Stampa 3D a luce per organi-su-chip: il nuovo passo del Missouri S&T
Un gruppo di ricerca della Missouri University of Science and Technology (Missouri S&T) ha messo a punto una tecnica di stampa 3D guidata dalla luce pensata per rendere più semplice e veloce la produzione di organi-su-chip, piccoli dispositivi tissutali usati per lo studio di farmaci e patologie. Il cuore del progetto è guidato da Anthony Convertine, docente di Scienza e Ingegneria dei Materiali, che lavora da anni su nanomateriali fotoreattivi e su resine capaci di auto-organizzarsi durante la stampa. Con questa nuova piattaforma, il team mira a superare uno dei limiti più concreti dell’ingegneria tissutale: riprodurre reti fitte di microcapillari all’interno di strutture complesse, in modo compatibile con la vita delle cellule.
Perché gli organi-su-chip sono così importanti
Gli organi-su-chip sono microdispositivi, in genere grandi all’incirca come una carta di credito, che combinano canali microfluidici, cellule umane e materiali polimerici per imitare porzioni di tessuti o organi reali. La loro funzione principale è permettere test farmacologici, studi di tossicità e indagini su malattie umane riducendo il ricorso ad animali da laboratorio e a campioni biologici difficili da ottenere. Piattaforme come heart-on-a-chip e body-on-a-chip sviluppate in centri accademici e ospedalieri mostrano che è possibile integrare più tessuti e leggere le loro risposte a stimoli farmacologici in modo più controllato rispetto alla sperimentazione tradizionale.
Il problema della vascolarizzazione: 37 trilioni di cellule da nutrire
Convertine richiama l’attenzione sul fatto che il corpo umano contiene dell’ordine di 37 trilioni di cellule e che praticamente ognuna deve trovarsi vicino a un capillare per sopravvivere. Riprodurre in laboratorio reti così fitte di microcanali per far circolare nutrienti e ossigeno è uno dei problemi chiave dell’ingegneria dei tessuti, e limita la dimensione e la complessità dei costrutti ottenibili con le tecniche di biostampa convenzionali. Le metodiche attuali, basate su deposizione punto-per-punto o su strutture portanti da rimuovere in un secondo momento, funzionano ma diventano lente, costose e difficili da scalare quando si tenta di avvicinarsi alla complessità di un tessuto reale.
Dal “punto-per-punto” alla stampa volumetrica con resine auto-assemblanti
La novità del gruppo Missouri S&T è l’uso di una resina fotoinduribile e auto-assemblante che forma strutture sacrificiali all’interno del volume stampato. Invece di scrivere ogni microcanale come se fosse una traccia d’inchiostro, la stampa avviene per proiezione di luce in un singolo volume, sfruttando una formulazione che combina reagenti per la RAFT polymerization con il processo di PISA. Dopo la polimerizzazione, queste strutture sacrificiali vengono dissolte selettivamente, lasciando reti di microcanali liberi e ben definiti. Il risultato è una stampa più rapida rispetto alle tecniche punto-per-punto, con una riduzione dei passaggi di processo e una maggiore riproducibilità delle reti microvascolari.
DLP e PISA-RAFT: come funziona la chimica dietro la tecnica
Dal punto di vista della chimica dei materiali, il lavoro del gruppo di Convertine integra la stampa 3D DLP (Digital Light Processing) con una formulazione di resina in cui i polimeri si auto-organizzano in nanostrutture durante l’esposizione alla luce. La RAFT consente di controllare con precisione la crescita delle catene polimeriche, mentre il meccanismo PISA porta alla formazione spontanea di domini nanostrutturati che fungono da impalcature temporanee. La combinazione delle due componenti permette di ottenere reticoli fisicamente intrecciati, ma non necessariamente basati su legami covalenti permanenti, semplificando la rimozione selettiva delle parti sacrificiali e la creazione di microcapillari perfusabili.
