Ottimizzazione della radioterapia per il cancro cutaneo facciale grazie al 3D printing
Al Helen F. Graham Cancer Center & Research Institute, parte della rete sanitaria ChristianaCare, è entrata in uso una procedura che integra la stampa 3D per la realizzazione di maschere di schermatura personalizzate, destinate ai pazienti affetti da tumori superficiali del volto. Questo metodo prende il posto delle tradizionali impronte in gesso, offrendo un percorso più rapido e accurato nella preparazione del trattamento.

Dal calco in gesso alla maschera stampata
Nella pratica convenzionale, il team medico realizza un calco in gesso del volto, sul quale viene poi modellato uno strato di piombo per deviare i raggi elettronici. L’insieme di fasi — dall’impronta alla finitura del dispositivo — può richiedere più di cinquanta ore e coinvolgere diversi specialisti. Con la tecnologia sviluppata dal reparto di fisica medica, invece, si parte da scansioni TC del paziente per ricostruire digitalmente la superficie facciale. A partire da questi dati tridimensionali, si progetta e stampa in materiale plastico una forma precisa, sulla quale viene successivamente applicato il materiale schermante.

Vantaggi in termini di tempi e di comfort
Il passaggio alle strutture stampate riduce drasticamente i tempi di realizzazione: la maschera è pronta in media in sei ore e mezza, con una sola seduta di lavoro tecnico. Questa rapidità si traduce in minor attesa per il paziente e in una calendarizzazione più flessibile delle sedute di radioterapia. In più, la calzabilità del dispositivo migliora la stabilità durante l’irradiazione, assicurando che il fascio elettronico sia confinato esattamente all’area tumorale, senza coinvolgere tessuti sani limitrofi.

Precisione e prospettive future
Il dottor Hank Chen, fisico medico senior presso il Graham Cancer Center, sottolinea come questa soluzione consenta di “colpire con precisione il bersaglio, minimizzando la dose sugli organi circostanti” e di gestire in modo più efficace sia la protezione sia la ripetibilità del posizionamento. In prospettiva, il team sta sperimentando l’uso di sistemi di acquisizione tridimensionale basati su telecamere 3D, al fine di eliminare del tutto l’esposizione alle radiazioni per il rilievo delle forme.

Implementazione su scala clinica
Dalla pubblicazione sull’ultimo numero di Practical Radiation Oncology emerge che il flusso di lavoro con componenti stampate in 3D è diventato lo standard all’interno del centro, con risultati costanti in termini di qualità del trattamento e soddisfazione dei pazienti. La dottoressa Laura Doyle, fisico clinico responsabile, evidenzia come l’integrazione del 3D printing abbia reso più lineare l’intero processo, consentendo una gestione più efficace delle risorse e un’attenzione maggiore alla personalizzazione di ogni caso.

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Di Fantasy

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