Arterie personalizzate stampate in 3D su vetro: il modello di Sydney per capire il rischio di ictus

Perché l’ictus ha bisogno di modelli migliori

L’ictus resta tra le principali cause di morte e disabilità al mondo. Milioni di persone ogni anno vengono colpite da un evento cerebrovascolare e una parte significativa sopravvive con esiti neurologici che richiedono riabilitazione intensiva e assistenza di lungo periodo. Il peso economico e sociale è molto elevato e coinvolge sistemi sanitari, famiglie e reti di cura.

Nonostante la disponibilità di tecniche di imaging avanzato, farmaci antiaggreganti e anticoagulanti, continua a essere difficile capire in anticipo quali pazienti svilupperanno un ictus e perché alcune placche o irregolarità dell’arteria scatenano un trombo mentre altre restano silenti per anni. Una delle ragioni è la mancanza di modelli sperimentali che riproducano in modo fedele anatomia reale, condizioni di flusso e caratteristiche del sangue del singolo paziente.

In questo contesto si inserisce il lavoro della University of Sydney, che ha sviluppato un sistema di vasi sanguigni stampati in 3D su vetrini di vetro, pensato per studiare il meccanismo dell’ictus in modo personalizzato e per testare terapie su misura. Il risultato è stato pubblicato su una rivista di materiali avanzati e presentato come una nuova piattaforma per investigare la trombosi in modelli di carotidi specifici per ciascun paziente.


Dalla TAC del paziente al modello “artery on a chip”

Il cuore del lavoro è una catena digitale–fisica che parte da immagini cliniche di pazienti con patologia carotidea e arriva a un microdispositivo fisico, definito dal team “artery on a chip”.

  1. Acquisizione delle immagini
    I ricercatori partono da scansioni delle carotidi di pazienti ad alto rischio di ictus. Le immagini vengono segmentate per isolare il lume e le irregolarità della parete: stenosi, rientranze, tratti più stretti o più larghi che modificano il profilo del flusso.

  2. Riduzione di scala e modellazione
    I modelli ottenuti vengono ridotti fino a diametri dell’ordine di qualche centinaio di micrometri, mantenendo costanti le proporzioni tra i vari segmenti. In questo modo diventano compatibili con le tecniche di microfabbricazione, ma continuano a rappresentare in maniera fedele la geometria originaria del vaso del paziente.

  3. Nuova tecnica di stampa su vetro
    Il gruppo ha sviluppato una procedura di stampa a luce digitale su substrato di vetro, in cui il canale vascolare viene “scavato” in una resina depositata sul vetrino. Il processo è molto più rapido rispetto a soluzioni precedenti: il tempo necessario per realizzare un modello di carotide scende da circa dieci ore a circa due, un aspetto cruciale se si pensa a un utilizzo nel percorso clinico.

  4. Dispositivo finale
    Il risultato è un vetrino con un canale vascolare inciso e trasparente, collegabile a un circuito microfluidico. Il sangue o fluidi di prova possono essere fatti scorrere nel canale, permettendo di studiare il comportamento emodinamico in una “carotide in miniatura” che rappresenta lo stesso paziente da cui proviene la scansione.


Riprodurre il flusso reale: dove il sangue si ferma nascono i trombi

Un aspetto chiave non è solo la forma dell’arteria, ma il modo in cui il sangue scorre al suo interno. Nel dispositivo di Sydney, il team fa passare il sangue o un fluido di prova attraverso i microcanali e raccoglie informazioni su velocità del flusso, distribuzione delle pressioni e forze esercitate sulle pareti del vaso.

Il modello consente di analizzare gli sforzi di taglio, cioè le forze che il flusso esercita sull’endotelio. In alcune zone della geometria, per esempio in corrispondenza di restringimenti o curve, questi sforzi possono aumentare in modo marcato e cambiare radicalmente il modo in cui le piastrine si attivano e formano coaguli. Nel lavoro presentato, il gruppo ha osservato regioni dove l’attivazione piastrinica è parecchie volte superiore rispetto ad altre zone dello stesso modello, a parità di condizioni globali.

Grazie alla trasparenza del dispositivo, è possibile acquisire immagini in tempo reale del processo di aggregazione piastrinica e della crescita del trombo. Questo rende il modello utile non solo per capire se si forma un coagulo, ma anche per seguire nel tempo come si sviluppa e come risponde a variazioni del flusso o a trattamenti farmacologici.


Una piattaforma senza uso di animali e con una finestra temporale clinica realistica

Uno dei punti messi in evidenza dagli autori è la possibilità di ridurre fortemente il ricorso ad animali da laboratorio per lo studio della trombosi e del rischio di ictus. Invece di modelli che imitano solo in parte la malattia umana, qui si lavora su geometrie umane reali e, potenzialmente, sul sangue del singolo paziente.

Dal punto di vista clinico, il gruppo richiama il vincolo della finestra decisionale: per ictus e infarto esiste un intervallo piuttosto stretto in cui il medico deve decidere come intervenire, sia dal punto di vista diagnostico sia terapeutico. Avere un sistema capace di generare il modello dell’arteria in poche ore apre lo scenario in cui una parte della valutazione del rischio trombotico potrebbe essere svolta nello stesso arco temporale in cui si imposta il trattamento.


Verso il “digital twin” vascolare e la medicina personalizzata

Il team di ricerca vede questa piattaforma come un passo verso il concetto di “digital twin” vascolare: un gemello digitale e fisico del sistema arterioso del singolo paziente.