Un percorso in tre tappe: Polymer Chemistry, RSC Applied Polymers, Biomaterials Science
Il nuovo articolo sugli organi-su-chip rappresenta la terza tappa di un percorso di ricerca che ha già prodotto due pubblicazioni di rilievo su riviste della Royal Society of Chemistry. Nel 2023 un lavoro su Polymer Chemistry ha descritto una prima generazione di resine fotoreattive stampabili in 3D, sintetizzate in acqua e pensate per creare strutture di supporto per tessuti senza ricorrere a solventi organici. Nel 2024 un articolo su RSC Applied Polymers ha mostrato come modificare la formulazione con gruppi chain-transfer aggiuntivi per migliorare l’efficienza di stampa e ottenere materiali più rigidi e densamente reticolati. Il nuovo lavoro su Biomaterials Science lega questi risultati alla realizzazione di microcapillari perfusabili e alla dimostrazione concreta di una piattaforma per organi-su-chip stampati a luce.
Dall’organo-su-chip al “body-on-a-chip”: collegare più tessuti in un’unica piattaforma
La scelta di concentrarsi su microcapillari e reti perfusabili è un requisito per collegare più “mini-organi” in un’unica piattaforma. Programmi di ricerca dedicati hanno già dimostrato che è possibile integrare fegato, cuore e polmone in un unico sistema body-on-a-chip, con l’obiettivo di ottenere modelli più predittivi per la risposta a farmaci e tossine. Tecniche più veloci e controllabili di stampa 3D a luce, come quella proposta da Missouri S&T, possono ridurre i tempi di prototipazione delle architetture microfluidiche e facilitare la personalizzazione dei layout in funzione del tipo di tessuto e del protocollo di test.
Confronto con altre piattaforme di organ-su-chip e biostampa 3D
Nel panorama delle tecnologie per organ-su-chip, la soluzione del Missouri S&T si affianca a sistemi commerciali e accademici che utilizzano sia microfabbricazione tradizionale sia stampa 3D. Piattaforme come quelle sviluppate da aziende specializzate in biostampa, o dispositivi SLA a basso costo, mostrano come la stampa 3D possa ridurre barriere di costo e complessità rispetto alla microfabbricazione in cleanroom. La differenza principale della strategia PISA-RAFT risiede nel controllo chimico fine della fase di auto-assemblaggio e nella possibilità di programmare la formazione di canali interni senza dover definire ogni dettaglio geometrico a livello di singolo voxel.
Implicazioni per la medicina personalizzata e i test farmacologici
Una piattaforma di stampa 3D più rapida e scalabile per organi-su-chip apre scenari in cui chip personalizzati, basati su cellule del singolo paziente, possono essere prodotti in serie per confrontare in parallelo combinazioni di farmaci, dosaggi e schemi di somministrazione. In oncologia, la possibilità di ricreare microambienti vascolarizzati che imitano il tessuto tumorale e i tessuti sani circostanti può migliorare la capacità di prevedere efficacia e tossicità di nuove molecole. In ambito cardiaco o neurodegenerativo, chip dedicati possono aiutare a studiare fenomeni come la cardiotossicità indotta da farmaci o la progressione di malattie della barriera emato-encefalica con un livello di controllo difficilmente raggiungibile in modelli animali.
Limiti attuali e prospettive
Nonostante i progressi, la piattaforma proposta resta per ora collocata in una fase di ricerca preclinica. Tra i limiti ancora da affrontare rientrano la piena compatibilità biologica delle resine e dei sottoprodotti di polimerizzazione, la standardizzazione dei protocolli di perfusione e la validazione regolatoria dei modelli di organo-su-chip come strumenti di supporto alle decisioni cliniche e di sviluppo farmaco. Un ulteriore aspetto aperto riguarda l’integrazione con sistemi di sensori incorporati, elettronici o ottici, in grado di misurare in tempo reale parametri come pH, ossigenazione, segnali elettrici o marcatori biochimici senza interferire con la vitalità delle cellule. La combinazione tra chimica polimerica avanzata, fotopolimerizzazione controllata e design microfluidico lascia prevedere dispositivi progressivamente più complessi, ma allo stesso tempo riproducibili e adatti a processi di produzione standardizzati.
