La stampa 3D ucciderà il copyright? Dibattito a New York
Meravigliose possibilità di riprodurre in casa ogni oggetto. Ma anche un impatto imprevedibile sull’economia e i diritti di chi crea
Meraviglia e dibattito animano in questi giorni l’Inside 3D Printing Conference di New York. Meraviglia per i progressi della stampa 3D che permette la scansione e la riproduzione di qualsiasi oggetto o figura solida; dibattito per il possibile impatto sulla proprietà intellettuale e quindi sull’economia.
L’avvocato John Hornick, esperto in materia, sul punto è stato piuttosto drastico: “L’IP (Intellectual Property, ndt) sarà ignorato e sarà impossibile o impraticabile farlo rispettare”. L’ariete che farà crollare il già vacillante baluardo del copyright, secondo Hornick, sarà l’industria dei giocattoli. I ragazzini potranno accedere ai file CAD con tutte le specifiche di progettazione dei loro giochi preferiti sui siti peer-to- peer , come Pirate Bay, esattamente come oggi si scarica un film o una canzone. Oppure, con il veloce progredire della tecnica e l’abbassamento dei prezzi, useranno la tecnologia di scansione disponibile su dispositivi con sensori di movimento Kinect di Microsoft, per la scansione di un oggetto, caricarlo in un file CAD e poi crearlo grazie a una stampante 3D, acquistabili ormai a costi inferiori ai 2000 dollari, magari personalizzato.
C’è già chi fa i soldi con questa possibilità di personalizzazione: Il servizio di “D-Tech-Me” in uso presso gli Hollywood Studios della Disney, permette ai visitatori di pagare 100 dollari per essere analizzati e ottenere un personaggio del film Star Wars a loro immagine, sia esso una principessa Leia o un cavaliere Jedi.
Peer Munck, consulente del Liberty Group Advisor, teme a questo proposito quel che definisce come Napsterizzazione del settore della stampa 3D. Il riferimento è al più popolare sito di scambio di file Mp3 della storia dell’informatica, Napster. Fondato nel 1999, contagiò milioni di pc e convinse le case discografiche ad “armarsi” per difendere il diritto d’autore e i loro guadagni. Napster chiuse, ma lo scambio di file no, e la battaglia prosegue. Munck teme una identica estremizzazione.
Ma c’è anche chi sogna un percorso diverso. Melba Kurman, esperta di stampa 3D e un analista di tecnologia, ricorda con amarezza le scelte draconiane fatte sul caso Napster, ma non nega lanecessità di far valere la proprietà intellettuale in nuove forme, su cui il governo sarà chiamato a legiferare. Non dovrebbe farsi portavoce, tout-court, delle istanze di alcuni lobby industriali, ma mediare. Gli americani, si sa, non sottovalutano mai le prospettive di profitto e di commercio.
A livello microeconomico, per esempio, ogni consumatore potrà acquistare una stampante 3D e realizzare prodotti personalizzati, o copiare quelli esistenti, dall’abbigliamento agli utensili da cucina a opere d’arte come un Van Gogh . La stampante farà tutto. E sebbene la qualità di una stampante 3D consumer non possa tipicamente soddisfare la qualità di un prodotto realizzato industrialmente, la tecnologia sta migliorando rapidamente.
Se ci si sposta su una scala di affari industriale, occorre considerare che la nuova tecnologia abbatterebbe alcuni costi di produzione, riportando in loco molti processi produttivi oggi decentrati, risparmiando sui trasferimenti dei pezzi da un continente a un altro.
Ma altri scenari sono ipotizzabili: “Le vendite future potrebbero riguardare i disegni e non i prodotti”, ha spiegato l’avvocato Hornick, prevedendo “gravi perturbazioni dei modelli tradizionali di produzione, distribuzione e vendita al dettaglio”. Per esempio, si potrebbe stampare presso il punto di distribuzione e avere la stampa in tempo reale”. Una soluzione che farebbe risparmiare fastidi e costi di trasporto dei materiali (e come al solito anche migliaia di posti di lavoro che vivono di questo), e anche, soprattutto per il trasporto su gomma, dannose emissioni di CO2.
Idea arcadica della nuova tecnologia, che potrebbe scontrarsi con la disposizione del pubblico. James Malackowski, CEO della Ocean Tomo, azienda che fornisce prodotti e servizi finanziari relativi a servizi IP, ricerca e investimenti, immagina un giorno in cui di ritti d’ingegno sulla stampa 3D possano essere commercializzato come accade oggi in altri settori, eppure…
Tyler Benster, cofondatore di Azavy, un negozio online per gli oggetti 3D stampati tramite crowdsourcing, ha sperimentato nei suoi primi giorni di attività che le persone non si aspettano di pagare molto per i piani di stampa on-line.
“Oggi la comunità ottiene disegni gratis”, ha detto Benster, così non si aspettano di pagare molto se i piani hanno un prezzo.
“Penso che per evitare che la Napsterizzazione del settore – è l’idea del fondatore di Azavy – occorre facilità d’uso e la veloce possibilità di trovare la soluzione specifica cercataonline”, come avviene su Pirate Bay. E un altro livello su cui i servizi a pagamento possono competere è la selezione dei progetti, escludendo i molti file dilettanteschi e brutti che intasano l’offerta libera attuale.
Non manca la franchezza a Benster, quando cita senza mezzi termini il concorrente Thingiverse, sito web che facilita la condivisione di file di progettazione digitali creati dall’utente dove molti disegni che non sono stampabili e soo stati progettati da persone che non dispongono di stampanti 3D.
Ma anche per prodotti di qualità, i prezzi non dovrebbero superare i due dollari.
E a questo punto, sorge un altro problema: chi è responsabile per progetti potenzialmente pericolosi?
Tante legittime domande, in un laboratorio che, lungi da fanatiche semplificazioni ed entusiastiche crociate, marcia sulla via di uno sviluppo cui sarà impossibile mettere un freno, ma si può almeno dare un sistema di guida. Salvando la meraviglia, i giusti diritti della creatività e del lavoro (un file Cad non è un prodotto banale), le nuove frontiere della innovazione e della collaborazione online.
CLAUDIO LEONARDI da lastampa.it