Introduzione al progetto di Northumbria per nuovi materiali da costruzione
La Northumbria University di Newcastle ha ottenuto un finanziamento di oltre 250.000 € nell’ambito delle Marie Skłodowska-Curie Actions dell’Unione Europea, destinato allo sviluppo di materiali sostenibili per il 3D printing nel settore edile. L’obiettivo principale è sostituire il tradizionale cemento Portland con geopolimeri attivati mediante scarti industriali e agricoli, riducendo così le emissioni di CO₂ e valorizzando rifiuti quali cenere volante, scorie d’altoforno e residui colturali.

Team di ricerca e ruoli principali
Il gruppo è coordinato dall’Associate Professor Keerthan Poologanathan del Dipartimento di Ingegneria Civile, con il supporto di Dr. Vikki Edmondson e Dr. Mohammadali Rezazadeh. Il cuore sperimentale del progetto è affidato a Dr. Jyotirmoy Mishra, ricercatore post-doc arrivato a Newcastle grazie alla borsa MSCA. La collaborazione coinvolge inoltre il produttore di stampanti Luyten 3D e l’azienda britannica ChangeMaker 3D, fornitrici della tecnologia di stampa robotizzata utilizzata nei test.

Sviluppo di geopolimeri estrudibili per stampa robotizzata
Il progetto intende formulare nuovi impasti geopolimerici caratterizzati da un’elevata estrudibilità, idonei per le stampanti 3D in uso nel laboratorio strutturale della Northumbria. I parametri in fase di studio includono:

  • Tempi di indurimento: definire l’intervallo ottimale tra estrusione e consolidamento delle strutture create.

  • Flusso e lavorabilità: calibrare la consistenza dell’impasto per evitare ostruzioni negli ugelli e garantire superfici regolari.

  • Resistenza alla compressione: confrontare le prestazioni meccaniche dei geopolimeri con quelle del calcestruzzo tradizionale.

  • Microstruttura e durabilità: analisi al microscopio per valutare porosità, fessurazioni e comportamento nel lungo periodo.

A completamento degli studi sperimentali, il gruppo condurrà una valutazione del ciclo di vita (LCA) delle formulazioni, in modo da quantificare con precisione i risparmi di carbonio e identificare eventuali criticità ambientali legate alla fase di produzione degli attivatori.

Risorse alternative per l’attivazione dei geopolimeri
Gli attivatori scelti provengono da rifiuti di processi industriali e agricoli, come cenere derivata dalla combustione di carbone, scorie d’altoforno e residui di lavorazione agricola (per esempio, bucce di semi oleosi). Questi sottoprodotti fungono da fonte di silice e allumina necessaria per la geopolimerizzazione, consentendo di ridurre drasticamente la quota di leganti convenzionali e, di conseguenza, le emissioni di CO₂ legate alla loro produzione.

Impatto atteso sul settore delle costruzioni
L’impiego di geopolimeri a base di scarti mira a:

  • Ridurre i costi di materia prima, impiegando materiali a basso prezzo e largamente disponibili.

  • Diminuire l’impronta carbonica dell’edilizia, settore responsabile di una quota significativa delle emissioni globali.

  • Innovare le tecniche di costruzione, grazie alla stampa 3D robotizzata che permette forme complesse, geometrie ottimizzate e potenziale risparmio di materiale.

  • Creare soluzioni adatte a realizzazioni rapide in siti di difficile accesso o in contesti di emergenza.

Prospettive e prossimi passi
A partire dall’infrastruttura di stampa installata lo scorso anno nel laboratorio strutturale di Northumbria, il team intende estendere le sperimentazioni a elementi di piccole e medie dimensioni, per poi passare gradualmente a prototipi di componenti architettonici e strutturali. L’obiettivo finale è trasferire i risultati in applicazioni industriali, aprendo la strada a collaborazioni con imprese di costruzione e fornitori di materiali.


 

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Di Fantasy

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