Studio su PA11 in FFF: meno warping con carbone di bambù e fibra di vetro
Perché il PA11 è interessante (e perché in FFF può dare problemi)
La poliammide 11 (PA11, “nylon 11”) è un tecnopolimero semicristallino che si colloca tra i materiali più interessanti per parti funzionali: buona resistenza meccanica, tenacità e comportamento utile in molte applicazioni ingegneristiche. Una parte della sua attrattiva sta anche nell’origine: alcuni gradi di PA11 sono ottenuti da filiere bio-based legate all’olio di ricino (castor oil), e questo lo rende appetibile per chi cerca alternative a polimeri totalmente fossil-based. In stampa 3D FFF/FFF, però, la cristallinità e la dinamica di ritiro durante il raffreddamento possono favorire deformazioni (warping/warpage), soprattutto su geometrie con spigoli e basi ampie, con impatto su planarità, tolleranze e ripetibilità.
Obiettivo della ricerca: controllare il ritiro senza sacrificare prestazioni e sicurezza al fuoco
Lo studio “Bio-derived PA11/bamboo charcoal/glass fibre composites for fused filament fabrication, warpage control, strength and flame retardancy” (Kaveh Rahmani, Callum Branfoot, Mahdi Bodaghi) affronta il problema con un’impostazione pratica: costruire una “libreria” di compositi basati su PA11 caricati con carbone di bambù (BC) e, in alcune formulazioni, con fibra di vetro (GF), per capire come cambiano deformazione, bagnabilità superficiale, risposta termo-meccanica, infiammabilità e proprietà meccaniche tra 23 °C e 90 °C. L’idea centrale è che BC (bio-derivato e “char-forming”) e GF (rinforzo consolidato per rigidità/stabilità dimensionale) possano agire in modo complementare: il primo come contributo a barriera/char e possibile modifica della superficie/energia superficiale, il secondo come scheletro strutturale e stabilizzante.
Chi ha svolto il lavoro e quali realtà industriali compaiono
Gli autori indicano affiliazioni tra Nottingham Trent University (Regno Unito) e NCC – National Composites Centre (Bristol, Regno Unito). Sul lato materiali, il lavoro cita esplicitamente Arkema (Francia) per un grado commerciale di PA11 della famiglia Rilsan®, utilizzato come matrice bio-based. Per la filiera di laboratorio legata all’estrusione del filamento e alla stampa, compaiono attrezzature come Filabot (estrusore per filamento) e la piattaforma di stampa Original Prusa (Prusa Research).
Materiali e formulazioni: BC fino al 5% e GF al 30%
La sperimentazione include PA11 “vergine” e una variante PA11 già caricata con 30% in peso di fibra di vetro; su queste basi gli autori aggiungono carbone di bambù con percentuali tra 0 e 5% in peso, arrivando anche alla formulazione ibrida (quella che poi risulta più efficace sul warping) con 3% BC + 30% GF. L’impostazione è utile perché mette a confronto: (1) l’effetto del solo BC, (2) l’effetto del solo GF (al 30%), (3) l’effetto della combinazione BC+GF.
Preparazione dei compound e del filamento: asciugatura, miscelazione e estrusione
Per limitare l’influenza dell’umidità—tema particolarmente importante con le poliammidi—gli autori asciugano i pellet in forno a 80 °C per 12 ore prima della compounding. La miscelazione avviene con un approccio “da laboratorio” (mulino a sfere/ball milling) e il filamento viene estruso con un sistema Filabot. Questo passaggio è cruciale perché, in FFF, la costanza dimensionale del filamento e la dispersione omogenea degli additivi (particelle di BC e fibre di vetro) condizionano sia la qualità di estrusione in stampa sia la ripetibilità dei risultati.
Set di stampa: piattaforma Original Prusa e parametri orientati alla stabilità
Per le prove di stampa viene usata una Original Prusa (serie MK) e parametri che puntano a stabilizzare deposizione e adesione: temperatura ugello elevata (tipica per PA11), piano riscaldato e infill pieno nei provini. In generale, con poliammidi e compositi rinforzati, l’accoppiata tra temperatura del letto, adesione al piano e gestione del raffreddamento resta determinante per ridurre gradienti termici e ritiro differenziale.
Risultato chiave: da 3,81 mm a ~0,1 mm di sollevamento agli angoli
Il dato più immediato riguarda la deformazione misurata come sollevamento (corner lift) / warpage: il PA11 di riferimento arriva a 3,81 mm, mentre con 3% di BC scende a 2,58 mm. Il salto vero avviene con la formulazione ibrida PA11 + 3% BC + 30% GF, che porta il valore a circa 0,1 mm, indicato come una riduzione del warping nell’ordine del 97%. In pratica, il rinforzo in fibra di vetro “irrigidisce” e stabilizza, mentre il carbone di bambù contribuisce con meccanismi di barriera/char e con effetti microstrutturali e superficiali che la ricerca interpreta come parte della sinergia.
Cosa si vede nella microstruttura: particelle di BC e fibre come armatura
Le osservazioni microstrutturali (SEM) riportate dagli autori mostrano la presenza delle particelle di carbone di bambù all’interno della matrice e le fibre di vetro come rinforzo portante. Dal punto di vista meccanico e dimensionale, questo supporta l’interpretazione: le fibre forniscono un “telaio” ad alta rigidità, mentre la matrice e il filler particellare contribuiscono a modulare il comportamento termico e la formazione di strati/char in caso di fiamma, oltre a influenzare bagnabilità e interazione con l’umidità.
