Un gruppo di ricerca della Pusan National University (PNU) ha messo a punto un metodo per stampare in 3D tessuto adiposo con l’obiettivo di favorire la guarigione delle ferite, in particolare nei casi di lesioni croniche e ustioni.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Advanced Functional Materials, approfondisce il potenziale del tessuto adiposo ingegnerizzato nella rigenerazione della pelle, sfruttando le caratteristiche fisiologiche del grasso corporeo.
Il ruolo del tessuto adiposo nella riparazione dei tessuti
Il grasso corporeo non svolge solo una funzione di riserva energetica. Le cellule adipose, infatti, rilasciano molecole che regolano la risposta del corpo alla riparazione dei tessuti danneggiati. Tuttavia, replicare queste funzioni in laboratorio si è rivelato complicato: le tecniche tradizionali faticano a mantenere le cellule adipose in uno stato funzionale, rendendo difficile creare un tessuto adiposo artificiale che conservi le stesse proprietà rigenerative.
Una delle criticità è che i preadipociti, ovvero le cellule che dovrebbero trasformarsi in cellule adipose mature, tendono a disperdersi piuttosto che formare le strutture lipidiche necessarie. Per superare questo ostacolo, il team coordinato dal professor Byoung Soo Kim ha sviluppato un bioinchiostro specifico in grado di creare un ambiente favorevole alla maturazione delle cellule adipose.
Un bioinchiostro pensato per la stabilità e la funzionalità del tessuto stampato
Il bioinchiostro messo a punto combina matrice extracellulare decellularizzata di origine adiposa (1%) con alginato (0,5%). Questa miscela permette di contenere la migrazione cellulare e, allo stesso tempo, favorisce lo sviluppo di cellule adipose mature.
I ricercatori hanno anche individuato alcuni parametri fondamentali per garantire l’efficacia del tessuto biostampato: i gruppi di cellule devono rimanere compatti, con un diametro massimo di 600 μm, per assicurare una corretta distribuzione di ossigeno e nutrienti. Inoltre, mantenere le unità adipose a una distanza inferiore ai 1000 μm migliora la comunicazione cellulare attraverso il meccanismo del segnalamento paracrino, che favorisce la formazione del tessuto.
Applicazione sperimentale: un sostituto cutaneo testato su modello animale
Per verificare l’efficacia del tessuto adiposo stampato, i ricercatori lo hanno combinato con moduli dermici, creando così una struttura simile alla pelle, successivamente impiantata su topi con ferite cutanee. I risultati hanno mostrato un’accelerazione dei processi di guarigione: miglioramento della rigenerazione epidermica, maggiore formazione di vasi sanguigni e una riorganizzazione più efficace del tessuto.
Le analisi di laboratorio hanno evidenziato anche l’attivazione di proteine coinvolte nella migrazione delle cellule cutanee, come MMP2, COL1A1, KRT5 e ITGB1, che hanno contribuito al processo di riparazione.
Secondo Jae-Seong Lee, autore principale dello studio, le tecniche tradizionali di trapianto di tessuto adiposo spesso risultano poco efficaci a causa della bassa sopravvivenza delle cellule trasferite. I bioinchiostri sviluppati nel progetto sembrano offrire un’alternativa più affidabile, capace di mantenere la vitalità cellulare e le funzioni endocrine del tessuto.
Una possibile soluzione per le ferite croniche
Lesioni difficili da trattare come ulcere diabetiche, piaghe da decubito e ustioni estese pongono da tempo sfide importanti alla medicina rigenerativa. Il metodo proposto potrebbe rappresentare un’opzione utile per affrontare questi casi, offrendo una base biologica più stabile rispetto alle soluzioni attuali.
I pazienti con diabete, soggetti a complicazioni cutanee, o coloro che necessitano di innesti estesi, potrebbero trarre beneficio da questo approccio.
Bioprinting e rigenerazione della pelle: un ambito in crescita
La stampa 3D di tessuti cutanei è oggetto di numerose ricerche. Oltre all’impiego clinico, questi modelli vengono utilizzati anche per lo studio di patologie, per testare nuovi farmaci o come alternativa ai test su animali in campo sperimentale.
Diverse realtà sono attive in questo settore: T&R Biofab, ad esempio, sta sviluppando impianti chirurgici stampati in 3D, mentre il consorzio NOVOPLASM ha ideato una tecnologia al plasma freddo per il trattamento delle infezioni su ustioni e innesti. Altre ricerche sono in corso presso l’Università di Birmingham e l’Università di Huddersfield, dove si sta studiando la tecnica SLAM 3D bioprinting per la cura di ferite croniche.
Anche in contesti extra-terrestri, come a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, si è sperimentata la biostampa di cerotti utilizzando cellule degli astronauti, un’ipotesi utile per gestire eventuali lesioni durante le missioni nello spazio.
Sul piano terrestre, l’Università di Cornell ha creato un materiale ibrido che riproduce le proprietà meccaniche della pelle umana, combinando collagene e idrogel zwitterionico, con buoni risultati in termini di flessibilità e compatibilità biologica.
