Un nuovo approccio per la stampa 3D del vetro a bassa temperatura
Il Lincoln Laboratory del MIT ha introdotto un processo di fabbricazione additiva in grado di produrre elementi in vetro con un picco termico di appena 250 °C, molto inferiore ai superamenti di 1.000 °C richiesti dai metodi tradizionali. Questa soluzione rende finalmente compatibile il vetro con materiali sensibili al calore e attrezzature più economiche, oltre a ridurre sensibilmente i consumi energetici.

La tecnica Direct Ink Writing e la composizione dell’inchiostro
Il cuore del metodo è il Direct Ink Writing (DIW), in cui si extrude uno “snodo” di inchiostro formulato ad hoc: una soluzione vetrosa silicatica arricchita di nanoparticelle inorganiche. Questi componenti, scelti per le loro proprietà ottiche o elettriche, conferiscono al prodotto finale caratteristiche specifiche a seconda dell’applicazione. Il liquido viene depositato strato su strato, a temperatura ambiente, attraverso una testina robotizzata che disegna gli spessori con risoluzione dell’ordine dei 100 µm.

Dal green part al vetro finito

  1. Stampa del “green part”
    Il pezzo, ancora elastico, emerge dopo la deposizione strato dopo strato.

  2. Trattamento in bagno di olio minerale a 250 °C
    L’immersione in olio garantisce riscaldamento uniforme senza ossidazione e induce la reticolazione del silicato intorno alle nanoparticelle.

  3. Lavaggio con solvente organico
    Il risciacquo elimina i residui di olio e lascia in superficie un oggetto interamente inorganico, con microstruttura compatta e priva di impurità.

Proprietà delle strutture ottenute
Le provette realizzate mostrano:

  • Elevata fedeltà dimensionale, con scostamenti inferiori al 2 % rispetto al modello CAD.

  • Stabilità termica, mantenendo integrità meccanica anche oltre i 200 °C.

  • Bassa percentuale di ritiro, spesso al di sotto del 5 % in volume.

Questi risultati aprono la strada a componenti complessi, fino a ieri impraticabili con soffiatura o fusione convenzionale.

Applicazioni possibili

  • Microfluidica: canali e giunzioni per sistemi “lab-on-chip” capaci di gestire fluidi a velocità e volumi ridotti, con alta trasparenza per l’osservazione ottica.

  • Ottica libera: lenti di forma libera, prismi e guide d’onda ottiche, sfruttabili in dispositivi di imaging avanzato o sensoristica.

  • Elettronica ad alta temperatura: involucri e dissipatori in vetro, in grado di proteggere componenti sensibili fino a 300 °C e oltre, ideali per sensori in ambienti industriali estremi.

  • Dispositivi per il settore aerospaziale e Difesa: serbatoi criogenici o isolatori termici per satelliti, grazie alla ridotta massa e alla possibilità di integrare più materiali in un unico pezzo.

Vantaggi rispetto ai processi tradizionali

  • Riduzione dei consumi: si evita il forno a induzione oltre i 1.000 °C, con un risparmio di energia stimato intorno al 70 %.

  • Compatibilità con materiali compositi: inserimento di fibre ottiche o filamenti conduttivi direttamente nell’inchiostro, senza degradazione termica.

  • Flessibilità di design: geometrie reticolari, interni cavitati e dettagli submillimetrici realizzabili senza attrezzature aggiuntive.

  • Tempi di produzione: dal file digitale al componente finito bastano poche ore di stampa e un ciclo di post-processing contenuto, a differenza delle settimane richieste per soffiatura e lavorazioni meccaniche.

Sviluppi futuri e prospettive di industrializzazione
Il gruppo guidato dal ricercatore Bradley Duncan sta perfezionando la trasparenza ottica e sperimenta varianti di inchiostro per proprietà elettriche o chimiche specifiche. Il passo successivo prevede la realizzazione di prototipi di dispositivi completi—come micro-lenti integrate in chip ottici—e la collaborazione con partner industriali per trasferire la tecnologia a impianti di produzione su scala maggiore.



 

Foto: Lincoln Laboratory
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Di Fantasy

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