Bagnabilità: aumento dell’idrofobicità e implicazioni pratiche
Il lavoro misura l’angolo di contatto dell’acqua come proxy della bagnabilità: la formulazione ibrida mostra un incremento (nel resoconto divulgativo si passa da ~62° a ~78°). Per componenti in PA11 stampati in FFF, questo punto è interessante perché le poliammidi sono note per l’assorbimento di umidità e per la sensibilità alle condizioni ambientali (sia prima della stampa sia in esercizio). Un aumento dell’idrofobicità superficiale non “cancella” l’assorbimento del bulk, ma può contribuire a rendere la superficie meno “bagnabile”, con possibili effetti su stabilità dimensionale e comportamento in ambienti umidi (da valutare caso per caso, perché dipende da geometria, finitura e condizioni d’uso).
Comportamento al fuoco: LOI 29,1% e miglioramento UL 94 fino a V-2
Sul fronte sicurezza al fuoco, lo studio usa più prove: LOI (Limiting Oxygen Index) e classificazione UL 94 (oltre a test calorimetrici). Il dato riportato per l’ibrido PA11/3% BC/30% GF è LOI 29,1%, con un miglioramento UL 94 fino a V-2, mentre il PA11 “puro” resta senza classificazione nel contesto del test descritto dagli autori. In termini semplici, l’oxygen index esprime la minima concentrazione di ossigeno in una miscela O₂/N₂ che “sostiene” la combustione in condizioni di prova; più è alto, più la combustione è difficile da mantenere. La classe UL 94 V-2 (vertical burn) consente gocciolamento di particelle in fiamma ma richiede l’estinzione entro tempi definiti: è un gradino “base” nella scala V (sotto V-1 e V-0).
Perché BC+GF può aiutare: barriera, char e limitazione della diffusione di ossigeno/heat flow
Gli autori attribuiscono parte del miglioramento al formarsi di uno strato di char più compatto e continuo (favorito dal carbone di bambù) che agisce da barriera termica e fisica, mentre la fibra di vetro contribuisce come rinforzo inerte e come supporto alla struttura del residuo carbonioso. In parallelo, si osserva un calo della velocità di combustione orizzontale fino a valori indicati nell’ordine del -61,9% rispetto al PA11 di riferimento. Questo non significa “materiale ignifugo” in assoluto: significa che, nelle condizioni di prova, la combinazione di additivi sposta in meglio gli indicatori scelti e rende più difficile sostenere la fiamma.
Proprietà meccaniche: resistenza e modulo, anche a temperatura elevata
Sul piano meccanico, la formulazione ibrida arriva a una resistenza a trazione (UTS) di 76,5 MPa e a un modulo elastico di 7,85 GPa a 23 °C. A 90 °C i valori scendono (come atteso per un termoplastico) ma restano significativi: 39,8 MPa e 2,55 GPa per UTS e modulo, rispettivamente. Il punto rilevante qui è la “tenuta” della rigidezza a temperature di servizio più alte: la fibra di vetro tende a ridurre la perdita di modulo con l’aumento di temperatura, e l’assetto microstrutturale del composito può aiutare a mantenere prestazioni più stabili rispetto a una matrice non rinforzata.
Flessione e altri indicatori: l’idea del trade-off (stiffness/strength vs toughness)
Il lavoro discute anche prove di flessione, impatto e durezza, inquadrandole nel classico trade-off dei compositi: aumentando rigidità e resistenza con fibre e filler si rischia di perdere parte della tenacità, e la stampa FFF aggiunge variabili come anisotropia tra strati e qualità della saldatura interlayer. Il valore operativo del lavoro sta nel fatto che non si limita a un singolo numero, ma propone un set di dati su più temperature e su più modalità di carico, utile per ragionare su applicazioni reali (ad esempio componenti che lavorano vicino a fonti di calore o in ambienti variabili).
Meta-strutture “Meta-Bio-Composite”: quasi zero stiffness e forza quasi costante
Oltre ai provini standard, gli autori stampano una geometria “meta-strutturata” (tipo honeycomb/architetture) descritta come quasi zero stiffness con risposta di forza quasi costante, pensata per protezione da sovraccarico e dissipazione di energia. Nel testo si cita una specific energy absorption fino a 655 J/kg a 50% di compressione. È un filone interessante perché sposta l’attenzione: non solo “materiale migliore”, ma “materiale + architettura” per ottenere funzioni meccaniche (assorbimento urti, limitazione carico) che con un solido pieno sarebbero difficili da progettare.
Cosa significa per l’industria: candidati leggeri per automotive, robotica e protezioni
Gli autori indicano applicazioni possibili in ambiti come automotive, robotica e dispositivi di protezione (anche sportivi), dove una combinazione di stabilità dimensionale, resistenza meccanica e migliori indicatori di comportamento al fuoco può essere utile. Il contributo pratico più immediato, però, resta la riduzione del warping: se un PA11 “stampabile” con deformazione ridotta passa da 3–4 mm a decimi di millimetro su provini critici, cresce la probabilità di ottenere pezzi funzionali con tolleranze più controllabili e minori scarti.
Limiti e aspetti da considerare prima di trasferire i risultati “as is”
Come sempre, i risultati dipendono da: stampante e camera (aperta/chiusa), geometria e orientamento, condizioni di essiccazione, adesione al piano, e dalla forma specifica di BC e GF usate dagli autori. Inoltre, un composito con 30% di fibra di vetro può aumentare abrasione su ugelli e componenti di estrusione: in contesti produttivi o maker serve valutare ugelli temprati e gestione dell’usura, oltre alla qualità del filamento (diametro, ovalità, dispersione). Infine, i numeri su UL 94/LOI sono indicatori standardizzati ma non equivalgono automaticamente alle prestazioni in scenario reale: vanno letti come “miglioramenti misurati in prova”, non come garanzia universale.
