in una mostra dedicata al regista americano Wes Anderson lo scorso novembre (25 statuette in resina rappresentanti Steve Zissou – celebre protagonista interpretato da Bill Murray delle “Avventure aquatiche” di Anderson – andate sold out a 250 dollari l’una).
«Erroneamente qualcuno pensa che si tratti solo di stampare in 3D, mentre in realtà è un lavoro artigianale…», ci tiene a precisare Randi. La stampante 3D, però, c’entra eccome, in un’Italia in cui solo fino a pochi anni fa cose del genere potevano sembrare fantascienza. Il lavoro di CodecZombie – dopo i primi schizzi su carta a mano libera – si sviluppa al computer grazie a un software che è in grado di simulare alla perfezione l’arte del modellare la creta (come si evince fin dal nome, “Digital clay”), nato per gli effetti speciali nel mondo del cinema e utilizzato anche per realizzare gli orchi de Il Signore degli Anelli, per esempio. Con questo programma Randi compone al computer la sua statuetta e poi ne stampa in 3D (prima con una stampante da 1.500 euro circa, poi con una più avanzata dal valore di circa il doppio) una sorta di prototipo che serve per realizzare un calco e poi dare vita all’intera serie (da alcune decine di unità, non di più) in maniera artigianale in resina.
«Se facessi solo questo, come mi piacerebbe fare in futuro, si tratta di un procedimento (solo la stampa può durare quasi un giorno, ndr) che si potrebbe completare nel giro di un mese, un mese e mezzo – racconta Randi –, ma al momento ci lavoro solo nei ritagli di tempo». Il momento più impegnativo – probabilmente anche più divertente – è quello della realizzazione vera e propria delle statuette in uno studio in campagna individuato dal grafico appositamente, con tanto di guanti e maschera anti polvere. Dopo la stampa e durante la realizzazione delle varie copie c’è un lavoro di cesello tra alcol e carta vetrata per far scomparire ogni piccola imperfezione, fino alla fase finale della colorazione, che al momento Randi effettua con un aerografo ma che in futuro non esclude di fare anche con bombolette spray («per rendere meno fighetto il mio prossimo lavoro, che sarà a tema horror»).
Al momento, dopo una prima serie di prove fatte stampare in Olanda nel 2012 («ma poi mi sono accorto che dovevo avere tutta la lavorazione sotto controllo e ho così acquistato la prima stampante 3D»), Randi ha realizzato tre progetti: il primo basato su un personaggio inventato e tratto dai lavori come grafico per il Bronson (ribattezzato Obérdénne); il secondo per la galleria di San Francisco incentrato come detto sulla figura di Steve Zissou; e l’ultimo – che verrà presentato sabato 11 aprile alle 18 in un incontro allo spazio Bonobolabo di via Centofanti, a Ravenna – che è un omaggio a Stanley Kubrick: 35 statuette alte circa 11 centimetri che raffigurano il grande regista. “Kubrey, a resin tribute” è il nome del progetto, nato dalla grande passione di Randi per Kubrick (e anche per la sua misteriosa vita privata) che si evince anche dalla confezione del toy, il packaging, realizzato come sempre in maniera artigianale (tramite termoformatura del blister) dallo stesso grafico «e che considero parte integrante del progetto, visto che ci sono collezionisti che non lo apriranno mai». Nel caso del Kubrey, la confezione riprende i motivi del tappeto rosso di Shining e contiene alcune citazioni esplicite: dall’osso di 2001 al casco di Full Metal Jacket, dalla bombetta del protagonista di Arancia Meccanica all’ascia di Jack Nicholson sempre in Shining.
I Kubrey resteranno fino al 23 aprile in mostra a Bonobolabo, mentre saranno in vendita on line (info www.codeczombie.com) anche perché «non mi interessa entrare nei musei – chiude Randi –, la mia è un’ambizione più popular, di finire tra le mani della gente». Come un vero giocattolo.
di Luca Manservisi da ravennaedintorni.it