Vibe coding e stampa 3D: opportunità di produttività, rischi di sicurezza
Che cos’è il “vibe coding” e perché interessa l’AM
Per vibe coding si intende lo sviluppo di software in cui gran parte del codice viene generata da assistenti IA/LLM (es. chatbot o IDE con AI), con l’umano che dirige tramite prompt e iterazioni rapide. Nel contesto AM, significa poter creare in tempi brevi tool di upload STL/3MF, quotazione, orchestrazione di job o piccole app interne. Ma la velocità può nascondere buchi di progettazione (crittografia, controllo accessi, gestione asset) e amplificare errori che, in AM, si traducono anche in rischi fisici sui componenti.
Punti deboli tipici: cifratura, IAM e gestione dei file tecnici
Esperti citati da 3DPrint.com avvertono che piattaforme “vibe coded” spesso nascono senza cifratura end-to-end tra front end e back end, senza ruoli e permessi granulari, e con scarsa tracciabilità di asset e file utente (STL/3MF, ordini, dati cliente). In tali condizioni è più semplice per un attaccante impersonare il front end, accedere a file di altri utenti o rubare credenziali.
Esposizione involontaria di codice e dati ai tool di AI
Un rischio concreto è l’uso di editor/assistenti IA che indicizzano l’intera cartella di progetto (per “capire il contesto”), con possibilità di inviare ai servizi IA parti di sorgenti, segreti, dati reali usati come “sample” e repository privati. La stessa fonte consiglia policy, review con il team di sicurezza e preferenza per modelli privati/zero-retention. Il tema è corroborato da un’analisi di Check Point che collega l’adozione massiva di coding assistant a nuove superfici d’attacco lungo la supply chain software.
“Package hallucination” e slopsquatting: quando l’LLM inventa dipendenze
Uno studio accademico (UTSA, Oklahoma, Virginia Tech) su 576.000 esempi mostra che i modelli di codice possono suggerire pacchetti che non esistono: mediamente ~5,2% per modelli commerciali e ~21,7% per open-source, con 205.000+ nomi fittizi rilevati. Attori malevoli possono pubblicare proprio quei nomi inesistenti su registri pubblici: se l’app “vibe coded” li installa, introduce malware nella tua catena AM. La minaccia è stata ribattezzata slopsquatting e discussa anche da stampa specializzata.
Vulnerabilità nei tool di coding assistito
Non è solo un problema di pacchetti: sono state divulgate vulnerabilità CVE-2025-54135/54136 nel popolare editor AI Cursor (esecuzione di codice via MCP), e altri report indipendenti descrivono possibilità di RCE/abusi correlati. Se il tuo flusso AM dipende da questi strumenti, considera hardening, patching e confinamento.
Perché l’AM è un bersaglio appetibile
Report di settore indicano un forte incremento degli attacchi contro manufacturing e API: Akamai ha contato 150+ miliardi di attacchi API tra 2023 e 2024 e, in APJ, circa il 31% di tutti gli attacchi web ha colpito il manifatturiero; altri osservatori (Bitsight, Trustwave) segnalano crescita delle intrusioni e del ransomware nel 2024-2025. In AM circolano dati su prototipi, sanità, difesa e aerospazio: l’impatto di una manipolazione file/processo è superiore alla media.
Dalla cyber alla sicurezza fisica
Nel dominio AM una minima variazione introdotta nel file, nel toolpath o nel G-code può degradare le proprietà meccaniche del pezzo, con impatti su componenti critici. Questo ponte tra software e mondo fisico è esplicitato nell’analisi di 3DPrint.com e in letteratura tecnica su manomissioni del G-code.
Cosa fare (subito) se sviluppi o usi software “vibe coded” in AM
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Politica d’uso dell’IA e classificazione dei dati. Vietare l’uso di dati di produzione come “sample”. Imporre modelli privati/zero-retention, DLP e segreti gestiti esternamente (vault).
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Secure SDLC e revisione del codice. Adottare NIST SSDF (SP 800-218) e il profilo SP 800-218A per GenAI; integrare SAST/DAST, code review umane e threat modeling fin dall’inizio.
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Hardening dei tool AI. Tenere aggiornati editor/plug-in, isolare l’ambiente di sviluppo (container/VM), limitare permessi file-system e rete, applicare controlli su MCP/server esterni; monitorare e patchare CVE note.
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Dipendenze sotto controllo. Bloccare le versioni (lockfile), usare mirror interni/allowlist, verificare l’esistenza e la reputazione dei pacchetti (SCA), scansioni SBOM; validare in CI che le dipendenze proposte dall’LLM esistano davvero e non cambino namespace.
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Protezione supply-chain: SLSA e in-toto. Tracciare provenienza e integrità degli artefatti (build verificate, firme, attestazioni) con SLSA e in-toto, oggi maturi anche in CNCF.
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API security e separazione IT/OT. Se l’app “vibe coded” espone API per flussi AM (upload/prezzi/ordini), applicare gateway/API-WAF, autenticazione forte, rate limiting e segmentazione fra reti ufficio e macchine. Le statistiche Akamai e altri report suggeriscono che le API sono un vettore primario.
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Linee guida specifiche per AM. Valutare i playbook e i riferimenti NIST/MxD per integrare il Cybersecurity Framework su processi AM (file CAD → slicer → G-code → macchina), con controlli a ogni passaggio.
Indicatori d’adozione e cultura aziendale
Secondo Stack Overflow, il 76% degli intervistati usa o intende usare coding assistant, ma il 38% segnala risposte inaccurate almeno metà delle volte: senza governance, l’adozione cresce più della capacità di controllarla. Formazione continua e misure tecniche devono procedere insieme.
