Mollo il lusso e stampo i gioielli in 3D
Diamanti in 3d. Non esistono ma l’idea di una start-up campana ci va molto vicino. E per capire di cosa stiamo parlando è bene cominciare dall’inizio. Questa storia è ambientata nella provincia di Caserta dove due fratelli esperti di oreficeria di alto livello si sono lanciati nel futuro: creando gioielli personalizzati e supporti per diamanti grazie alla stampa in 3d.
A realizzare la commistione tra artigianato, preziosi e gli innovativi sistemi tridimensionali sono Cristiano e Barbara Oppo, fratello e sorella che hanno fondato Quid: una piccola impresa situata all’interno dell’area artigianale Tarì (un grande polo di imprese artigiane che ruota attorno al gioiello) e specializzata nella realizzazione di bigiotteria.
Cristiano ha 45 anni ma al telefono l’entusiasmo tradisce l’età, perché il tono è quello di un ventenne fresco fresco di rientro dalla Maker Faire di Roma (la grande manifestazione dedicata agli artigiani digitali che si è conclusa poche settimane fa).
«Ci sono stato e sono rimasto entusiasta – spiega – Ho scoperto stampanti che possono modellare pasta di polvere di marmo e argilla, materiali che io non credevo fossero utilizzabili. Ma ho subito notato una cosa». E quale sarebbe? «Tutti i disegni che istruiscono le macchine per la stampa sono standard: invece il fulcro di un artigianato innovativo e unico sta proprio nella personalizzazione del progetto».
Il fondatore di Quid spiega di aver arruolato circa 6 persone per la sua start-up, tra cui un progettista che realizza disegni unici da dare in pasto alla stampa. Rompendo un tabù: il team campano, infatti, punta a creare modelli per supportare anche diamanti e pietre preziose. «Lo scopo è realizzare pezzi unici in cui unire pietre preziose ad elementi meno nobili che acquistano valore grazie all’unicità del disegno – spiega Cristiano – Fino a due anni fa ero il distributore nazionale di un’azienda di diamanti di Anversa ma poi la crisi e il cambiamento nei costumi ha fatto crollare gli affari».
Come sarebbe a dire il cambiamento di costume? Sta dicendo che un diamante non è più per sempre? «Bè, sì: oggi regalare una pietra preziosa e basta è considerato banale. Serve una personalizzazione ulteriore dell’oggetto».
Oggi il comparto oreficieria in Italia, nonostante la crisi interna dei consumi, è ancora trainante. Il settore conta circa 9 mila imprese per un fatturato complessivo, nel 2013, di 7,5 miliardi di euro (fonte: Federorafi). Merito delle esportazioni ma soprattutto del tocco creativo proprio del made in Italy che da sempre caratterizzerebbe anelli, collane, orecchini.
Oppo, però, ritiene che l’utilizzo del 3d serva a consentire una diffusione maggiore tra il pubblico di articoli unici. Non solo attraverso la stampa. Quid viene utilizzato come service anche da grandi aziende del gioiello che comprano i progetti o utilizzano la stampante di Oppo per stampare i propri disegni. A ciò si aggiunge la piattaforma di e-commerce che permette di vendere online, senza distributori, le creazioni dei fratelli campani.
Oppo avrà anche intercettato una nuova tendenza, ma la scelta di utilizzare l’artigianato tridimensionale ha anche ragioni economiche. «Grazie al 3d risparmiamo almeno il 30-40% dei costi per la progettazione e la creazione del gioiello, inoltre il tempo di produzione si riduce a un 1/3 rispetto a quello che occorrerebbe lavorando solo manualmente. Per non parlare del fatto che molte forme non sarebbero realizzabili dall’artigiano a mano». Un rivoluzione, certo. E una sfida a mantenere intatta la poesia di una Colazione da Tiffany (laser 3d permettendo).
di Barbara D’Amico da corriere.it