Irja Hepler, dottoranda in ingegneria strutturale presso la University of Maine (UMaine), ha messo a punto un modello di simulazione in grado di prevedere i campi di stress termico che si generano durante i processi di stampa 3D. Grazie a questa innovazione, è possibile individuare in anticipo le zone soggette a deformazioni o rotture indotte da raffreddamenti non uniformi, migliorando l’affidabilità dei pezzi e riducendo gli scarti di materiale.

Contesto tecnico
Nel Laser Powder Bed Fusion (LPBF) e in molte tecnologie di stampa 3D, il materiale fuso solidifica layer dopo layer: le parti superiori rimangono calde più a lungo rispetto a quelle già raffreddate, generando gradienti termici rilevanti. Questi gradienti si traducono in forze interne che, una volta rimosso il componente dalla piattaforma, possono causare ritiri, deformazioni permanenti o, nei casi più gravi, cricche. Fino a oggi, per simulare questo fenomeno si facevano ricorso a modelli agli elementi finiti tridimensionali, che richiedono risorse computazionali elevate e tempi di calcolo dell’ordine di parecchie ore per ogni set di parametri.

Il modello 2D “a traliccio”
L’approccio iniziale di Hepler sostituisce la porzione solida di solito impiegata nei codici 3D con una rappresentazione bidimensionale a traliccio: ogni elemento termico è descritto da una maglia di travi che si intersecano a 90°. Questo metodo semplificato riduce drasticamente il numero di gradi di libertà del sistema, consentendo di simulare il processo in 15 minuti anziché in 3 ore. Il codice – sviluppato in MATLAB presso l’Advanced Structures and Composites Center di UMaine – calcola la distribuzione delle temperature e, a partire da queste, risolve le equazioni del comportamento elastico-lineare per ottenere gli stati di stress.

Passaggio al modello 3D
Per riprodurre fedelmente geometrie complesse, Hepler sta estendendo il framework al modello tridimensionale. L’idea è mantenere la velocità di calcolo attraverso:

  • un’analisi a ** elementi finiti ridotti** (Reduced Order Model),
  • l’uso di Proper Orthogonal Decomposition per estrarre le modalità termiche dominanti,
  • la linearizzazione dei termini più costosi dal punto di vista computazionale.

Il prototipo 3D, pur non ancora completo, promette di adattarsi a componenti di uso pratico, da piccoli dispositivi ai modelli architettonici stampati con le stampanti “MasterPrint” di UMaine.

Metodologia di lavoro
Hepler ha costruito il codice seguendo queste fasi:

  1. Calibrazione termica: misure sperimentali di raffreddamento su campioni di PLA e metallo, per definire le proprietà termofisiche in funzione della temperatura.
  2. Validazione meccanica: confronto tra deformazioni simulate e dati di prova ottenuti con Digital Image Correlation (DIC) su campioni estrusi.
  3. Ottimizzazione dei parametri di stampa: analisi di sensibilità rispetto a velocità di scan, potenza laser e spessore layer, per individuare le soglie critiche di warping.

Questa pipeline di modellazione sostituisce le tradizionali “manifatture per tentativi”, in cui si procede per prove–errore, spesso con consumo eccessivo di polveri metalliche e tempi di sviluppo lunghi.

Risultati e vantaggi

  • Riduzione dei tempi di sviluppo: cicli iterativi che prima richiedevano settimane, ora si chiudono in pochi giorni.
  • Consumo di materiale: grazie alla capacità di prevedere le aree a rischio, si evita la stampa di pezzi difettosi, comportando risparmi di polvere fino al 30 %.
  • Maggiore ripetibilità: i parametri ottimali selezionati tramite simulazione garantiscono componenti con tolleranze dimensionali più strette e proprietà meccaniche più uniformi.

Prospettive e applicazioni
Una volta completato il rilascio del modello 3D, l’obiettivo è integrarlo in un interfaccia utente intuitiva, così da renderlo accessibile a ingegneri e progettisti senza conoscenze avanzate di calcolo numerico. Possibili campi di applicazione includono:

  • Produzione di componenti aerospaziali, dove la precisione e la resistenza meccanica sono fondamentali.
  • Costruzioni in 3D printing architettonico, sfruttando le grandi stampanti di UMaine per realizzare strutture in calcestruzzo o materiali compositi.
  • Ricerca su materiali avanzati, come leghe a memoria di forma o compositi rinforzati, in cui gli stress termici condizionano il comportamento finale.


Il modello di Irja Hepler rappresenta un passo verso un’automazione intelligente dei processi di stampa 3D: simulare in anticipo le condizioni di stress termico permette di passare da una produzione basata su tentativi a un approccio predittivo, in cui ogni stampa è “corretta in partenza”. In un settore dove i costi delle polveri e i tempi di sviluppo influenzano direttamente la sostenibilità economica, questo metodo potrebbe segnare un importante avanzamento nella qualità e nell’efficienza delle parti prodotte con le tecnologie additive.


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Di Fantasy

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