Stampa 3D, dalla plastica al gel
La resina viene iniettata in un bagno gelatinoso dove resta sospesa per poi essere fissata con i raggi ultravioletti. Il vantaggio? Se sbagli, puoi correggere
Dal basso verso l’alto. Questa la dinamica della stampa 3D, soprattutto nel caso delle stampanti consumer. Ma in fondo anche in quelle industriali. Qualcosa per superare questo limite si era già mosso, vedi la Mataerial printer. Ora arriva anche una nuova tecnologia di stampa: si chiama suspended deposition ed è basata sull’uso di un gel come materiale di supporto per le resine creative. A metterla a punto un team del Southern California Institute of Architecture, ribattezzatosi Nstrmnt, e capitanato da Brian Harms. In questo modo sarà possibile, tramite una sorta di braccio meccanico a sei assi firmato dalla svizzera Stäubli Robotics, realizzare forme libere in questa specie di bagno di gel. Aumentando l’area di stampa e, soprattutto, potendo tornare indietro. Succhiando la resina liquida appena iniettata nella gelatina (la migliore sembra essere quella per i capelli, ma se ne dovrà progettare una apposita) anziché rilasciandone di nuova.
Che succede quando una stampa è completa? La resina liquida viene esposta a luci ultraviolette per un paio di minuti. Una breve procedura che ne irrobustisce la struttura, quasi a cuocerla. E la cosa bella è che il supergel di coltura “può essere riutilizzato molte volte, dal momento che non si secca”, ha detto l’inventore a Gizmag. “Abbiamo coperto il contenitore quando non lo usavamo e abbiamo potuto usarlo per diverse settimane. Probabilmente si può arrivare ad alcuni mesi”. Insomma, nessuno spreco. Al cuore della nuova procedura dell’Nstrmnt, in attesa di brevetto, c’è una scheda Arduino: il suo compito è sostanzialmente quello di controllare il flusso della pompa peristaltica di cui il braccio robotico è equipaggiato ma anche la direzione, cancellando piccole parti dell’oggetto per tornare sui propri passi, come una specie di funzione undo. Alla base dei movimenti del robot c’è invece un risolutore di cinematica inversa sviluppato per Grasshopper, il plugin per il programma di modellazione 3D Rhino.
“Il robot può essere anche controllato manualmente usando il controller. Così si trasforma in una specie di strumento da disegno tridimensionale istantaneo”. La risoluzione si aggira intorno a 1,6 mm, ma è ovviamente migliorabile a seconda del diametro del tubo utilizzato per veicolare la resina. C’è ancora qualcosa da sistemare, soprattutto nella fase d’iniezione del materiale dentro al gel. Tuttavia il punto è chiaro: non più un file inviato in stampa, ma un’operazione dal vivo attraverso la quale tornare indietro se si è sbagliato qualcosa, manipolare, aggiungere componenti ad altri oggetti magari sfornati in precedenza, o anche mettere in pausa. “Puoi anche partire senza grandi idee su cosa realizzare e metterti a fare qualcosa a mano libera”, ha detto Harms a Wired Uk.
di Simone Cosimi da wired.it