Integrazione di Materiali Morbidi e Rigidi con la Luce
Un gruppo di ricerca dell’Università del Texas ad Austin ha messo a punto una tecnica di stampa 3D capace di combinare, in un unico processo, aree con proprietà meccaniche flessibili e aree rigide, ispirandosi ai sistemi naturali (ad esempio l’articolazione dell’osso e della cartilagine). Il principio si basa sull’impiego di una resina liquida formulata ad hoc che reagisce in maniera differente a due colori di luce: alla luce violetta indurisce formando una struttura elastica simile a un elastomero, al di sotto di luce ultravioletta dà origine a un polimero duro paragonabile ai materiali plastici convenzionali.

Funzionamento del Doppio Irraggiamento Luminoso
La chiave del metodo è una molecola bifunzionale inserita nella resina, che consente alle reazioni di polimerizzazione, sia in configurazione “morbida” sia in configurazione “rigida”, di legarsi saldamente fra loro lungo l’interfaccia. In fase di stampa, un sistema a due sorgenti luminose indirizza selettivamente le diverse lunghezze d’onda sulle regioni desiderate, ottenendo transizioni di modulo elastico graduali quando necessario. Questo collegamento chimico fra entrambe le parti evita che si creino punti di debolezza al confine.

Dimostrazioni Pratiche su Modelli Biomeccanici ed Elettronici
Per validare la procedura, il team guidato da Zak Page ha realizzato un modello di articolazione del ginocchio umano, stampato in un solo blocco con componenti flessibili e rigidi in movimento sincrono, senza distacchi né rotture. Inoltre, è stato sviluppato un prototipo di circuito elettronico deformabile: un sottile filo d’oro, inserito in zone elastiche, si piega e si estende, mentre le aree rigide circostanti proteggono i percorsi sensibili.

Vantaggi per la Ricerca e l’Industria
Il sistema, pensato per essere semplice, rapido e a basso costo, apre prospettive in ambito accademico e industriale. Aziende come Stratasys e 3D Systems, attive nella manifattura additiva multi-materiale, stanno già esplorando soluzioni analoghe per ampliare l’offerta di dispositivi protesici, componenti biomedicali, sensori indossabili e parti per robotica morbida. Nel campo medicale, la stampa di modelli chirurgici personalizzati o di scaffold per l’ingegneria tissutale potrà sfruttare questa tecnologia per ottenere gradazioni di rigidità sulle stesse superfici.

Finanziamenti e Collaborazioni
La ricerca è stata finanziata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, dalla National Science Foundation e dalla Robert A. Welch Foundation, con ulteriori contributi di base dal Dipartimento dell’Energia statunitense e dalla Research Corporation for Science Advancement. Questo supporto ha permesso di sviluppare strumenti e protocolli in grado di funzionare con resine facilmente reperibili sul mercato e di integrare componenti fotoattive di varia natura, aprendo la strada a collaborazioni con centri di ricerca e produttori di materiali polimerici.

Confronto con Altre Tecniche Basate sulla Luce
L’approccio del team di UT Austin si inserisce in un contesto più ampio di strategie di stampa 3D controllate dalla luce. Al MIT, per esempio, è stata ideata una resina che, in base alla lunghezza d’onda, dà origine a supporti solubili o a strutture definitive, eliminando la necessità di rifiniture manuali. Parallelamente, già nel 2020 un altro gruppo dell’Università del Texas aveva proposto una formulazione panchromatica in grado di polimerizzare in quattro bande spettrali (violetto, blu, verde e rosso), sfruttabile anche per la stampa di materiali con cariche biologiche in ambito tissutale.


 

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Di Fantasy

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