Il problema della vascolarizzazione nel bioprinting

La biostampa 3D permette di creare strutture cellulari complesse per applicazioni in medicina rigenerativa, ma uno dei limiti principali è la mancanza di reti vascolari funzionali. Senza canali che trasportino ossigeno e nutrienti, i tessuti biostampati oltre pochi millimetri di spessore rischiano la necrosi cellulare.

Per superare questo ostacolo, i ricercatori della Pennsylvania State University hanno sviluppato una tecnica innovativa che combina bioprinting e formazione controllata di microcanali vascolari, migliorando la sopravvivenza e la funzionalità dei tessuti stampati.

 


La nuova tecnica: scaffold con canali preformati

Il gruppo di ricerca ha integrato nel processo di stampa biomateriali che si dissolvono selettivamente dopo la deposizione. Questo permette di creare all’interno del tessuto canali vuoti che imitano i vasi sanguigni.

Questi canali possono essere successivamente rivestiti con cellule endoteliali, in grado di formare il rivestimento interno tipico dei vasi sanguigni. In tal modo, le strutture biostampate non sono solo meccanicamente stabili, ma anche predisposte a sviluppare una rete vascolare attiva.


Risultati sperimentali

Nei test preliminari, i tessuti biostampati con questa tecnica hanno mostrato:

  • Maggiore sopravvivenza cellulare, grazie a un migliore apporto di nutrienti,

  • Differenziazione cellulare più efficiente, con up-regulation di marker tipici della vascolarizzazione,

  • Capacità di sostenere tessuti più spessi rispetto a quelli ottenuti con metodi tradizionali di bioprinting.

Questi risultati aprono prospettive per la realizzazione di organoidi funzionali e per applicazioni in chirurgia rigenerativa.


Applicazioni potenziali

La tecnica potrebbe essere applicata in diversi ambiti:

  • Rigenerazione ossea: favorendo la creazione di vasi nei difetti ossei per accelerare la guarigione,

  • Tessuti epatici: per studiare il metabolismo e testare farmaci in vitro,

  • Ingegneria cutanea: nella produzione di innesti di pelle vascolarizzata per grandi ustioni,

  • Organoidi complessi: modelli più realistici per la ricerca biomedica.


Confronto con altre strategie

Fino ad oggi, i tentativi di vascolarizzazione nel bioprinting includevano:

  • Uso di fattori di crescita come VEGF,

  • Cocultura di cellule staminali e cellule vascolari,

  • Microfluidica per creare canali esterni ai tessuti.

La soluzione proposta da Penn State è invece intrinseca al processo di stampa, e potrebbe rivelarsi più scalabile e ripetibile.


Sfide future

I ricercatori sottolineano che restano aperte questioni importanti:

  • Garantire la perfetta adesione tra i canali e i tessuti circostanti,

  • Evitare collassi strutturali durante la dissoluzione del materiale temporaneo,

  • Sviluppare protocolli standardizzati per l’uso clinico.

La prossima fase prevede test su modelli animali e l’analisi delle prestazioni a lungo termine in vivo.


 

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Di Fantasy

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