AUKUS, US Navy e stampa 3D: il primo componente metallico prodotto su una nave in missione e installato su un sottomarino
La US Navy, insieme ad Australia e Regno Unito, ha compiuto un passo concreto verso una logistica davvero distribuita: a bordo della submarine tender USS Frank Cable (AS 40) è stato prodotto e lavorato un componente metallico tramite manifattura additiva e successiva lavorazione meccanica, poi installato sul sottomarino d’attacco USS Vermont (SSN 792), classe Virginia, presso la base australiana HMAS Stirling.
Il pezzo – una volantino in acciaio inox per una valvola di trasferimento del gasolio – è stato realizzato utilizzando un sistema ibrido additivo/sottrattivo, partendo da un modello digitale trasmesso in modo sicuro ai tecnici imbarcati e completando l’intero ciclo in soli sei giorni, compresa la fase di finitura.
Dal file digitale al componente montato: come funziona il processo sulla USS Frank Cable
Il progetto dimostra che una nave appoggio può trasformarsi in un vero micro-stabilimento di produzione avanzata. A bordo della USS Frank Cable:
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i tecnici hanno ricevuto il file tecnico del componente tramite canali sicuri;
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il pezzo è stato modellato e preparato per la stampa su un sistema ibrido che integra una tecnologia di stampa 3D in metallo con operazioni di fresatura e tornitura;
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la fase additiva ha occupato meno di cinque giorni, mentre la lavorazione meccanica di finitura è stata completata in meno di due giorni;
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una volta verificati dimensioni e tolleranze, il componente è stato consegnato a mano a HMAS Stirling e installato sul Vermont il giorno successivo.
Il fatto che la parte sia stata montata senza richiedere ulteriori regolazioni o nuove ispezioni strutturali evidenzia il livello di controllo raggiunto dal processo: dalla qualità della polvere metallica alle condizioni di stampa, fino al controllo dimensionale dopo la lavorazione sottrattiva.
Perché una “semplice” volantino è importante per la flotta
A prima vista, una volantino in acciaio per una valvola di trasferimento del gasolio può apparire un componente ordinario. Tuttavia, in un contesto operativo come quello di un sottomarino in missione:
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un guasto a un gruppo valvole carburante può avere impatto diretto sulla disponibilità del mezzo;
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la sostituzione con pezzi di ricambio tradizionali richiede spesso tempi lunghi, legati a logistica, spedizioni e vincoli di sicurezza;
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fermare un sottomarino o una unità di supporto per attendere il pezzo significa ridurre la prontezza operativa della flotta.
Il valore dell’esperimento sta quindi nel dimostrare che un componente critico può essere progettato, stampato, lavorato e installato in tempi molto più brevi direttamente nella regione operativa. In questo caso, la produzione è avvenuta in un contesto forward-deployed legato a Guam e all’area Indo-Pacifico, zone al centro delle strategie navali statunitensi.
AUKUS e manifattura additiva: verso un ecosistema industriale condiviso
L’iniziativa è stata presentata dalla US Navy come un risultato chiave all’interno del pilastro sulle capacità avanzate dell’accordo AUKUS. Oltre a mostrare cosa possono fare i tecnici a bordo, il progetto dimostra che:
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i dati tecnici del componente possono essere condivisi in modo sicuro tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito;
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i partner AUKUS possono riprodurre lo stesso pezzo con le proprie capacità produttive, utilizzando processi additivi o sottrattivi qualificati;
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si iniziano a impostare procedure comuni per standard, qualifiche e tracciabilità dei componenti.
Nel caso specifico, i dati relativi alla volantino sono stati messi a disposizione dei partner, permettendo ai team australiani di fabbricare una parte compatibile con la classe Virginia utilizzando proprie tecnologie di lavorazione. Questo passaggio rappresenta uno dei primi esempi concreti di integrazione industriale trilaterale in cui la manifattura additiva è al centro della collaborazione, non solo come dimostrazione tecnologica, ma come supporto diretto alla manutenzione sottomarina.
Distributed manufacturing: dal concetto alle operazioni reali
Da anni la US Navy e altri attori della difesa parlano di distributed manufacturing, ovvero la capacità di spostare la produzione di ricambi vicino al punto di utilizzo, anziché dipendere da pochi stabilimenti centrali. L’esperimento con la USS Frank Cable e l’USS Vermont rende questo concetto molto concreto:
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la nave appoggio diventa un nodo produttivo mobile, con stampanti 3D in metallo e macchine utensili;
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il componente viene personalizzato a partire dalle specifiche aggiornate dello scafo interessato;
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l’intera catena – dati, produzione, consegna e installazione – avviene all’interno del teatro Indo-Pacifico, senza passaggi intermedi attraverso arsenali lontani.
