Resonance-Assisted Deposition (RAD): stampa 3D metallica a bassa potenza senza fusione
Reverb Industrial (California) e la Arizona State University hanno dimostrato una via additiva per i metalli che evita la fusione e lavora con assorbimenti macchina dell’ordine di 100–300 W, contro i 10–20 kW tipici dei sistemi LPBF; l’energia specifica stimata per il RAD è di ordini di grandezza inferiore a quella dei processi termici convenzionali. Il lavoro è stato presentato da 3D Printing Industry e pubblicato in open access su Materials (MDPI).
Principio fisico: deformazione oscillatoria ad alta frequenza per modellare e unire
RAD applica una sollecitazione oscillatoria a ~40 kHz (ampiezze di poche decine di µm) su un filo metallico: ogni ciclo appiana un tratto in un “voxel” e, in parallelo, aumenta la diffusione atomica tra voxel adiacenti grazie a difetti cristallini indotti. In tal modo la formazione del giunto avviene allo stato solido, con incremento termico locale misurato di soli 5–10 °C.
Allestimento sperimentale e parametri chiave
La piattaforma impiega un movimento XY del piano e Z dell’utensile; filo Al 6061-O Ø 0,35 mm (California Fine Wire) attraversa un utensile cavo accoppiato a un trasduttore piezoelettrico. Passo laterale di 1 mm; muri esterni + riempimento ±45°; spaziature testate 0,6/0,7 mm per studiare il riempimento.
Microstruttura e meccanismo del giunto
Immagini TEM al confine Al-Ni mostrano zone interfaciali 80–140 nm con alta densità di difetti (faults, dislocazioni) che accelerano la diffusione; le stesse gradienti di concentrazione misurate via EDS equivarrebbero, se ottenute per solo riscaldamento, a 320–420 °C—valori non osservati in processo.
Densità, proprietà meccaniche e finitura
Con overlap sufficiente (0,6 mm) si ottiene una densità pari al 99,95% del materiale di partenza; la resistenza ultima dei provini si attesta a ~75% di quella del filo ricotto. L’anisotropia è bassa in resistenza e più marcata in allungamento, specie nei provini verticali quando sottili ossidi intrappolati fungono da innesco di frattura; rugosità: 10–20 µm Ra (top) e 15–25 µm Ra (fianchi).
Bilancio energetico: perché consuma meno
A livello di voxel, RAD richiede 3,79×10⁻⁴ J/mm³ per modellare e unire, contro ~100 J/mm³ tipici della LPBF; a livello macchina i 100–300 W misurati (anche con lieve preriscaldo del piano per ricottura in-process) risultano 10–100× inferiori ai sistemi a laser/fascio elettronico, che soffrono perdite nella catena elettrico→ottico, assorbimento, dispersione termica e riscaldamenti parassiti.
Maturità tecnologica e limiti attuali
ASU colloca RAD a TRL~4: servono studi su parametri, gestione degli ossidi interstrato e ampliamento materiali (finora Al-6061 e varianti). La pagina del laboratorio e la scheda di trasferimento tecnologico indicano la roadmap di sviluppo e il potenziale di efficienza ~1000× rispetto ai metodi a fusione.
Confronto con altre vie “a freddo”
Gli autori inquadrano RAD rispetto a tecniche a legante (binder jetting, BME) e a attrito/ultrasuoni (UAM, friction-stir AM): pur condividendo l’assenza di pool fuso, RAD si distingue perché modella e unisce in un unico atto voxel-per-voxel con energia meccanica mirata.
Attori coinvolti e riferimenti industriali
Il lavoro è firmato da Reverb Industrial e School of Manufacturing Systems and Networks – ASU; glossari e risorse esterne ne riportano la definizione come processo di material extrusion metallico nel quale l’energia acustica sostituisce la fusione.
