Forbes 30 Under 30: come quattro under 30 stanno spingendo la stampa 3D al centro dell’innovazione

Da quindici anni la lista Forbes 30 Under 30 in Nord America mette sotto i riflettori giovani imprenditori e ricercatori che stanno cambiando interi settori. Nell’edizione più recente, tra i 600 selezionati in tutte le categorie, solo una piccola parte lavora direttamente con la stampa 3D. Eppure quei pochi nomi delineano bene dove sta andando il settore: edilizia, difesa, semiconduttori e spazio.


Nick Callegari e VeruStruct: la stampa 3D come “infrastruttura” per case complete

Nick Callegari, fondatore di VeruStruct, entra nella lista Forbes 30 Under 30 per la categoria Manufacturing & Industry con un obiettivo molto concreto: usare la stampa 3D per rendere l’abitazione stabile, efficiente e accessibile, non solo per sperimentare dimostratori. La sua azienda sviluppa sistemi di stampa su larga scala pensati per realizzare pareti strutturali con impianti già integrati, riducendo la complessità del cantiere e i tempi di costruzione rispetto ai metodi tradizionali.

Prima di VeruStruct, Callegari ha lavorato come ingegnere meccanico nel settore spaziale, progettando componenti per veicoli di aziende di primo piano. Il passaggio alla stampa 3D per l’edilizia nasce dall’incontro tra questa esperienza “high tech” e il lavoro in cantiere svolto fin da giovane, insieme al padre muratore. Il risultato è una visione che unisce cultura del progetto, attenzione alla sostenibilità e pratica quotidiana di cantiere.

La tecnologia di VeruStruct si basa su un approccio definito translational slip-form printing: invece di usare grandi portali o bracci robotici, una testa di stampa compatta “scala” la parete appoggiandosi a un camion di materiali. Il sistema deposita il calcestruzzo strato su strato mentre, all’interno della parete, vengono posizionati cavidotti elettrici, tubazioni idrauliche, isolamento e rinforzi. L’obiettivo è consegnare un elemento murario quasi finito, che riduce al minimo gli interventi successivi di elettricisti, idraulici e altre figure specialistiche.

La roadmap di VeruStruct passa per una serie di premi e grant universitari, che hanno permesso di finanziare la costruzione di un primo prototipo in scala ridotta. Il passo successivo è una raccolta pre-seed nell’ordine di alcuni milioni di dollari per costruire la versione a grandezza reale della macchina, ottimizzare la logistica dei materiali e arrivare a progetti pilota di case stampate in tempi definiti.


Eric Shnell e Meher Akhil Birlangi: Craitor porta la stampa 3D nel mezzo dell’azione

I co-fondatori Eric Shnell e Meher Akhil Birlangi entrano nella lista Forbes 30 Under 30 con Craitor, startup che ha sviluppato FieldFab, una stampante 3D portatile e “rugged” progettata per operare in condizioni estreme, dal deserto alle basse temperature, fino alle vibrazioni di un elicottero militare. Il loro obiettivo è portare la produzione additiva al punto di bisogno, direttamente dove si trovano le truppe.

FieldFab è un sistema rapidamente schierabile, trasportabile a mano e utilizzabile anche durante lo spostamento, con un ampio range operativo di temperature e ambienti. A differenza di molte stampanti da laboratorio, la macchina è pensata per lavorare in assetto operativo, senza bisogno di container climatizzati o shelter dedicati, e punta a produrre componenti di qualità comparabile ai pezzi OEM anche in contesti austere.

Nel 2025 la FieldFab Expeditionary 3D Printer è stata protagonista di un test emblematico: la prima stampa 3D in volo su un elicottero UH-60 Black Hawk. Durante un’esercitazione dell’Indiana Army National Guard, la macchina ha prodotto componenti per sistemi UAS mentre l’aeromobile eseguiva manovre tattiche. L’esperimento mostra un possibile scenario futuro: produrre parti consumabili o componenti sacrificabili direttamente in missione, riducendo la dipendenza dalla logistica a terra e i tempi morti legati all’approvvigionamento.

Craitor ha già accumulato diversi milioni di dollari in contratti governativi, in gran parte attraverso grant del Dipartimento della Difesa statunitense. Il fatto che FieldFab sia stata testata su piattaforme operative e in esercitazioni militari indica che il sistema viene valutato non solo come dimostratore tecnologico, ma come potenziale tassello di una logistica più flessibile, in cui la stampa 3D diventa un servizio di bordo.


Atum Works: stampare chip in 3D per cambiare l’economia dei semiconduttori

I fondatori Lucas Pabarcius, Malcolm Tisdale e Matteo Kimura guidano Atum Works, startup che mira a trasformare la fabbricazione di microchip con un sistema di stampa 3D su scala nanometrica. L’idea è superare i limiti della litografia 2D tradizionale, introducendo una vera architettura tridimensionale all’interno del chip, con più strati, più interconnessioni e maggior flessibilità progettuale.

