Da rifiuto minerario a muratura: Geo-Stitch tra Harvard e Autodesk

Nell’Autodesk Technology Center di Boston, due ricercatori della Harvard Graduate School of Design (GSD), Maddie Farrer e Chenming He, stanno trasformando cumuli di pietre di scarto provenienti dall’industria mineraria in potenziali elementi da costruzione. Il loro progetto, Geo-Stitch, utilizza la stampa 3D per “ricucire” blocchi di pietra irregolari con una malta estrusa da una stampante, sperimentando una forma di architettura che nasce direttamente dai rifiuti minerari.  


Appalachia, mining e il problema dell’overburden

L’intuizione di Maddie Farrer affonda nelle sue origini nel Kentucky, dove l’estrazione del carbone con metodo di mountaintop removal ha lasciato per decenni sul territorio enormi quantità di pietra di scarto (overburden). Intere creste montuose sono state esplose per raggiungere i giacimenti, con il materiale di copertura scaricato nelle valli sottostanti. Tra il 1985 e il 2015, questo tipo di attività in Appalachia ha contribuito a trasformare migliaia di chilometri quadrati di territorio e ad interrare centinaia di chilometri di corsi d’acqua. 


Geo-Stitch: usare la stampa 3D per “cucire” pietre irregolari

Il cuore di Geo-Stitch è semplice da descrivere e complesso da realizzare: invece di tagliare la pietra in blocchi regolari, il progetto propone di mantenere i massi nella loro forma naturale, usando la stampa 3D per riempire gli spazi vuoti tra un elemento e l’altro. La stampante deposita una malta lungo percorsi calcolati ad hoc, creando una sorta di “imbastitura” strutturale che tiene insieme la muratura disordinata di pietre di scarto. Alcune di queste arenarie si sbriciolano facilmente in sabbia e calce, componenti tipici di una malta, mentre i blocchi più compatti forniscono la resistenza strutturale.  


Il ruolo del Grinham Research Group alla Harvard GSD

Farrer e He sviluppano Geo-Stitch all’interno del Grinham Research Group della Harvard GSD, guidato dall’Associate Professor Jonathan Grinham. Il gruppo si concentra su metodi costruttivi a basso impatto ambientale, combinando scienza dei materiali, progettazione architettonica e tecniche digitali. Geo-Stitch esplora una domanda specifica: fino a che punto i rifiuti lapidei irregolari possono essere trasformati in pareti strutturali, se accoppiati a una malta stampata in 3D che ne colmi gli interstizi con percorsi controllati da software?  


Autodesk Technology Center di Boston: dal modello digitale al prototipo fisico

La fase di svolta per il progetto arriva con la Autodesk Research Residency al Technology Center di Boston, dove i ricercatori hanno accesso a una stampante 3D a portale per calcestruzzo prodotta da Build Additive. Fino a quel momento il lavoro era rimasto nel dominio di modelli digitali e render; la residenza offre invece la possibilità di testare il concetto a scala reale.  


Workflow digitale: scansione delle pietre e toolpath personalizzati

Per verificare il comportamento della malta intorno a geometrie irregolari, il team ha iniziato usando rocce raccolte localmente come riferimento geometrico, ma sostituite in fase di stampa da elementi in schiuma con la stessa forma. Le pietre vengono scansionate in 3D, i dati vengono tradotti in modelli digitali, e su questi vengono generati toolpath personalizzati che guidano la deposizione della malta. La miscela a base di cemento si indurisce in meno di 24 ore, ma richiede circa una settimana per raggiungere la piena resistenza meccanica. 


Robot e umani: un mestiere condiviso

Nella visione del gruppo, i robot assumono il compito di gestire gli aspetti più gravosi: sollevare pezzi pesanti, seguire traiettorie precise, ripetere cicli con accuratezza. Gli umani, invece, definiscono le strategie di progetto: come distribuire i massi, dove lasciare vuoti per cavedi, passaggi impiantistici o zone di isolamento, quali pattern di muratura valorizzano l’irregolarità della pietra. Questa distribuzione dei ruoli si inserisce in una più ampia tendenza della fabbricazione digitale in architettura, dove la progettazione computazionale e la robotica vengono usate per gestire complessità formali che sarebbero difficili da controllare con tecniche manuali tradizionali. 


