Sovrapolimerizzazione come strumento di progettazione
Il gruppo di ricerca dell’Università di Hanyang, guidato da Sooheon Kim e Hongyun So, ha individuato un nuovo impiego per la sovrapolimerizzazione nella stampa 3D DLP (Digital Light Processing). Invece di contrastare il fenomeno, solitamente ritenuto un difetto dovuto alla penetrazione eccessiva dei raggi UV nella resina fotopolimerica, i ricercatori lo hanno sfruttato per generare microstrutture anisotrope. Modificando con precisione il tempo di esposizione, l’intensità luminosa e lo spessore degli strati, hanno creato pilastri inclinati a partire da un disegno CAD simmetrico, controllando direzione e forza adesiva delle superfici ottenute.

Dalla resina al microattuatore morbido
Il processo avvia la solidificazione spinta della resina in aree contigue a quelle inquadrate dalla maschera luminosa. In questo modo, emerge una serie di microcolonne inclinate, prive di bordi netti tra gli strati, che possono essere replicate in silicone PDMS tramite stampi a doppia fusione. Le pinze realizzate mostrano un’adesione unidirezionale: aderiscono con forza a superfici lisce come wafer di silicio da 4 e 8 pollici o dischi di vetro fino a 165 grammi, mentre si staccano con un leggero movimento inverso. In prova meccanica, le pinze hanno sollevato oggetti con input minimo e resistono a cicli ripetuti, mantenendo la loro efficacia.

Vantaggi strutturali e durabilità
Analisi agli elementi finiti hanno messo a confronto pilastri standard con quelli sovrapolimerizzati, riscontrando un calo fino al 18,7 % delle sollecitazioni di von Mises nelle giunzioni degli strati. Questo si traduce in superfici più uniformi e meno punti di concentrazione delle tensioni. I test di contaminazione polverosa hanno dimostrato che, dopo una pulizia con alcol isopropilico, le superfici adesive recuperano il 96,8 % della loro performance iniziale. Anche sotto un precarico di 9 N, le pinze hanno mantenuto costante forza di presa per dieci cicli consecutivi, confermando l’affidabilità del design.

Applicazioni nella robotica morbida e oltre
L’impiego più immediato riguarda la manipolazione di wafer e componenti delicati nel settore dei semiconduttori. Le pinze morbide ispirate ai gechi, con adesione direzionale, ottimizzano la movimentazione senza danneggiare i substrati sensibili. Il metodo si presta inoltre alla realizzazione di microattuatori nei robot molli, per il prelievo di oggetti irregolari o fragili.

Prospettive in microfluidica e filtrazione
Progettando inclinazioni e profonde pendenze controllate, è possibile costruire canali passivi che guidano il fluido in un’unica direzione, favorendo lo sviluppo di dispositivi lab-on-a-chip privi di valvole meccaniche. In contesti di filtrazione, strutture con porosità a gradiente consentono di selezionare particelle per dimensione o di modulare la resistenza al flusso, aprendo la strada a membrane autoadattive per applicazioni biomedicali o monitoraggio ambientale.

Ruolo della biomimetica e riferimenti internazionali
Negli ultimi anni la biomimesi ha guidato molteplici ricerche nella produzione additiva. All’Università di Zhejiang, nel 2021, è stato ricreato in 3D l’osso di seppia con architetture cellulari stratificate per ottenere leggerezza e resistenza agli urti. Gruppi di Harvard hanno invece stampato vasi sanguigni con profili elicoidali per simulare il flusso arterioso, con prospettive per innesti vascolari. La scelta di emulare le setole del geco – capaci di adesione e distacco controllato – conduce la sovrapolimerizzazione oltre la mera somiglianza estetica, conferendo alle microstrutture una funzione attiva.

Potenzialità per la microelettronica e dispositivi indossabili
In ambito microelettronico, superfici anisotrope possono migliorare l’adesione di componenti in fase di packaging, riducendo la necessità di collanti chimici. Nei dispositivi indossabili, microattuatori morbidi con adesione direzionale potrebbero garantire il contatto cutaneo per sensori biometrici, senza provocare irritazioni o cadute accidentali.

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Di Fantasy

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