Sono un artigiano tecnologico e faccio “serramenti in 3D”
Stefano Comida è un giovane imprenditore-maker di Gerenzano che si muove tra social e geolocalizzazione, cloud, open source e rete: per raccontare il “saper fare” di un artigianato che cambia
Stefano Comida, dopo un diploma di geometra decide di entrare nell’azienda di famiglia: nel 2002 ha diciannove anni e guarda al futuro. In azienda porta il pc, apre il sito web (indicizzato da subito per una maggior riconoscibilità da parte dei motori di ricerca), si avvicina ai social network, usa la geolocalizzazione e crede nelle nuove tecnologie. Oggi ha trent’anni, ha convinto il padre Francesco delle potenzialità di Facebook e Twitter, sviluppa progetti con tablet e scarica stampanti in 3D in open source. E cita proprio suo padre, operaio emigrato dalla Sardegna nel 1975 e poi imprenditore nel 1982 quando rileva la Vetreria CBS: «Le cose fattele da solo».
La filosofia dei “maker” – Do It Yourself – ti è famigliare?
«È la filosofia di mio padre e dei piccoli imprenditori, anche quelli che appartengono ad un’altra generazione. Certo è difficile comunicare l’importanza delle nuove tecnologie, soprattutto della rete web, a chi ha lavorato sempre con altri strumenti. Con queste tecnologie la progettazione mentale e l’abilità nel problem solving – tipica dell’artigianato – si pubblicizzano rapidamente. Però il cambiamento deve interessare prima me stesso e poi gli altri: se io cambio, posso aiutare gli altri a farlo».
Nel 2002 sei entrato in azienda: quali i primi passi?
«Mettere d’accordo la tradizione (ciò che è manualità e il “saper fare”) con l’innovazione e il digitale. Con il computer ho iniziato a rendere fruibile l’archivio storico dell’impresa, mi affido al cloud e allo smartphone per poter gestire la parte amministrativa in completa autonomia e ovunque sono; preventivi, bolle e fatture sono rintracciabili in qualsiasi momento con pc in remoto. Insomma, penso di avere reso l’organizzazione più efficace».
Poi il tuo innamoramento per la stampa in 3D: come è successo?
«Mi sono appassionato a questo mondo seguendo il convegno di Confartigianato Varese, il 22 aprile, a Busto Arisizio – “La rete che moltiplica idee e progetti” – conIvana Pais e Fabio Lalli. E proprio quando Lalli ha detto che stava acquistando una stampante in 3D dagli Stati Uniti, mi sono infiammato. Da allora mi sono informato, ho iniziato a leggere e conoscere, ho pensato che da sempre pratico il “Do It Yourself”. Il punto fermo dell’attività di un piccolo imprenditore è sempre il “fare”, ma penso che con il movimento dei “maker” ci siano veramente nuove prospettive per poter migliorare l’impresa».
Quindi, ti stai costruendo una tua stampante in 3D?
«È una stampante in open-source “Rep-Rap”: a basso costo (poco più di 500 euro), semplice, con barre filettate e componenti in plastica (ABS) che poi mi potrò stampare in autonomia riducendo i costi dei pezzi per costruirne un’altra (“Rep” sta per “replicabile”). Alla sua costruzione collaboro con Dario Corsetti, ingegnere informatico di Resco Research e che commercializza i componenti per stampanti 3D. Si tratta di una macchina di piccole dimensioni che può stampare oggetti 20x20x20. Inoltre, sto mettendo a punto un fornelletto con il quale sciogliere l’ABS per poi estruderlo in filamento».
Come potrà aiutarti nel tuo lavoro in vetreria?
«Nel realizzare pezzi con spessori e sagome particolari, prima affidati al lavoro con seghetto e lima. La stampante in 3D, ovviamente, non sostituisce idee e progettualità; ciò che può fare, invece, è di velocizzare il processo di produzione e di permetterci di studiare una nuova componentistica per assicurare un servizio ancora migliore alla clientela. Poi, serve anche ad altri colleghi: un falegname, per esempio, mi ha chiesto se potrei stampare manigliette personalizzate. Con un progetto ben fatto è tutto – paradossalmente – realizzabile. È questo che ho imparato dai “maker” e dalle Officine Arduino: tutte le possibilità creative sono ammesse e, se c’è l’idea giusta, praticabili. Insomma, il “fare” potrà non avere limiti».
Cosa si fa alla CBS?
«Nel 1982 si inizia con un servizio di posa di vetri, poi il settore dei serramenti e tutto quello che riguarda il vano finestra – con tutte le esigenze di coibentazione, accessoristica, risparmio energetico – iniziò ad essere interessato dall’innovazione e dalla tecnologia. Mio padre, senza fare “rete” come la si intende oggi, è riuscito a creare un circuito di clienti affezionati: tre imprese le serviamo dal 1982 e siamo cresciuti con loro. I nostri prodotti sono in tutta Italia: da Bari a Torino, da Napoli a Milano, da Pescara a Venezia. Inoltre, abbiamo realizzato le vetrine e gli arredamenti interni per un negozio della catena “Murrina” in Germania e due punti vendita a Cannes, in Francia. Automazioni, sistemi oscuranti, magari anche tapparelle automatizzate realizzate da noi, perché penso che con la piattaforma Arduino si possa fare».
Le nuove tecnologie anche per raccontare l’impresa?
«Quando ero un ragazzo ho speso le mie vacanze ad imparare il mestiere, a capire le scelte di mio padre e le tecniche di produzione. Quando ti rendi conto di quanta passione ed entusiasmo animano un imprenditore, allora devi raccontare questa voglia di fare, perché l’innovazione di un’impresa passa anche da questo: dire ciò che è, cosa fa e cosa può fare. È per questo che a breve rinnoveremo il sito – www.serramenticbs.it – che avevo creato con il mio Mac con semplice drag-and-drop e apriremo un blog che sarà gestito da Martina Useli, laureata in Lettere con specializzazione in Editoria Multimediale. Poi, ho pensato a come poter coinvolgere il cliente nella realizzazione del suo prodotto: in quel mese, circa, che passa dal preventivo all’opera finita, invio all’acquirente le foto del materiale che arriva in azienda, degli studi, delle prime fasi di realizzazione. Insomma, faccio entrare il cliente nelle fasi produttive. Poi, con il nuovo sito darò il via anche alla preventivazione on-line, perché negli ultimi cinque mesi ho preparato più di 400 preventivi».
Ti definiresti “artigiano tecnologico”?
«Credo nel cambiamento, nelle reti, nelle tecnologie, nel radicamento al territorio – lavoriamo da trent’anni nel saronnese – nell’artigianato ma anche in tutto ciò che mi può aiutare a superare i confini geografici e creativi. In azienda – io, mio padre e due cugini (Massimo e Mauro) – siamo artigiani nel senso più vero del termine: realizziamo e installiamo infissi, ma il “saper fare” ci porta a poter soddisfare richieste anche diversissime dalla nostra specializzazione. I problemi del piccolo imprenditore sono due: il tempo e il fatto di voler risolvere i problemi anche a costo di non dormirci la notte. E proprio perché siamo fatti così, non possiamo permetterci di sbagliare o di deludere il cliente. Il lavoro di un artigiano – anche tecnologico – parte sempre dalla soddisfazione propria e di chi ha di fronte. Insomma, non è una questione di marketing: questo arriva sempre dopo».
Davide Ielmini da varsenews.it