massimo banzi arduinoVita di uno Store 3D. La rivoluzione delle stampanti tridimensionali

È iniziata l’era delle stampanti 3D

È stata proprio una buona idea. Una di quelle che aspettava solo qualcuno con il coraggio giusto per realizzarla. È quello che ti viene in mente entrando nella prima stamperia 3D di Roma sulla Circonvallazione Casilina, al numero 137. Poi, chiacchierando con i quattro coraggiosi ideatori dello Store, ci si accorge che sono molte di più le cose che iniziano a sfiorare i pensieri, mentre si osservano i prototipi colorati posati sui tavoli e le strisce di polimero rosso che ciondolano dal soffitto.

Perché mentre è evidente quel che riesce a fare quel cubo di legno con il suo rocchetto di filo, la varietà di quel che ci si potrebbe fare è del tutto inimmaginabile. E, anche per questo, la chiacchierata con loro passa da una visione più tecnica a una decisamente più filosofica della faccenda, perché ti accorgi che la rivoluzione del bit si è capovolta magicamente nella rivoluzione dell’atomo.

Che si parli di rivoluzione è sicuro anche Barack Obama, che lo scorso marzo annunciava al Congresso la scelta di moltiplicare le Hub presenti sul territorio Usa al fine di assicurare al paese la paternità fisica di questa rivoluzione; già perché quella morale appartiene paradossalmente a noi, grazie al bel cervello di Massimo Banzi, il co-fondatore della Scheda Arduino, il motore intelligente oggi necessario al funzionamento di ogni stampante 3D. Neanche a dirlo, tutti suoi file ed elementi di progettazione, sono naturalmente diffusi come open source, attraverso una semplice licenza Creative Commons…condizione che di per sé ci porta verso il mondo della condivisione del sapere dove gli schemi di progettazione originali, seppur mantenendo il marchio del loro ideatore morale, migliorano grazie alle risorse in campo che le utilizzano e le sperimentano. Questa è infatti un po’ la storia anche del 3D e del 3DItaly, e forse anche un po’ la spiegazione del perché in Italia, dove si resta più perplessi di altrove quando si parla di open source e abbattimento dei diritti di proprietà intellettuale, sia difficile trovare tanto il Barack Obama pronto a sostenere la causa, che un numero vasto di scommettitori sulle potenzialità del 3D.

Il primo 3D Printing Store ad operare in Italia

Al 3DItaly, dove la sfida è stata colta, riesce facile invece parlare di open source tanto quanto dell’artigianato e la manifattura made in Italy. Nello Store infatti, non solo si ha la possibilità di acquistare al dettaglio le stampanti 3D a marchio italiano, la Sharebot, la Wasp e la Kentstrapper, ma anche di realizzare l’idea di tutti coloro che, dal designer allo stilista, dalla maestranze allo studente, hanno il piacere o la necessità di “atomizzare” il loro progetto. Questo rende la stamperia un ibrido a cavallo tra il laboratorio e la bottega artigiana, seppure dal sapore tutt’altro che tradizionale.

Dietro a tutto questo, aleggia imperiosa la filosofia della condivisione libera del sapere, che coinvolge proprio tutto: dalla progettazione della scheda madre all’insegnamento della sua utilità. Non a caso il 3dItaly si è fatto promotore di due cicli di Workshop: “Futuro Artigiano”, che fornisce a cadenza mensile una spiegazione di base sulla filosofia madre del 3D; più un Workshop in start-up inaugurato il 21 di settembre, che ha fornito ai partecipanti le conoscenze di base del percorso di modellazione e gestione del processo di stampa, sempre più agevole grazie un neonato programma … anche questo Made in Italy!

Un altro passo in quest’ottica viene dal 3D Hubs il più grande network europeo di stampanti 3D che permette, a chi ha un progetto da creare (ma non una stampante propria), un collegamento alle stampanti 3D di altri utenti (o anche luoghi specializzati), che hanno deciso di condividere il proprio dispositivo con i membri della comunità.

A questo punto viene da chiedersi una tonnellata di questioni: di cosa parliamo se diciamo “Store 3d”? Di un laboratorio di nuovo artigianato italiano? Di esasperazione ready-made? Di riciclaggio Store? E, soprattutto, cosa succederà quando l’Italia, nell’insieme delle sue politiche e giuridicamente corrette dimensioni, si accorgerà della loro esistenza?

La filosofia 3D, di sicuro, aggiungerà un ulteriore tassello alla composizione del nuovo modello economico inaugurato dall’open source ormai svariati anni fa, grazie al quale, come dice Eric von Hippel, professore di management aziendale al Mit di Boston: «La progettazione si sta trasferendo direttamente dai fabbricanti alle comunità»….e anche qui: provate a pensare tutto quello che non è ancora stato immaginato!!!!

Per averne un’idea, prendete nota della data del 3 ottobre prossimo e magari approfittate del Maker Fair che quest’anno sarà ospitato proprio a Roma.

Valentina Malgieri da wakeupnotizie.eu

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