Inchiostri termolettrici “guidati” dall’AI: stampa 3D a estrusione con zT = 1,3 a temperatura ambiente

Sfruttando modelli di machine learning e ottimizzazione bayesiana, un team della University of Notre Dame ha messo a punto inchiostri a base di bismuto‑antimonio‑tellurio (BiSbTe) che, stampati per estrusione, raggiungono un indice di merito zT pari a 1,3 a temperatura ambiente. Il lavoro indica una via praticabile per dispositivi termolettrici conformabili e a geometria complessa.


La conversione diretta calore‑elettricità dei materiali termolettrici è attraente per il recupero di calore disperso e per la refrigerazione a stato solido, ma spesso si scontra con due barriere: processi di fabbricazione costosi e vincoli di geometria che limitano la resa del sistema sulle superfici reali di scambio termico. Un gruppo della University of Notre Dame ha presentato oggi una dimostrazione coerente di stampa 3D a direct ink writing (DIW) di materiali BiSbTe in cui formulazione dell’inchiostro e parametri di stampa vengono co‑ottimizzati con Gaussian Process Regression e ottimizzazione bayesiana sotto vincoli di “stampabilità”. Il risultato rivendicato è un zT = 1,3 a temperatura ambiente, ad oggi tra i valori più elevati riportati per materiali termolettrici stampati.


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Le prestazioni dei termolettrici sono riassunte dal parametro adimensionale zT = S²σT/κ (Seebeck S, conducibilità elettrica σ, conducibilità termica κ, temperatura T). Incrementare zT richiede alzare il power factor (S²σ) e, in parallelo, ridurre κ. A livello di materiali, sistemi basati su Bi2Te3 (e derivati con Sb/Te) dominano la fascia di temperatura prossima all’ambiente; sul fronte processi, le tecniche tradizionali (hot pressing, spark plasma sintering, zone melting) offrono buone proprietà ma generano semilavorati massivi da cui ricavare i moduli con lavorazioni aggiuntive, difficili da adattare a forme complesse. La stampa a inchiostro (screen printing, aerosol jet, DIW) ha aperto l’ipotesi di geometrie conformabili e reticolari, ma con zT mediamente più bassi. In questo quadro, la proposta Notre Dame tenta il salto di qualità puntando su inchiostri acquosi altamente caricati e su un percorso di co‑ottimizzazione guidato dai dati.


Novità
Il contributo è duplice:

  1. Metodo di sviluppo: un workflow che combina esperimenti ad alto rendimento con modelli GPR (per prevedere il power factor) e SVM come vincoli di stampabilità (uniformità del filamento e rugosità sotto soglia), il tutto orchestrato da un ciclo di ottimizzazione bayesiana. L’idea è “navigare” in modo efficiente uno spazio a quattro variabili: due di formulazione (carico particellare e concentrazione di additivo reologico) e due di stampa (passo tra filamenti e standoff ugello‑substrato).
  2. Risultato prestazionale: sotto condizioni ottimali, gli inchiostri BiSbTe stampati e sinterizzati mostrano zT = 1,3 intorno alla temperatura ambiente e power factor ~3.000 μW·m⁻¹·K⁻², collocandosi al vertice tra i termolettrici ottenuti con processi ink‑based. La dimostrazione include la stampa di architetture 3D (tubi inclinati a 60°, reticoli esagonali, spirali multistrato) utili per aderire a superfici curve e massimizzare area/volume.

Dettagli tecnici

Formulazione degli inchiostri

  • Sistema attivo: particelle BiSbTe (fase principale Bi_{0,4}Sb_{1,6}Te_3), con aggiunta di tellurio elementare in tracce: il Te fonde a temperatura inferiore rispetto a BiSbTe e funge da “liquid phase” transitoria che migliora il necking tra grani durante la sinterizzazione.
  • Veicolo: acqua deionizzata con xanthan gum come modificatore reologico; l’additivo trasforma la sospensione da liquido a inchiostro viscoelastico con comportamento shear‑thinning e soglia di snervamento sufficiente a mantenere le forme dopo l’estrusione.
  • Carico solido e additivo: soluzione ottimizzata a 83% in peso di particolato e 0,5% in peso di xanthan gum; questa coppia bilancia densità finale (e quindi σ) e porosità (che penalizza sia σ sia integrità meccanica).

Parametri di stampa e post‑processo

  • Punta: ago 18G (diametro interno 1,54 mm); letto a 40 °C; velocità di avanzamento 2 mm/s; substrato Kapton. Lo standoff ottimale individuato è 1,0 mm, con passo filamenti 1,4 mm.
  • Essiccazione e densificazione: asciugatura 200 °C/1 h in atmosfera inerte per rimuovere acqua e additivo; pressatura uniassiale fino a 25 MPa; sinterizzazione 450 °C/90 min in tubo sotto gas inerte. In alternativa si è valutata anche una trattamento HIP, che ha prodotto proprietà comparabili conservando meglio alcune geometrie; gli autori mostrano un confronto diretto tra i percorsi di post‑processing.
  • Microstruttura: riduzione della porosità dall’ordine di ~12% a ~5% con le condizioni ottimali; segregazione di Te lungo i grain boundary, osservata via SEM/EDS, coerente con l’ipotesi di connessione elettrica migliorata.

