Ottimizzare le strutture interne nella stampa 3d per un combustibile nucleare più sicuro

Le componenti stampate in 3D sono ormai diffuse anche in settori critici, ma la resistenza reale dei pezzi è spesso limitata non tanto dal materiale, quanto dalle strutture interne: canali, reticoli, pareti sottili e geometrie di supporto. Alla Kennesaw State University, in Georgia, un team di ricerca sta mostrando che, intervenendo in modo mirato su queste geometrie e sui parametri di stampa, è possibile ottenere componenti quasi tre volte più robusti rispetto a configurazioni convenzionali, con applicazioni dirette nei sistemi di combustibile nucleare.


Un team KSU tra simulazione, additive manufacturing e nucleare

Il progetto nasce all’interno del Department of Engineering Technology della Kennesaw State University, dove il docente Aaron Adams coordina il lavoro del laureando in ingegneria meccatronica Eric Miller. Il gruppo opera nello START Lab (Simulation, Testing and Additively Manufactured Research Technologies), struttura del Southern Polytechnic College of Engineering and Engineering Technology dedicata a simulazioni numeriche avanzate, materiali e produzione additiva.

Miller si concentra in particolare sull’effetto delle caratteristiche interne dei pezzi – reticoli, cavità, canali, spessori variabili – sulle prestazioni in situazioni estreme come quelle dei reattori nucleari. Il progetto è sostenuto da programmi interni di ricerca studentesca, che permettono di dedicare tempo e risorse alla costruzione di modelli e alla validazione numerica.


Dal pellet al reticolo complesso: il limite dell’attuale combustibile nucleare

Il punto di partenza è il combustibile nucleare convenzionale: piccoli pellet cilindrici, all’incirca delle dimensioni di una moneta, impilati uno sopra l’altro all’interno di barre di combustibile, come se fossero una “colonna” di monete. Quando il reattore entra in funzione, i pellet si riscaldano, si dilatano e finiscono per premere contro la parete interna della barra.

Poiché non hanno spazio sufficiente per espandersi, i materiali strutturali vengono sollecitati in maniera intensa: per evitare danneggiamenti, il combustibile viene rimosso prima di essere sfruttato completamente. Una riprogettazione della geometria interna, abilitata dalla stampa 3D, potrebbe consentire un incremento dell’utilizzo del combustibile fino al 15%, riducendo sprechi e frequenza di sostituzione degli elementi di combustibile.


Canali interni e reticoli stampati in 3D per dare spazio al combustibile

L’idea alla base del lavoro KSU è usare la produzione additiva non solo per replicare la geometria tradizionale, ma per progettare strutture interne completamente nuove:

  • canali interni che permettano al combustibile di espandersi senza generare picchi di tensione;

  • reticoli con densità e orientazione variabile, capaci di distribuire meglio i carichi meccanici e le dilatazioni termiche;

  • regioni a rigidezza controllata, in grado di assorbire deformazioni mantenendo l’integrità del componente.

Queste soluzioni potrebbero, in prospettiva, aumentare la vita utile degli elementi di combustibile, ridurre le probabilità di danneggiamento dei rivestimenti e migliorare la gestione termica del reattore. Non si tratta ancora di design pronti per la produzione industriale, ma di concetti esplorativi supportati da simulazioni numeriche ad alta fedeltà.


Simulazioni FEA e parametri di stampa: come si arriva a componenti 3 volte più forti

Il lavoro quotidiano di Miller si concentra su una catena digitale basata su:

  1. modelli parametrici delle strutture interne, che permettono di variare sistematicamente densità, angoli dei reticoli, spessori e dimensioni dei canali;

  2. analisi agli elementi finiti (FEA), utilizzata per simulare carichi meccanici e condizioni termiche che riproducono lo scenario operativo dei reattori;

  3. ottimizzazione dei parametri di stampa (orientazione del pezzo, strategie di riempimento, spessore di strato, percorsi utensile), per capire come il processo di fabbricazione influisca sulle prestazioni finali.

I primi risultati indicano che, combinando geometrie interne mirate con parametri di stampa ottimizzati, è possibile ottenere componenti quasi tre volte più resistenti rispetto a configurazioni standard con infill convenzionale, in particolare nelle zone critiche dove il combustibile tende a espandersi maggiormente.


Il ruolo della potenza di calcolo e delle risorse di laboratorio

Le simulazioni non sono banali: per descrivere correttamente reticoli curvi, canali sottili e interfacce complesse è necessario lavorare con mesh molto dettagliate, che fanno crescere rapidamente i tempi di calcolo e i requisiti di memoria. Uno dei principali limiti del progetto non è tanto la teoria, quanto le risorse di calcolo disponibili in laboratorio.

Questa difficoltà viene però vista come parte integrante del percorso formativo: lavorare su modelli grandi, ottimizzare mesh e condizioni al contorno, imparare a gestire tempi di simulazione realistici è un’esperienza chiave per gli studenti che vogliono proseguire in ambito industriale o accademico sulla simulazione per l’additive manufacturing.


Collegamenti con Idaho National Laboratory e prospettive per il nucleare

Il lavoro sulle strutture interne stampate in 3D si inserisce in un contesto più ampio di collaborazione tra Kennesaw State University e il mondo del nucleare statunitense. Aaron Adams ha una posizione congiunta con l’Idaho National Laboratory, uno dei centri di riferimento per la ricerca sui reattori e sui combustibili avanzati, e nello START Lab sono attivi progetti su alloggiamenti reticolari per combustibile nucleare in micro-reattori sviluppati in collaborazione con INL e altri partner.

Questo contesto rende più concreta la possibilità che, in futuro, le geometrie studiate oggi in simulazione possano essere trasferite su componenti reali, stampati in metallo e testati in condizioni operative. Miller presenterà i risultati preliminari a una conferenza dell’American Society of Mechanical Engineers, passo importante per confrontarsi con la comunità internazionale che lavora su sicurezza e prestazioni dei sistemi nucleari.


Formazione, applicazioni “domestiche” e cultura del progetto

Un aspetto interessante del percorso di Miller è il legame tra applicazioni quotidiane e ricerca avanzata: lo studente racconta di aver iniziato a usare stampanti 3D economiche e software gratuiti per realizzare pezzi di ricambio per oggetti rotti, scoprendo gradualmente le potenzialità progettuali dell’additive manufacturing.

Lo stesso approccio – immaginare un oggetto e produrlo in modo rapido – viene ora esteso a componenti complessi per il nucleare, dove la libertà di forma è messa al servizio della sicurezza e dell’efficienza energetica.

{ "slotId": "", "unitType": "responsive", "pubId": "pub-7805201604771823", "resize": "auto" }

Di Fantasy

Lascia un commento