Le auto stampate in 3D
fra sogni e realtà
La tecnologia offre enormi potenzialità ma è ancora molto costosa
Con le tecniche attuali si ricreano modelli fuori produzione da anni
Anche se l’idea è quanto meno affascinante, non è possibile stampare un’auto interamente in 3D come pezzo unico e le probabilità sono che non andremo dal concessionario a scegliere un modello digitale da farci stampare in 3D al momento per almeno i prossimi 50 anni.
Le potenzialità
Eppure la stampa 3D in campo automobilistico, oltre a essere utilizzata da più di dieci anni, ha un impatto gigantesco, è sempre più importante e ci permette di fare sempre più cose per migliorare le auto del futuro prossimo e venturo. E di sognare auto più leggere, più efficienti, più su misura per ognuno. Anche grazie a progetti mediaticamente esplosivi (per quanto poco pratici) come quello annunciato di recente di Local Motors. Proviamo quindi a fare chiarezza ripercorrendo la recente evoluzione della stampa 3D in campo automobilistico, giusto per capire quali possibilità esistono realmente senza farci trascinare in falsi entusiasmi con inevitabili e deprimenti ricadute sulla terra. Come molti ora sanno (a quanto pare è stata una delle notizie più lette – nel mondo ma soprattutto in Italia – da quando esiste la stampa 3D) Local Motors, una bellissima realtà americana di co-working, co-creatività e produzione delocalizzata attraverso la stampa 3D, ha annunciato lo scorso marzo che avrebbe stampato in 3D un’auto intera durante l’International Manufacturing Technology Show di Chicago a settembre. La notizia è letteralmente esplosa in Italia quando si è saputo che il design scelto è quello dell’italiano Michele Anoè che – giustamente – invece di lasciarsi andare a falsi entusiasmi, ha colto l’occasione per mettere in evidenza le crescenti carenze e i falsi miti del design italiano, ricco di creatività ma povero di possibilità reali.
Gli esempi di Ferrari, Ford e Ducati
La realtà è che tutti i principali processi di stampa 3D con i polimeri, SLA, FDM, Polyjet, SLS e – seppur in modo minore (per i maggiori costi) – anche quelli basati sui metalli e sulle leghe metalliche, sono già implementati nell’industria automobilistica da ben più di un decennio. Prototipi di componenti, motori, scocche vengono realizzati attraverso processi di prototipazione rapida (cioè la stampa 3D). La vera, grande novità di questi ultimi tempi è che ora la manifattura additiva (altro nome della stampa 3D) ha abbattuto i costi e raggiunto velocità di produzione tali da poter essere implementata sempre più spesso anche per piccole serie di parti, componenti e accessori destinati all’utilizzo finale. La Ferrari e la Ducati hanno in casa stampanti 3D di EOS e Stratasys, che usano tanitssimo – come tutti gli altri produttori – soprattutto nelle loro divisioni Racing. Nei suoi centri di additive manufacturing in USA ed Europa, Ford produce fino a 100.000 componenti stampati in 3D all’anno e la sua implementazione della stampa 3D per componenti finali in prototipi e concept car, risale addirittura al 2006, quando ha presentato la Ford GT Heritage Edition per il suo 100° anniversario (in pratica un passaggio di consegne dalla seconda rivoluzione industriale, quella della catena di montaggio a quella della manifattura additiva).
«Reverse Engineering»
Gran parte dei service di stampa 3D professionale in Italia e nel mondo sanno che il mondo automobilistico è il loro principale cliente – da diversi anni – e sorridono quando il pubblico si entusiasma perché per la prima volta sente parlare di auto stampate in 3D. Sanno anche, però, che non è possibile stampare un’intera auto in 3D e non lo sarà ancora per molte tempo, men che meno come pezzo unico. Quello che si può fare, però, è usare il «reverse engineering» (cioè la scansione 3D della forma dei componenti) per creare modelli, modellini e per restaurare o personalizzare auto d’epoca o comunque non più in produzione. In questo l’azienda americana C.Ideas è uno dei leader indiscussi. Lo scorso anno ha realizzato una replica perfetta di una Miller 91 del 1927 ma, cosa ancora più importante, ha realizzato un video in cui mostra esattamente come vengono implementati i quattro processi di stampa 3D principali: FDM, SLA, Polyjet ed SLS per creare i vari componenti.
Quest’anno, in occasione della fiera Rapid 2014 di Detroit, Mike Littrell, è addirittura arrivato al volante di una Lotus 340r, una concept car del 1998 di cui sono stati prodotti solo 340 esemplari, con più di 40 componenti ricreati via reverse engineering e stampati in 3D con nuovi materiali per essere ancora più performanti di quelli originali. «La stampa 3D è perfetta per ripristinare o modificare auto fuori produzione o modelli, ma solo perché è possibile produrre qualsiasi cosa con la stampa 3D non vuole dire che bisogna usare la stampa 3D per produrre tutto» – ha spiegato Littrell.
Stampare un paraurti? Costa 5 mila dollari
«Poco tempo fa un cliente mi chiesto quanto costerebbe stampare in 3D il paraurti di un maggiolino: a occhio e croce circa 5.000 dollari. Se non si tratta di uno di 5 maggiolini rari in edizione limitata è decisamente meglio comprarne uno usato dallo sfasciacarrozze» continua Littrell . Il progetto di C.ideas ha riscosso molto meno clamore mediatico di quello di Local Motors ma – nell’immediato – è quello che avrà le ripercussioni più importanti a livello industriale. Ma visto che al pubblico piacciono i progetti a lungo termine, ecco quali sono stati quelli più rilevanti. La prima auto «interamente» stampata in in 3D è stato il concept della URBEE. Non si tratta però di un esperimento in stampa 3D quanto di un esperimento in mobilità sostenibile. Jim Kor, l’uomo che l’ha ideata, voleva realizzare un’auto che consumasse così poco da poter essere ricaricata con dei pannelli solari in garage e due piccole taniche di gas per essere in grado di attraversare gli Stati Uniti. Ha usato la stampa 3D – per gentile concessione di Stratasys – perché era il metodo più rapido ed efficiente per creare un pezzo unico. «Quando si è saputo che avevo realizzato la scocca stampandola in 3D», ha raccontato Jim «abbiamo ricevuto un’attenzione mediatica pazzesca ma gli articoli su di noi sono passati rapidamente da «la prima auto con scocca stampata in 3D all’auto che usciva intera dalla stampante 3D con me dentro». La stampa 3D viene già usata in modo intensivo per altri simili progetti di mobilità sostenibile. Due piccole aziende olandesi di stampanti 3D, Ultimaker e Leapfrog, hanno fornito le macchine per realizzare gran parte dei componenti della vettura che l’università olandese Hogeschool Zuyd ha presentato per competere alla scorsa Shell Eco Marathon. Se invece volessimo proprio vogliamo andare a scoprire un bellissimo esercizio di fantasia automobilistica, il più affascinante è la EDAG Genesis, presentata allo scorso Salone di Ginevra: una scocca stampata in 3D come pezzo unico e studiata per adattarsi al guidatore così come il guscio di una tartaruga. Questo sì, sarà stampato come un pezzo unico ma ci vorranno ancora molte edizioni del Local Motors Design Contest per arrivare a produrlo davvero.
di Davide Sher da corriere.it