In prospettiva, il flusso di lavoro potrebbe essere il seguente: il paziente esegue una TAC delle carotidi, le immagini vengono elaborate per generare un modello tridimensionale personalizzato, che viene stampato in poche ore su vetrino. Nel microcanale si fa scorrere il sangue del paziente o un fluido che ne riproduce le caratteristiche principali. I dati di flusso, le immagini e i parametri di coagulazione vengono poi analizzati da algoritmi di intelligenza artificiale, che costruiscono una mappa del rischio trombotico specifica per quella persona e simulano l’effetto di diversi trattamenti possibili.

L’obiettivo di lungo periodo è spostare la medicina cardiovascolare da un approccio centrato sulla gestione dell’emergenza a uno a maggiore vocazione predittiva, in cui sia possibile identificare anni prima chi è destinato a sviluppare un ictus e intervenire con strategie terapeutiche mirate.


Come si colloca questo lavoro nel panorama della biostampa vascolare

La tecnologia sviluppata a Sydney si inserisce in un contesto più ampio di ricerche sulla biostampa di vasi e tessuti vascolarizzati.

Alla Penn State University, per esempio, ricercatori di ingegneria e chirurgia combinano bioprinting 3D e tecniche microchirurgiche per creare stampi dotati di canali prestabiliti e stimolare, tramite micro-perforazioni, la crescita di nuovi vasi in tessuti trapiantati. L’obiettivo è migliorare la rivascolarizzazione di innesti complessi, riducendo tempi e complicanze nei pazienti che necessitano di ricostruzioni importanti.

In Europa, un consorzio tra centri di ricerca in Spagna e nei Paesi Bassi lavora su bioink ibridi che permettono di biostampare modelli di arteria con struttura multistrato, con strati che imitano tunica media e tunica avventizia e includono diversi tipi cellulari e matrici extracellulare su misura. Questi modelli sono pensati per studiare patologie vascolari, testare farmaci e comprendere meglio il comportamento della parete arteriosa in condizioni fisiologiche e patologiche.

Rispetto a questi approcci, la piattaforma di Sydney è maggiormente focalizzata sulla fedeltà geometrica e fluidodinamica a partire da dati clinici di pazienti con ictus. È plausibile che, col tempo, le due linee di ricerca convergano: modelli come l’artery on a chip potrebbero integrare strati cellulari complessi e bioink avanzati, unendo realismo anatomico, dinamica del flusso e risposta biologica.


Possibili applicazioni cliniche e di ricerca

Se la tecnologia verrà consolidata e semplificata, le possibili applicazioni includono diversi ambiti.

  • Stratificazione del rischio personalizzata
    Creare un modello della carotide del singolo paziente per valutare dove il flusso genera condizioni favorevoli alla formazione di coaguli e quantificare la pericolosità delle varie regioni, integrando questi dati con gli altri fattori di rischio clinici.

  • Test di farmaci su misura
    Valutare su un modello fisico, che riproduce l’anatomia del paziente, come varia l’attività piastrinica quando si modificano farmaci e dosaggi, prima di scegliere il regime terapeutico da applicare in pratica.

  • Supporto alla scelta di interventi endovascolari
    Simulare sul modello stampato l’inserimento di stent o altri dispositivi endovascolari per capire come cambiano gli sforzi sulle pareti e quali zone del vaso restano critiche dal punto di vista del flusso.

  • Piattaforma per ricerca preclinica
    Offrire a gruppi di ricerca e industria una piattaforma standardizzabile per testare nuove molecole antitrombotiche e nuovi dispositivi, con una maggiore trasferibilità dei risultati alla realtà clinica e un minore uso di modelli animali.


Limiti attuali e sfide aperte

Pur essendo un passo in avanti significativo, la tecnologia presenta ancora diversi limiti.

Dal punto di vista biologico, il modello si concentra soprattutto sulla geometria e sulla dinamica del flusso, mentre la parete arteriosa reale è composta da più strati cellulari con un comportamento complesso in risposta a infiammazione, lipidi e segnali meccanici. L’integrazione con biostampa di tessuti vascolari multistrato è una direzione naturale di sviluppo.

Un’altra sfida riguarda la scalabilità: per entrare nella pratica clinica, la piattaforma deve diventare più semplice, automatizzata e conveniente, con procedure standardizzate di stampa, gestione dei campioni e analisi dei dati.

Infine, sarà necessario dimostrare che i parametri misurati sul modello – per esempio l’intensità dell’attivazione piastrinica in specifiche zone della carotide stampata – sono predittivi del rischio di eventi clinici nel lungo periodo, e che aggiungono valore rispetto agli strumenti di valutazione già in uso. Solo studi prospettici su ampie coorti di pazienti potranno confermare questo potenziale.


Conclusione

Il lavoro della University of Sydney sulle arterie personalizzate stampate in 3D su vetro propone un modo nuovo di costruire modelli vascolari: si parte dai dati del paziente, si miniaturizza la sua anatomia mantenendo i dettagli che contano per il flusso, e si osserva come il sangue si comporta in condizioni controllate.

Integrata con i progressi della biostampa vascolare e della microchirurgia rigenerativa, questa tecnologia potrebbe diventare uno degli strumenti con cui rendere più precisa la prevenzione dell’ictus e delle malattie cardiovascolari, riducendo la distanza tra ciò che vediamo nelle immagini radiologiche e ciò che avviene davvero nel flusso sanguigno del singolo paziente.

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Di Fantasy

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