Questo approccio si integra con altri progetti della US Navy su esercitazioni dedicate alla produzione distribuita, sistemi di stampa in mare e dimostrazioni di manifattura forward-deployed, confermando che la stampa 3D non è più confinata ai centri di ricerca, ma entra nei flussi di manutenzione quotidiani.
Il ruolo di Guam e dell’ecosistema GAMMA
Il fatto che la USS Frank Cable sia schierata a Guam si collega a una trasformazione più ampia dell’isola in hub di manifattura additiva al servizio della catena di fornitura sottomarina. Sul territorio è in fase di avvio la Guam Additive Materials and Manufacturing Accelerator (GAMMA), progetto sviluppato da ASTRO America con il supporto delle autorità locali e di partner industriali e accademici.
GAMMA punta a:
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creare una rete di competenze locali su stampa 3D, lavorazioni avanzate e controllo qualità;
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fornire supporto diretto al Submarine Industrial Base statunitense con componenti metallici prodotti in loco;
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formare tecnici e ingegneri attraverso collaborazioni con università e college, integrando formazione e lavoro in stabilimenti dotati di stampanti metalliche, robot di saldatura e macchine CNC.
In questo contesto, ogni prova di successo di produzione e installazione di componenti stampati in metallo – come la volantino del Vermont – rafforza la scelta di investire su Guam come polo strategico per la manutenzione e il supporto alla flotta nell’Indo-Pacifico.
US Navy e stampa 3D: un percorso già avviato su navi e sottomarini
L’installazione del componente per la USS Vermont non arriva dal nulla, ma si inserisce in una serie di iniziative su stampa 3D e produzione avanzata portate avanti dalla US Navy:
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installazioni di stampanti 3D metalliche su altre unità per produrre parti di ricambio a bordo;
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accordi con fornitori come AML3D, SPEE3D, Stratasys, nScrypt e altri per testare parallelogrammi di valvole, flange, supporti e componenti critici per i sottomarini;
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esercitazioni dedicate, in cui la flotta sperimenta l’uso di sistemi additivi e ibridi in ambienti operativi, dalla manutenzione portuale alle operazioni in mare aperto.
In parallelo, il comando navale ha avviato progetti con aziende e consorzi per gestire in modo più efficace dati, flussi di lavoro e qualifica dei processi, in modo che la produzione distribuita non sia solo possibile dal punto di vista tecnico, ma anche integrata nei sistemi gestionali e nelle procedure di certificazione.
Standard, forza lavoro e sfide ancora aperte
L’esperimento AUKUS mette in evidenza anche alcune sfide che la manifattura additiva deve affrontare nel contesto difesa:
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la necessità di standard condivisi per materiali, procedure di qualifica e controlli, validi tra alleati e tra diversi cantieri;
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la formazione di una forza lavoro specializzata, capace di gestire sia la stampa 3D che la lavorazione sottrattiva e il controllo qualità in condizioni operative;
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l’integrazione dei processi additivi nei contratti di manutenzione e nei cicli di vita delle flotte, con modelli economici sostenibili.
L’operazione sul Vermont mostra che questi elementi possono convergere: la stessa dimostrazione fornisce dati tecnici, lezioni organizzative e spunti per aggiornare standard e linee guida, contribuendo alla costruzione di un ecosistema industriale AUKUS più resiliente.
Implicazioni per il futuro: dalla singola volantino alla catena di fornitura
Se oggi l’attenzione è puntata su una singola volantino per una valvola carburante, il quadro più ampio riguarda:
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la possibilità di classificare gruppi di componenti “stampabili” direttamente su tender, unità di supporto e basi avanzate;
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lo sviluppo di cataloghi digitali di parti certificate, condivisi tra US Navy, Royal Navy e Royal Australian Navy;
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la creazione di una rete di hub additivi – dai cantieri navali statunitensi a Guam, fino ad altri territori chiave – che possano produrre, riparare e adattare componenti senza dipendere da lunghi tempi di approvvigionamento.
In prospettiva, quanto dimostrato con la USS Frank Cable e la USS Vermont potrebbe estendersi ad altre classi di sottomarini e di navi di superficie, con un impatto diretto sulla prontezza operativa, sulla gestione delle scorte e sulla sicurezza delle catene di fornitura in scenari geopolitici complessi.