Atum Works descrive la propria missione come la costruzione di un “3D ASML”: una piattaforma di nanomanifattura in grado di depositare materiale con risoluzioni nell’ordine dei 100 nanometri, creando strutture 3D all’interno del wafer. Invece di una catena di passaggi di deposizione e incisione 2D, l’approccio prevede una scrittura tridimensionale diretta, con l’obiettivo di ridurre drasticamente passaggi e complessità di processo.

Secondo le analisi disponibili, la tecnologia di Atum Works potrebbe ridurre i costi di fabbricazione dei chip fino al 90% per determinate classi di componenti, specialmente dove le dimensioni minime non devono spingersi ai limiti estremi dell’elettronica di consumo di fascia alta. Il sistema non punta a sostituire la produzione all’avanguardia di CPU e GPU più spinte, ma a servire fotonica, sensori, packaging avanzato e applicazioni in cui la geometria 3D porta vantaggi senza richiedere nodi litografici estremi.

La startup ha raccolto oltre dieci milioni di dollari di finanziamenti e ha partecipato a programmi di accelerazione dedicati all’hard-tech. Tra i partner spicca NVIDIA, con una lettera d’intenti per sviluppare congiuntamente soluzioni di stampa 3D su scala nanometrica, in particolare per applicazioni non critiche dal punto di vista strutturale ma centrali per i sistemi di calcolo e intelligenza artificiale. L’azienda pianifica la consegna dei primi sistemi operativi con l’obiettivo di integrarli nei reparti produttivi esistenti, non solo in laboratori sperimentali.


Ashika Gopalkrishnan: la pipeline NASA che alimenta l’ecosistema dell’additive manufacturing

L’ultima figura legata alla stampa 3D nel perimetro Forbes è Ashika Gopalkrishnan, inserita nella lista 30 Under 30 per la categoria Aerospace. Il suo ruolo non è quello di fondatrice di una singola startup, ma di abilitatore di un intero ecosistema: come product director del programma NASA SBIR/STTR (Small Business Innovation Research / Small Business Technology Transfer), gestisce un flusso di finanziamenti che sostiene ogni anno centinaia di progetti tecnologici, molti dei quali legati alla manifattura additiva.

Il programma SBIR/STTR di NASA gestisce un budget annuo che supera i 180 milioni di dollari, con bandi che finanziano piccoli team imprenditoriali e istituti di ricerca per validare tecnologie innovative utili alle future missioni. In un singolo ciclo di selezione sono stati stanziati oltre 40 milioni di dollari per progetti di fase iniziale, con una quota significativa di aziende alla prima partecipazione. All’interno di questo portafoglio, la stampa 3D compare in modo ricorrente: materiali avanzati, componenti per veicoli spaziali, sistemi di produzione in microgravità e soluzioni per l’utilizzo di risorse in-situ.

Tra i compiti di Gopalkrishnan rientra la semplificazione dei processi: digitalizzare le sottomissioni, ridurre i tempi di valutazione, facilitare l’accesso a realtà che non hanno mai lavorato con NASA. Questo lavoro “di sistema” ha un impatto diretto sulla stampa 3D, perché rende più semplice per le startup additive entrare nel portafoglio SBIR/STTR e scalare dal prototipo al dimostratore in ambiente operativo, in settori che vanno dalla propulsione all’infrastruttura di superficie su Luna e Marte.


Quattro traiettorie, una stessa direzione: la stampa 3D come infrastruttura critica

Osservati insieme, i profili messi in evidenza da Forbes delineano il ruolo che la stampa 3D sta assumendo:

  • nell’edilizia, con VeruStruct che lavora su pareti come sistemi completi con impianti integrati, per ridurre tempi, costi e consumo di materiali nel residenziale;

  • nella difesa, con Craitor che porta la produzione additiva direttamente sul campo, fino a stampare parti in volo, riducendo l’attrito tra progetto e utilizzo operativo;

  • nei semiconduttori, con Atum Works che sperimenta una fabbricazione 3D su scala nanometrica, puntando a tagliare i costi in specifiche fasce di mercato e a introdurre architetture più flessibili per chip e componenti ottoelettronici;

  • nello spazio, con la pipeline NASA SBIR/STTR che crea il contesto in cui molte di queste tecnologie possono nascere, essere testate e arrivare a missioni reali.

In questo quadro, la stampa 3D non è un gadget, ma una infrastruttura abilitante: per costruire case in modo diverso, assicurare continuità operativa sul campo, ripensare il modo in cui si fabbricano i chip e strutturare programmi pubblici che sostengano innovazione ad alto rischio. La presenza di questi quattro profili in una lista trasversale come Forbes 30 Under 30 segnala che la manifattura additiva sta entrando sempre più nel cuore dei sistemi produttivi, non solo nei laboratori specializzati.

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Di Fantasy

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