Stampa 3D in terra: la ricerca australiana che punta alle case sociali

La Swinburne University of Technology sta sviluppando un sistema di stampa 3D capace di realizzare elementi strutturali densi utilizzando terreno locale, fibre vegetali e altri materiali naturali, con l’obiettivo di offrire un’alternativa al calcestruzzo per l’edilizia sociale e accessibile in Australia. Il progetto nasce per rispondere alla forte carenza di alloggi a prezzi sostenibili e coinvolge un ecosistema di partner industriali e accademici che va da Luyten 3D alla University of New South Wales, insieme a knowledge holder indigeni che trasferiscono competenze tradizionali nella costruzione in terra verso processi digitalizzati di fabbricazione.

Un progetto finanziato dall’Australian Research Council

La ricerca rientra nei programmi Linkage dell’Australian Research Council (ARC), che hanno assegnato a Swinburne quasi 1 milione di dollari australiani per progetti industriali legati, tra l’altro, alla stampa 3D di abitazioni in terra. Il team guidato da Mohamed Gomaa sta lavorando a un sistema di estrusione robotizzato in grado di depositare miscele di terreno opportunamente ingegnerizzate, integrando fibre naturali attraverso un’estrusione multi-feed che consente di modulare la composizione del materiale durante la stampa. L’obiettivo è superare i limiti attuali della stampa 3D in terra e arrivare a una tecnologia standardizzabile e scalabile in ambito edilizio.

Affrontare un gap abitativo da oltre 600.000 case

Secondo le stime riportate dai ricercatori, entro il 2036 l’Australia potrebbe trovarsi con un deficit di oltre 600.000 alloggi sociali e a prezzi accessibili. La ricerca di Swinburne si concentra in particolare sulle aree regionali e remote, dove i costi di trasporto di materiali e manodopera rendono le soluzioni edilizie tradizionali ancora più onerose. In questi contesti, un sistema di stampa 3D basato su terreno locale e automazione robotica mira a ridurre drasticamente la logistica, contenendo costi di costruzione e tempi di cantiere. In parallelo, Luyten 3D lavora su soluzioni per rendere più economica la costruzione di abitazioni nei centri regionali e nelle comunità lontane dai grandi hub urbani, utilizzando sistemi di stampa 3D mobile su larga scala.

Perché usare la terra invece del calcestruzzo

Il progetto nasce anche da una considerazione ambientale: la produzione di cemento per il calcestruzzo pesa in modo rilevante sulle emissioni globali di CO₂. Utilizzare miscele a base di terra, opportunamente rinforzate e stabilizzate, permette di abbattere l’impronta di carbonio del singolo edificio, specialmente se il materiale proviene da scavi locali o da terreni disponibili in sito. La ricerca internazionale su miscele stampabili a base di terra mostra come sia possibile lavorare con materie prime locali – argille, sabbie, inerti – e combinare additivi naturali o a bassa impronta per ottenere resistenze meccaniche e durabilità compatibili con l’uso strutturale, mantenendo una logica di economia circolare.

Miscele di suolo, fibre vegetali e approccio circolare

Nel progetto ARC, Swinburne studia miscele di suolo rinforzato con fibre vegetali derivate da sottoprodotti agricoli, ad esempio canapa e lolla di riso. Questi rinforzi migliorano la resistenza a trazione e la durabilità degli elementi stampati, trasformando uno scarto agricolo in una risorsa per l’edilizia. Il sistema robotizzato è pensato per estrudere materiali ad alta densità, con una deposizione controllata che consente di ottimizzare geometrie e percorsi di stampa. In prospettiva, la combinazione di terra locale, fibre vegetali e automazione potrebbe garantire riduzioni significative dei costi e dei tempi di costruzione rispetto ai cantieri tradizionali, mantenendo prestazioni strutturali compatibili con le normative edilizie.

