Microlattice in carbonio pirolitico “programmabili”: perché interessano l’ingegneria ossea
Un gruppo dell’IMDEA Materials Institute ha dimostrato che reticoli stampati in PEGDA con stereolitografia a risoluzione sub‑5 µm possono essere trasformati, tramite pirolisi in argon tra 500 e 900 °C, in strutture di carbonio pirolitico (PyC) con geometria preservata e contrazioni controllate. L’obiettivo è offrire scaffold per rigenerazione ossea con proprietà meccaniche, elettriche e chimiche modulabili semplicemente scegliendo la temperatura finale del trattamento.
Dal fotopolimero al PyC: processo in due fasi
La sequenza prevede: progettazione CAD del reticolo, stampa in PEGDA via stereolitografia (voxel <5 µm), carbonizzazione in atmosfera inerte con rampe di riscaldamento controllate. Durante la pirolisi, l’eliminazione di specie volatili induce un ritiro volumetrico che può arrivare al 70% senza causare collassi strutturali, grazie alla distribuzione uniforme delle sollecitazioni e alla densificazione progressiva del polimero in carbonio.
Contrazione e scala: ridurre le dimensioni per aumentare la risoluzione
Per spessori di trave progettati tra 15 e 150 µm, il ritiro varia dal 73% al 60% a 900 °C; per la stessa geometria, salire da 500 a 900 °C comporta un passaggio dal 50% al 60% di shrinkage. La riduzione dimensionale consente di ottenere dettagli più fini di quelli stampabili direttamente, sfruttando la pirolisi come “lente di riduzione”.
Temperatura come manopola: chimica superficiale contro rigidità
A 500 °C il PyC conserva molti gruppi ossigenati: la superficie resta più idrofilica e favorisce adesione e proliferazione delle MC3T3‑E1. A 900 °C la struttura si arricchisce di domini grafitici, il modulo elastico del materiale bulk sale fino a ~37 GPa e la conducibilità del reticolo raggiunge ~9 S/m; il comportamento osteoinduttivo migliora grazie a segnali meccano‑ed elettro‑dipendenti.
Porosità e architettura: imitare la spugna trabecolare
L’intervallo di 400–600 µm per i canali interconnessi riproduce bene la porosità dell’osso trabecolare, garantendo passaggio di fluidi e colonizzazione cellulare. Studi in vitro indicano che porosità elevate (70–80%) favoriscono proliferazione e differenziazione osteogenica.
Risposta cellulare: proliferazione precoce, differenziazione tardiva
Gli scaffold pirolizzati a 500 °C mostrano attività metabolica più alta, legata alla chimica superficiale ricca di ossigeno; quelli a 900 °C inducono la differenziazione osteogenica più marcata, sostenuta da maggiore rigidità e conducibilità. Gli autori evidenziano espressione dei marker ALP, Runx2, OCN e Col1A1 in funzione della temperatura.
Conduttività come funzione: stimolare il tessuto e leggere segnali
Il PyC conduce (ordine 10⁰–10¹ S/m per i reticoli) e può agire sia come elettrodo per stimolazioni mirate sia come parte attiva in sistemi di monitoraggio. La letteratura su EIS (electrical impedance spectroscopy) mostra che variazioni di impedenza consentono di seguire mineralizzazione e guarigione ossea in tempo reale, aprendo la strada a scaffold “sensorizzati”.
Funzionalità aggiuntive: rilascio controllato di agenti antimicrobici
Una superficie conduttiva permette di attivare processi elettrochimici a basso voltaggio per favorire il rilascio o la rigenerazione di rivestimenti antibatterici, strategia già discussa per biomateriali conduttivi. Integrare tale funzione ridurrebbe il rischio di infezioni post‑impianto senza ricorrere a dosi elevate di antibiotici sistemici. (Questa è un’estrapolazione applicativa basata su studi su biomateriali conduttivi e sull’effetto dell’elettrificazione nel controllo batterico.)
Chi c’è dietro il lavoro e quali aziende sono in gioco
Il progetto “3D‑CARBON” (Marie Skłodowska‑Curie PF 2023–2025) è coordinato dall’IMDEA Materials Institute con la supervisione di De‑Yi Wang e la partecipazione di Monsur Islam. Le misure e le caratterizzazioni hanno coinvolto strumenti Keyence e laboratori del Karlsruhe Institute of Technology. Sul fronte industriale, esistono già OEM che usano PyC in ortopedia: Integra LifeSciences (impianti MCP e PIP in PyroCarbon), Ascension Orthopedics (PIP joint approvato FDA), Smith & Nephew (impianto PIP in pyrocarbon). Queste esperienze mostrano che il materiale è già accettato clinicamente in articolazioni periferiche, elemento utile per un futuro trasferimento di tecnologia verso scaffold ossei “attivi”.
Prospettive: dalla piastra di Petri al paziente
Il passo successivo tipico per scaffold di questo tipo è la validazione in vivo su modelli animali e, in parallelo, la definizione di percorsi regolatori e accordi di licenza con produttori di dispositivi medici. Gli autori non riportano ancora risultati in vivo; l’architettura aperta e la conducibilità intrinseca suggeriscono però un potenziale per impianti monitorabili e “ricaricabili” dal punto di vista funzionale. (Questa è una deduzione a partire dai dati in vitro e dalle pratiche standard nel settore.)
