la stampa additiva volante
Un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Empa (Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology) e dall’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) sta esplorando nuove modalità di impiego di droni per la lavorazione di materiali da costruzione in volo. L’idea non è sostituire macchine a terra, ma affiancarle in operazioni puntuali, ad esempio per interventi di riparazione in luoghi difficili da raggiungere o in scenari di emergenza.
Accesso a siti inaccessibili
I robot terrestri dotati di bracci robotici o di portali di stampa 3D fissi superano rapidamente i propri limiti quando il terreno è accidentato o l’altezza diventa rilevante. Le piattaforme volanti, al contrario, possono operare senza bisogno di fondazioni o casseforme, muoversi in sciami coordinati e coprire distanze di approvvigionamento ridotte. Utili in cantieri montani, su coperture di edifici alti o in zone colpite da alluvioni o terremoti, questi droni sono in grado di trasportare materiali, assemblare moduli prefabbricati o applicare depositi additivi per creare o ripristinare strutture.
Tre modalità di Aerial Additive Manufacturing
Gli esperimenti condotti presso il DroneHub di NEST—il laboratorio condiviso da Empa, EPFL e Imperial College London—hanno mostrato tre filoni principali:
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Stampa discreta (Discrete Aerial AM): montaggio di componenti prefabbricati, come blocchi modulari, direttamente in quota.
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Strutture a trazione (Tensile Aerial AM): posizionamento e tensionamento di cavi o elementi lineari per creare membrane o tele portanti.
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Deposizione continua (Continuous Aerial AM): estrusione di materiali da costruzione, ad esempio malte speciali, su più strati, per generare superfici o spessori volumetrici.
Interazione tra robotica, materiali e design
Mirko Kovac, responsabile del Laboratory of Sustainability Robotics, sottolinea che l’efficacia di questi sistemi dipende dall’ottimizzazione simultanea di tre elementi: capacità di volo e posizionamento dei droni, formulazioni leggere e lavorabili dei materiali e progetti architettonici adeguati alla precisione limitata delle piattaforme volanti. Senza un equilibrio tra questi aspetti, gli algoritmi di pilotaggio non riescono a sfruttare appieno il potenziale della stampa aerea.
Applicazioni per riparazioni e soccorsi
In caso di disastri naturali, quando strade e infrastrutture risultano compromesse, i droni costruiscono rifugi temporanei o riparano parti di facciate e ponti altrimenti inaccessibili. Yusuf Furkan Kaya, primo autore dell’articolo su Science Robotics, spiega che un singolo drone può individuare crepe sulle superfici verticali, posizionarsi con precisione e applicare il materiale di riparazione senza necessità di impalcature.
Sfide tecniche e percorso di maturazione
Gli aspetti da perfezionare riguardano autonomia di volo, capacità di carico e affidabilità in condizioni atmosferiche variabili. Per questo motivo, il team ha definito cinque livelli di autonomia, da voli predeterminati fino a comportamenti intelligenti che consentano al drone di analizzare l’ambiente, rilevare difetti e adattare in tempo reale il progetto costruttivo.
Il ruolo del DroneHub nel progetto NEST
All’interno dell’edificio NEST a Dübendorf (Zurigo), il DroneHub funge da ambiente di test multicondizione. Progettato insieme a ROK Architects e in collaborazione con Imperial College London, permette di simulare scenari di cantiere reali per validare tecnologie e procedure prima di passare alla sperimentazione sul campo, prevista per il corso dell’anno.
Strategia ibrida e integrazione con sistemi tradizionali
Gli studi suggeriscono un approccio combinato: macchine a terra eseguono le prime fasi di costruzione a livello del suolo, mentre i droni si occupano delle parti superiori, sfruttando agilità e rapidità di configurazione. Questo modello favorisce sicurezza, contenimento dei costi e risparmio di materiali, poiché le piattaforme volanti riducono il numero di movimenti di uomini e mezzi.