Modelli e ottimizzazione

  • Obiettivo: massimizzare il power factor (proprietà target) rispettando due vincoli di qualità (filamento continuo e rugosità contenuta).
  • Modelli: GPR per prevedere il power factor e SVM per definire le regioni ammissibili; i due modelli alimentano un ciclo di ottimizzazione bayesiana che suggerisce i punti sperimentali più informativi. Con dataset piccoli (decine di campioni) la scelta GPR/SVM è adatta perché modella l’incertezza e guida il trade‑off tra proprietà e stampabilità.
  • Variabili ottime: carico 83%xanthan 0,5%standoff 1,0 mmpasso 1,4 mm. I test mostrano Seebeck che cresce leggermente con la temperatura (max ~259 μV/K tra 60–80 °C) e power factor vicino a 3 mW·m⁻¹·K⁻² a 20–25 °C.

Implicazioni e impatto

Geometrie e accoppiamento termico
Dispositivi a geometria conforme — tubi inclinati, reticoli cavi, superfici avvolgenti — possono migliorare lo scambio termico con sorgenti reali (tubi di scarico, cold‑plate curvi, involucri elettronici), riducendo le resistenze parassite che affliggono le celle planari rigide. La DIW offre margini per spessori variabili, area/volume ottimizzata e integrazione con supporti o dissipatori stampati. Il risultato zT non scende a compromessi con la forma, condizione necessaria per passare da dimostratori planari a generatori/raffreddatori conformabili.

Processo “ink‑based” vs percorsi tradizionali
Il fatto di partire da polveri e trasformarle in corpi funzionali tramite inchiostri acquosi riduce sprechi e lavorazioni meccaniche post‑sinterizzazione. Rispetto a tecniche come spark plasma sintering o hot pressing su compatti massivi, la DIW evita la catena “pezzo massivo → taglio → assemblaggio” e può ridurre significativamente tempo e costo per unità, specialmente quando la forma è parte della prestazione. L’uso di acqua come veicolo elimina solventi organici costosi e limita impurità residue che degradano σ e S.

Governance dei parametri
Il collo di bottiglia tradizionale degli inchiostri termolettrici è il compromesso: più carico solido → più σ, ma stampabilità peggiore; più additivo reologico → migliori forme, ma più porosità. La formalizzazione con vincoli SVM costringe l’ottimizzatore a “restare” in una zona di qualità geometrica, rendendo ripetibili i risultati e accorciando la fase di tuning “a tentativi”. Questo approccio è trasferibile ad altre classi di inchiostri funzionali, non solo ai termolettrici.

Limiti e sfide

  • Affidabilità di lungo periodo: la porosità residua e la stabilità ai cicli termici (espansione differenziale, creep) vanno caratterizzate su provini e dispositivi completi; la segregazione di Te ai grain boundary è un’arma a doppio taglio e richiede studi di invecchiamento.
  • Scalabilità del throughput: la DIW è modulare ma lenta rispetto a processi per film sottili o nastri; per applicazioni di raffreddamento localizzato e energy harvesting diffuso la produttività può comunque essere sufficiente, specie se si sfruttano testine multiple.
  • Integrazione di modulo: realizzare coppie p‑/n‑type, contatti a bassa resistenza e barriere termiche resta un tema; lavori paralleli mostrano strategie per inchiostri n‑type (ad es. Ag_2Se) e moduli stampati, ma la piena integrazione richiederà sviluppo congiunto di materiali, metallizzazione, packaging.

Prezzi e disponibilità
Non si tratta di un prodotto commerciale ma di un metodo e di una ricetta di inchiostro documentati in open access. Il paper riporta ingredienti standard (polveri commerciali di BiSbTe e Te, xanthan gum, acqua) e parametri di processo riproducibili in un laboratorio con DIW. La disponibilità di materiali non è un problema; servono però strumenti di caratterizzazione (rheometer, SEM/EDS, misure termiche) per replicare zT e power factor.


Confronto/alternative

  • Screen printing / aerosol jet: tecniche di “ink‑based” mature, utili per film e pattern planari. In letteratura i zT stampati sono in media inferiori a 1 a temperatura ambiente; il lavoro Notre Dame colma il gap grazie a formulazione acquosa ad alto carico e ottimizzazione ML.
  • Processi massivi (SPS/hot press): massimizzano la densità e spingono le proprietà intrinseche, ma sacrificano forma e conformabilità; la catena di lavorazioni aggiunge costo e spreco di materiale.
  • Approccio ISTA/Science: un filone distinto ha dimostrato moduli termolettrici stampati e cooler funzionanti, segnalando avanzamenti sul lato dispositivo; il lavoro qui discusso interviene più a monte, sulla ricetta d’inchiostro e sulla co‑ottimizzazione di processo, con zT competitivo per BiSbTe a temperatura ambiente.

Conclusione
Il lavoro della University of Notre Dame mostra che l’accoppiata inchiostri acquosi ad alto carico + ottimizzazione guidata da ML può superare il tradizionale compromesso tra prestazioni e stampabilità nei termolettrici. Avere zT = 1,3 da un corpo stampato e non da un compatto massivo sblocca scenari in cui la forma è parte della funzione: generatori conformabili per recupero calore su tubazioni e carter, raffreddamento localizzato di elettronica, sistemi ibridi con reticoli a scambio intensificato. Il percorso di trasferimento tecnologico passa ora per tre passi concreti: (1) replicabilità del processo su piattaforme DIW diverse, (2) integrazione p/n e contattazione a bassa resistenza in moduli completi, (3) qualifica su cicli termici e invecchiamento che mappino la stabilità di microstruttura e interfacce. La metodologia — non solo il materiale — è l’elemento esportabile: la stessa architettura GPR + SVM + BO può accelerare lo sviluppo di inchiostri per funzionali diversi (conduttivi, dielettrici, magnetici), avvicinando la progettazione di materiale e processo alla geometria che servirà sul pezzo finale

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Di Fantasy

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