Stampa 3D: anche la Nasa l’ha provata. Con successo. E ora vuole portarla nello spazio
Suppellettili per la cucina agli oggetti di design fino alle parti di un razzo. I campi di applicazione della stampa in formato tridimensionale aumentano in modo costante e un’autorevole conferma di tale tendenza arriva dalla Nasa.
L’ente spaziale americano, infatti, è da tempo impegnato nello sperimentare l’uso della tecnologia di printing in 3D e l’ultimo test in materia – condotto nei giorni scorsi presso lo Space Flight Center di Huntsville, in Alabama su un iniettore stampato per l’appunto in tre dimensioni – si è concluso con successo. Aprendo secondo gli addetti ai lavori e agli scienziati le porte a una nuova era per la produzione dei componenti.
Per realizzare l’iniettore in questione, composto da soli due blocchi e simile a quello del motore RS-25 che equipaggia lo Space Launch System (Sls, il vettore di lancio dei razzi sviluppati per le missioni su Marte), sono stati impiegati laser ad alta potenza e polveri metalliche poi fuse in una struttura appropriata.
Minori tempi e minori costi di produzione dei componenti
Il vantaggio di ricorrere a componenti realizzati con tecnologia di stampa 3D è duplice: minori tempi di produzione del componente (circa quattro mesi, rispetto ai 12 convenzionali) e sensibili risparmi sui costi (quantificabili nell’ordine del 70 per cento). Senza dimenticare il numero decisamente inferiore di elementi da assemblare (normalmente un iniettore è composto da 115 diverse parti).
Alla Nasa, dopo il buon esito degli esperimenti condotti nelle ultime settimane, sono in tal senso convinti della possibilità di poter confezionare parti anche di grandi dimensioni da impiegare sia nei motori Sls che in alcuni elementi dei razzi fabbricati dalle aziende private specializzate
Stampare in 3D direttamente nello spazio
L’utilizzo dei sistemi di stampa in tre dimensioni potrebbe conoscere presto una nuova frontiera se prenderà corpo, come previsto e programmato, il progetto della Nasa di portare una stampante 3D nello spazio nel corso del 2014. L’idea, sicuramente suggestiva, è quella di poter dotare gli astronauti in servizio sulla Stazione Spaziale Internazionale di uno strumento in grado di realizzare oggetti (attrezzature e pezzi di ricambio) ogni volta che se ne presenti la necessità. A gravità zero, mentre la navicella orbita intorno alla terra.
Un business al salto triplo in cinque anni
Se quello della Nasa è forse l’esempio limite del raggio d’azione della stampa 3D, le potenzialità di sviluppo di questo mercato a livello di massa sono notevolissime. Almeno secondo gli analisti di Citigroup, secondo cui il giro d’affari legato al business di oggetti prodotti in tre dimensioni e relativi servizi a corredo triplicherà entro il 2018 rispetto agli 1,7 miliardi di dollari registrati nel 2011.
Il previsto boom si spiega sostanzialmente con il fatto che tale tecnologia sta lentamente uscendo dalla fase di utilizzo per la semplice realizzazione di prototipi per entrare in quella che contempla la fabbricazione su larga scala di parti stampate in 3D e destinate ai prodotti finiti. Fra queste parti rientrano anche i componenti per applicazioni di altissima precisione, come per l’appunto i motori dei razzi spaziali.
di Gianni Rusconi da ilsole24ore.com