Dal laboratorio al dimostratore in scala reale

La fase di laboratorio ha già portato alla realizzazione di prototipi stampati in piccola scala, utili per validare composizioni, parametri di estrusione e strategie di rinforzo. Il passo successivo è la costruzione di un edificio dimostrativo in scala reale nello stato di Victoria. Questo dimostratore dovrà verificare non solo il comportamento strutturale delle pareti in terra stampata, ma anche la risposta agli agenti atmosferici, l’integrazione impiantistica, il comfort interno e le performance energetiche, fornendo una base di dati per future linee guida e percorsi di certificazione.

Il ruolo di Luyten 3D e dei partner industriali

Luyten 3D è uno dei protagonisti australiani della stampa 3D per l’edilizia e ha sviluppato sistemi di stampa mobile come la serie Platypus, pensati per la costruzione su larga scala. L’azienda ha lavorato a progetti che vanno dalle case stampate in calcestruzzo a soluzioni per insediamenti remoti e a concept per strutture lunari, in collaborazione con l’Università del New South Wales. L’esperienza sulle macchine e sulle miscele extrudibili per l’edilizia viene ora messa al servizio della ricerca Swinburne, con l’obiettivo di trasferire know-how dalla stampa in calcestruzzo a quella in terra, mantenendo automazione, precisione e velocità di cantiere.

Lib Work, WASP e la casa in terra stampata in Giappone

Un riferimento importante per la stampa 3D in terra è la Lib Earth House Model B in Giappone, realizzata da Lib Work in collaborazione con Arup e la tecnologia di stampa di WASP. Si tratta di una casa unifamiliare di circa 100 m², composta da pareti in terra stampata su cui si innesta una struttura lignea, con un mix composto in larga misura da terreno e sabbia, legato con calce idrata e fibre naturali. Le analisi pubblicate indicano una riduzione significativa delle emissioni di CO₂ per edificio, pur mantenendo la massima classe di resistenza sismica prevista in Giappone. La casa integra sensori ambientali nelle pareti, sistemi off-grid e la possibilità di smontare e restituire buona parte del materiale al suolo a fine vita, in una logica di costruzione circolare.

Un edificio comunitario in terra stampata in Tanzania

Un altro esempio è il community building di Hope Village, in Tanzania, progettato dallo studio internazionale Hassell insieme alla fondazione One Heart. L’edificio utilizza pareti in terra stampata in 3D per creare spazi sicuri e flessibili destinati all’accoglienza, all’educazione e al supporto di ragazze in condizioni di vulnerabilità. Il sistema costruttivo combina muri in terra stampata con una copertura lignea sviluppata con l’Institute for Advanced Architecture of Catalonia e ingegnerizzata da Eckersley O’Callaghan, formata da elementi in legno corti collegati tra loro e sostenuti da una spina centrale in acciaio, pensata per garantire ombreggiamento, ventilazione e durabilità in clima tropicale.

Ricerca sui materiali e prospettive future

Il lavoro di Swinburne si inserisce in un panorama di ricerca che esplora diverse vie per sostituire o ridurre il cemento nelle costruzioni. Alcuni gruppi lavorano su miscele di argilla, sabbia, fibre vegetali e biochar per ottenere materiali stampabili con resistenze compatibili con l’edilizia residenziale. Altri studi sperimentali analizzano combinazioni di materiali a base di terra, valutando lavorabilità in stampa, ritiro, resistenza e comportamento a lungo termine, con blocchi stampati in scala reale e test di durabilità.
Nonostante il crescente numero di dimostratori, la stampa 3D in terra deve ancora confrontarsi con norme e codici pensati per materiali tradizionali. Servono protocolli di prova specifici per durabilità, resistenza agli agenti atmosferici e interazione con sistemi impiantistici. Progetti come quello di Swinburne, la Lib Earth House giapponese o il community building di Hope Village contribuiscono a costruire una base di dati sulle prestazioni reali e sui costi lungo il ciclo di vita. Se queste evidenze saranno tradotte in linee guida e standard, la stampa 3D in terra potrà diventare una delle opzioni strutturate per affrontare il fabbisogno abitativo globale, a partire dall’edilizia sociale e dalle comunità più fragili.

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Di Fantasy

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