Stampa 3D a doppia funzione da un solo materiale: un nuovo approccio semplifica la rimozione delle strutture di supporto

Un gruppo di ricerca congiunto dell’University of California Santa Barbara e del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) ha sviluppato un metodo innovativo per la stampa 3D mediante fotopolimerizzazione in vasca (Vat Photopolymerization, VP) che consente di ottenere due proprietà meccaniche distinte a partire da un unico fotopolimero. Questa tecnica rappresenta un’evoluzione del processo additivo, in particolare nella gestione delle strutture di supporto, che sono spesso complesse da rimuovere nei manufatti dalle geometrie articolate.


Un unico materiale, due comportamenti: la chiave sta nella luce

Alla base di questo nuovo approccio c’è un fotopolimero liquido formulato a partire da una miscela di monomeri epossidici e acrilici. La caratteristica distintiva è la sua risposta selettiva alla luce: il materiale può indurirsi in modi differenti a seconda della lunghezza d’onda della radiazione luminosa a cui è esposto.

  • Quando il fotopolimero viene irradiato con luce ultravioletta (UV), si attivano i monomeri epossidici che formano una struttura rigida e permanente, adatta a costituire le parti funzionali del pezzo.

  • Se invece si utilizza luce visibile, entrano in gioco i monomeri acrilici, che generano strutture temporanee, destinate a fungere da supporti provvisori.

Questo controllo preciso è reso possibile da un sistema ottico sviluppato appositamente, in grado di proiettare con grande definizione sia luce UV sia luce visibile su aree specifiche della resina. La gestione puntuale del pattern luminoso è affidata a microspecchi orientabili singolarmente, che permettono di controllare ogni pixel di luce diretta sul materiale.


Supporti temporanei facili da eliminare

Le strutture di supporto, necessarie per realizzare forme sospese, cavità o incastri complessi, vengono generalmente rimosse manualmente al termine della stampa. Questo processo è spesso lungo, laborioso e può danneggiare accidentalmente le parti stampate.

Con il nuovo metodo, invece, le parti indurite con luce visibile possono essere sciolte selettivamente in una semplice soluzione di idrossido di sodio (NaOH), lasciando intatta la struttura principale, che è stata indurita con UV. Questo permette di eliminare i supporti senza operazioni meccaniche, migliorando l’affidabilità e l’efficienza della post-elaborazione.


Dichiarazioni dei ricercatori

Secondo Maxim Shusteff, ricercatore del Lawrence Livermore National Laboratory e co-autore dello studio assieme a Sijia Huang, il metodo affronta uno dei nodi critici della stampa 3D di alta precisione:

“La stampa con vat photopolymerization offre velocità e risoluzione elevate, ma uno degli aspetti più frustranti è sempre stato rimuovere manualmente i supporti da geometrie complesse, intrecciate o a sbalzo. Ora possiamo affrontare questa difficoltà con una semplice soluzione chimica.”


Potenziali applicazioni e scenari futuri

Questa tecnologia è destinata a trovare applicazione in settori dove la precisione delle geometrie e la delicatezza delle superfici richiedono supporti facilmente eliminabili senza compromettere la funzionalità del pezzo, come ad esempio nella produzione di microcomponenti, biostrutture, componenti ottici o dispositivi medici stampati in 3D.

L’utilizzo di un solo materiale fotopolimerico, abbinato a un sistema ottico di proiezione duale, semplifica anche la gestione dei materiali nel processo di stampa, evitando il ricorso a resine multiple o a cambi di materiale tra una fase e l’altra del processo produttivo.

 

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Di Fantasy

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