Nuova schiuma polimerica stampabile in 3D: durabilità, riparabilità e potenziale sostenibile da UT Dallas

Un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas a Dallas (UT Dallas) ha sviluppato un nuovo materiale espanso adatto alla stampa 3D, caratterizzato da una maggiore resistenza meccanica e dalla capacità di autoriparazione parziale, grazie all’uso di legami chimici dinamici. La ricerca, pubblicata sulla rivista RSC Applied Polymers, propone un’alternativa interessante alle schiume polimeriche tradizionali, solitamente difficili da riparare o riciclare, aprendo nuove prospettive per impieghi in contesti tecnici, protettivi e ambientali.


Obiettivo del progetto: una schiuma leggera, lavorabile e duratura per la stampa 3D

L’intento principale dei ricercatori è stato quello di creare una schiuma polimerica strutturata che potesse essere processata con tecnologie additive e allo stesso tempo garantire robustezza, leggerezza e funzionalità. A differenza dei materiali convenzionali, il materiale sviluppato non è destinato esclusivamente alla prototipazione ma mira a rispondere a esigenze tecniche reali in ambiti come l’assorbimento degli urti, l’isolamento termico e la protezione individuale.

Uno degli aspetti più critici della ricerca è stato identificare una formulazione polimerica compatibile con i requisiti della stampa tridimensionale, mantenendo al tempo stesso le caratteristiche di espansione e resilienza tipiche delle schiume. Il team ha quindi progettato un materiale reticolato chimicamente, ma con la particolarità di includere legami covalenti dinamici che permettono una certa reversibilità molecolare.


Legami dinamici per la riparabilità: una novità nel campo delle schiume polimeriche

Il cuore dell’innovazione risiede proprio nei cosiddetti legami covalenti dinamici, strutture chimiche in grado di rompersi e riformarsi in modo controllato, offrendo al materiale una capacità di rigenerazione parziale in caso di microdanni o deformazioni.

A differenza delle schiume reticolate termicamente, che una volta solidificate diventano irreversibili e non modificabili, il materiale elaborato dal team dell’UT Dallas mantiene una certa plasticità chimica, senza però comportarsi come un termoplastico. Questo consente al materiale di prolungare il proprio ciclo di vita, riducendo la frequenza di sostituzione e quindi l’impatto ambientale.


Esempi dimostrativi e libertà di forma nella produzione additiva

Per dimostrare le capacità del materiale, i ricercatori hanno realizzato un oggetto simbolico: un cane a forma di palloncino stampato in 3D con la nuova schiuma. Oltre a sottolineare le potenzialità estetiche e personalizzabili del materiale, l’esempio evidenzia l’adattabilità geometrica garantita dalla stampa 3D applicata a materiali espansi: è possibile produrre strutture complesse, leggere e assorbenti, con geometrie su misura per specifici utilizzi.

Come spiegato dalla dottoranda Rebecca Johnson, coautrice dello studio, la sfida principale è stata individuare un equilibrio tra lavorabilità e funzionalità, due aspetti che raramente convivono nelle schiume tradizionali utilizzabili in produzione additiva.


Applicazioni previste: assorbimento degli urti, protezione e isolamento

Il responsabile del progetto, Prof. Ron Smaldone, ha sottolineato come questa nuova tipologia di schiuma possa trovare applicazione in contesti dove la capacità di assorbire energia e mantenere leggerezza è fondamentale. Tra gli ambiti più promettenti ci sono:

  • Caschi protettivi, sia sportivi che industriali;

  • Paraurti o inserti ammortizzanti per il settore automotive;

  • Dispositivi di protezione militari o civili;

  • Strutture leggere per l’isolamento termico o acustico.

Grazie alla stampa 3D è possibile progettare reticoli interni ottimizzati, che offrono un bilanciamento tra flessibilità e resistenza, garantendo prestazioni migliorate rispetto a schiume tradizionali stampate in stampo.


Prospettive ambientali: materiali espansi più sostenibili per la produzione additiva

Uno degli elementi che caratterizza maggiormente il lavoro del team dell’UT Dallas è l’attenzione alla sostenibilità. L’inserimento della capacità di autoriparazione e la possibilità di prolungare la vita utile del materiale puntano infatti a ridurre l’impatto ambientale delle schiume polimeriche, storicamente difficili da smaltire o riutilizzare.

Il coautore Ariel Tolfree ha indicato che i prossimi sviluppi della ricerca si concentreranno proprio sull’aspetto della riciclabilità e del recupero chimico del materiale, allo scopo di realizzare una schiuma che possa essere reintegrata in nuovi cicli produttivi con un basso consumo di risorse.

Come sottolineato da Tolfree, la metafora del cane palloncino non è casuale: rappresenta un oggetto semplice, ma che attraverso la manipolazione creativa e tecnica, può assumere forme e funzioni nuove, esattamente come accade con i materiali innovativi quando sono guidati dalla ricerca chimica e dall’ingegneria dei processi.


Verso nuove sinergie tra chimica dei polimeri e stampa 3D

Il progetto condotto dall’UT Dallas mostra con chiarezza come l’integrazione tra chimica dei materiali e tecnologie additive possa generare soluzioni concrete per affrontare le sfide legate sia alla funzionalità tecnica sia alla sostenibilità ambientale. La schiuma sviluppata potrebbe rappresentare un’opzione praticabile per quei settori in cui leggerezza, capacità di assorbimento e adattabilità geometrica sono requisiti chiave.

Con la possibilità di introdurre meccanismi di autoriparazione e potenziali strategie di riciclo, il materiale si colloca tra le sperimentazioni più interessanti per la creazione di componenti polimerici ad alte prestazioni, prodotti direttamente attraverso stampa 3D.

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Di Fantasy

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