Denim stampato in 3D da scarti tessili: il nuovo esperimento di Danit Peleg a Milano

Al Denim Première Vision di Milano, a fine novembre 2025, la designer israeliana Danit Peleg, pioniere della moda stampata in 3D, ha presentato un prototipo di tessuto che unisce scarti di denim e TPU riciclato in un unico materiale stampabile in 3D. Il progetto, ancora in fase sperimentale, nasce con l’obiettivo di trasformare la filiera del jeans, altamente impattante, in un sistema più circolare, in cui gli scarti di produzione rientrano nel ciclo come materia prima per nuovi capi.


Dai ritagli di PureDenim al pellet per la stampa 3D

Il percorso del materiale parte dagli scarti di lavorazione forniti da PureDenim, azienda italiana specializzata in denim a basso impatto ambientale, che da anni sperimenta processi a ridotto consumo di acqua ed energia. I ritagli vengono triturati in fibre e miscelati con TPU riciclato al 100%, dando origine a un composto che può essere estruso sotto forma di pellet per stampa 3D di grande formato.


La collaborazione con Ginger Additive e il ruolo della stampa a pellet

Per la stampa del tessuto, Peleg si affida alla tecnologia a pellet della italiana Ginger Additive. Il prototipo mostrato a Milano – un campione di tessuto da circa 70 × 70 cm – è stato stampato in meno di 30 minuti su una macchina Ginger Additive di grande formato, capace di lavorare direttamente pellet di materiali riciclati. La piattaforma G1 offre un volume di stampa fino a 1 m³ e utilizza un sistema di estrusione a granulo pensato per sfruttare materiali rigenerati o scarti macinati, riducendo il costo al chilo rispetto ai tradizionali filamenti.


Un ibrido denim–TPU in fase di ricerca

La ricerca sui parametri del materiale è condotta da Danit Peleg insieme all’ingegnere Victor Gagneux. Il gruppo ha provato diverse strutture di stampa, percentuali variabili di denim nel composito e combinazioni di temperatura, velocità ed estrusione, attraversando molte prove fallite prima di arrivare a un primo tessuto definito come “denim stampato in 3D al 100% riciclato”. Il materiale mantiene una certa flessibilità grazie al TPU, mentre le fibre di denim conferiscono un aspetto più tessile e una texture visibile sulla superficie. La possibilità di stampare direttamente alla forma, su richiesta e senza sfrido, apre scenari in cui capi e pannelli possono essere progettati già con il volume finale, evitando parte delle fasi di taglio e confezione tradizionali.


La questione del riciclo di un composito cotone–TPU

Il progetto ha generato molta attenzione anche sui social, dove la designer ha condiviso immagini e dettagli del prototipo. Tra gli addetti ai lavori è emerso un nodo cruciale: un composito che unisce cotone (dalle fibre di denim) e TPU – pur se entrambi riciclati – è complesso da riciclare una seconda volta. Alcuni commenti hanno chiesto esplicitamente chi potrà riciclare un mix di cotone e TPU; Peleg ha risposto affermando di credere possibile sviluppare una soluzione, lasciando intendere che il progetto è parte di una ricerca più ampia sulla riciclabilità di materiali ibridi. Il tema è in linea con il dibattito sul denim circolare, dove l’uso esteso di fibre riciclate e tecnologie come laser e ozono riduce impatto e consumo d’acqua, ma pone anche interrogativi su come gestire a fine vita materiali sempre più complessi.


Additive manufacturing e moda: non solo denim

Il prototipo di Peleg si inserisce in un contesto in cui la stampa 3D per la moda sta evolvendo su più fronti. L’etichetta australiana Amiss, ad esempio, ha presentato una collezione di capi ispirati a forme naturali sviluppata con l’ecosistema di stampa 3D di Creality, utilizzato per ridurre i tempi di prototipazione da settimane a poche ore. Negli Stati Uniti, il New York Embroidery Studio (NYES) ha integrato la stampante Stratasys J850 TechStyle nelle proprie linee produttive, combinando ricamo tradizionale e stampa diretta su tessuto per ottenere motivi tattili complessi con meno sprechi e una maggiore flessibilità di personalizzazione.


La visione di Danit Peleg tra stampa domestica e zero waste

Il lavoro sul denim da scarti si collega alla visione che accompagna la carriera di Danit Peleg fin dai primi esperimenti: abiti stampati in 3D su scala locale, con materiali riciclabili e un modello circolare spesso riassunto nell’idea di scaricare il file, stampare, indossare, riciclare e ripetere il ciclo. Dalle prime collezioni prêt-à-porter stampate in FDM fino ai progetti digitali più recenti, Peleg immagina un futuro in cui i capi si ordinano come file, si stampano vicino all’utilizzatore e possono essere trasformati in nuovo materiale a fine vita. Il prototipo di denim stampato in 3D aggiunge a questa visione un tassello legato a una delle categorie di capi più diffuse al mondo: i jeans.


Prospettive: dal campione di tessuto al capo finito

Dal punto di vista tecnico, il passo successivo sarà estendere il processo oltre i campioni di laboratorio: studiare strutture più resistenti, valutare la durabilità meccanica del composito denim–TPU su cicli di uso e lavaggio, e capire se la stampa a pellet può supportare la produzione di capi completi, come giacche o pannelli di denim stampato da assemblare con elementi tessili tradizionali. Sarà altrettanto importante approfondire la valutazione del ciclo di vita di questo materiale rispetto al denim convenzionale: solo misurando consumo energetico, uso di acqua e scenari di fine vita si potrà stabilire se l’ibrido 3D rappresenta un reale avanzamento sul piano ambientale. Come già avviene per la stampa 3D applicata alle sneaker e agli accessori, il successo dipenderà dalla capacità di conciliare design, prestazioni e una circolarità verificabile.

{ "slotId": "", "unitType": "responsive", "pubId": "pub-7805201604771823", "resize": "auto" }

Di Fantasy

Lascia un commento