Architettura del surplus: troppa pietra, non troppo poca

Un aspetto peculiare di Geo-Stitch è il suo modo di intendere la sostenibilità. In molti progetti di costruzione a basso impatto l’obiettivo è minimizzare la quantità di materiale utilizzato. Qui, invece, il punto di partenza è un surplus di pietra: milioni di tonnellate di scarti minerari accumulati in decenni di attività estrattiva. I ricercatori parlano di una vera e propria “architettura dell’abbondanza”, che non nasce da materie prime “pure”, ma dalla volontà di reimpiegare ciò che il sistema minerario considera un problema ambientale e logistico. 


Rifiuti minerari come risorsa edilizia: il quadro più ampio

Gli studi sulla valorizzazione dei rifiuti minerari in edilizia sono in crescita. Analisi bibliometriche recenti mostrano un aumento significativo di ricerche dedicate all’uso di tailings, scarti minerari e residui industriali nella produzione di malte, calcestruzzi, mattoni e materiali compositi per costruzioni, con attenzione sia alle prestazioni meccaniche sia alla riduzione dell’impatto ambientale complessivo. 

In parallelo, istituti come il CSIR-NIIST in India stanno sperimentando tecnologie per trasformare sabbie di fonderia esauste in mattoni e pavimentazioni, sfruttando leganti a base di cemento, calce e additivi polimerici. Questo conferma la tendenza a usare scarti minerali e industriali come ingredienti per nuovi prodotti edilizi, riducendo il ricorso a materie prime come argilla e ghiaia. 


Sfide tecniche: geometrie irregolari e gestione del cemento estruso

Lavorare con blocchi irregolari pone una serie di problemi tecnici. Il team Harvard–Autodesk non può limitarsi ai normali slicer sviluppati per la stampa 3D di forme regolari: è necessario sviluppare algoritmi dedicati che tengano conto di overhang, disallineamenti tra i “corsi” di pietre e percorsi di estrusione che aggirano spigoli e sottosquadri. Ogni pietra diventa un “dato” da integrare in un modello digitale, più vicino a un puzzle tridimensionale che a una muratura standard. 

Anche il materiale di stampa rappresenta una sfida. La malta cementizia è più difficile da controllare rispetto ai polimeri comunemente usati nella stampa 3D: viscosità, tempi di presa e di maturazione devono essere calibrati con grande attenzione. Una volta avviata l’estrusione, il team ha margini di manovra limitati: interrompere il processo significa rischiare discontinuità strutturali e difetti nel giunto tra pietra e malta.  


Dai prototipi alle applicazioni: mura, paesaggio e infrastrutture leggere

Per ora, i risultati di Geo-Stitch sono prototipi e segmenti di muratura che dimostrano la fattibilità del concetto: pareti sperimentali in cui le pietre di scarto, simulate da forme in schiuma, sono cucite da cordoli di malta stampata. La visione a lungo termine dei ricercatori è quella di riportare i massi del Kentucky nelle stesse vallate da cui sono stati rimossi, trasformandoli in muri di sostegno, infrastrutture leggere, elementi di paesaggio o porzioni di edifici progettati tenendo conto della loro origine. 

Per passare dalla fase di laboratorio all’impiego in cantiere serviranno però diversi passi: test strutturali controllati, definizione di procedure standard per la caratterizzazione dei rifiuti lapidei, verifica di durabilità e compatibilità con le normative edilizie. In questo senso, il lavoro del gruppo si inserisce in un panorama di ricerca applicata dove le tecnologie di construction 3D printing vengono via via collegate a temi di rigenerazione territoriale, recupero dei rifiuti e progettazione paesaggistica su larga scala.  


Una residenza che trasforma idee accademiche in strumenti per il settore

L’esperienza presso l’Autodesk Technology Center ha rappresentato per Farrer e He un punto di contatto tra il mondo accademico e quello industriale: la possibilità di usare una stampante 3D per calcestruzzo su larga scala, confrontarsi con altri residenti e integrare strumenti software e hardware avanzati ha trasformato Geo-Stitch da esercizio di design su carta in un sistema testato fisicamente. Questo tipo di residenza mostra anche come i centri di ricerca industriali possano diventare luoghi in cui architettura, ingegneria dei materiali e sostenibilità vengano sviluppate in modo congiunto.  


Verso un nuovo uso dei rifiuti di miniera

Geo-Stitch non propone semplicemente un “mattone alternativo”, ma un metodo costruttivo in cui la forma del muro nasce dalla combinazione tra la geometria caotica dei rifiuti minerari e la precisione di un sistema robotico di stampa 3D. In un contesto in cui la transizione energetica rimette in discussione la dipendenza dal carbone, progetti come questo pongono un ulteriore interrogativo: come reintegrare nei paesaggi minerari materiali che, altrimenti, rimarrebbero a lungo fonte di impatti ambientali?

 


 

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Di Fantasy

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