Un Movimento , quello degli appassionati di elettronica che trova nuova linfa dalla stampa 3d per applicazioni miniaturizzate e progettate in proprio che un tempo si potevano solo sognare
Dai maker ai faber: l’elettronica ora è davvero fai-da-te
«La tecnologia intesa come strumento creativo per costruire cose». Nemmeno Massimo Banzi immaginava che la filosofia dietro la sua piccola scheda elettronica Arduino, creata 10 anni fa per soddisfare le esigenze dei suoi studenti di Interaction Design, sarebbe fiorita in una rivoluzione planetaria.
Che vede contrapporre al modello del mero consumatore quello dell’homo faber, in grado di costruire da sé gli oggetti atti a soddisfare i propri bisogni. Già i giganti dell’elettronica si sono adeguati creando kit di sviluppo aperti e a basso costo, come StMicroelectronics con il suo Stm32 Nucleo, andando così incontro alle necessità dei geek, gli smanettoni appassionati di tecnologia che il telefilm «Big Bang Theory» ha reso pop. E le proposte innovative, come mostrato al recente Ces di Las Vegas, continuano a fioccare.
L’ultima micro scheda in arrivo si chiama Apollo, perché integra 11 sensori per misurare, tra l’altro, accelerazione, velocità, temperatura, umidità, pressione, oltre a un microfono e un display Oled. Coi suoi colleghi universitari appassionati di razzi a Cleveland, Amogha Srirangarajan aveva bisogno di un circuito in grado di registrare tutta una serie di dati dei suoi lanci, ma dopo averlo sviluppato ha pensato che potesse essere utile anche per altre applicazioni.
L’idea dell’open source, secondo cui ciascuno può prendere gli schemi di Arduino e modificarli liberamente, ha in qualche modo sdoganato l’hacking, trasportando il concetto di fabbricazione dagli oggetti alle stesse schede elettroniche, che chiunque può creare da sé senza affidarsi a terzi per la manifattura. Un esempio sono Voltera V-One e Squink, le prime stampanti 3D in grado di usare un materiale conduttivo per prototipare un circuito in pochi minuti. Non a caso proprio lo sviluppo della stampa 3D è uno dei motori dell’innovazione che in un futuro prossimo sostituirà al modello della produzione di massa uguale per tutti la creazione individuale su misura. In questo senso una rilevante innovazione vista al Ces, rispetto alla possibilità di stampare “soltanto” oggetti di plastica da rendere poi interattivi con circuiti elettronici acquistati a parte, viene introdotta da Voxel8: la stampante può fabbricare oggetti tridimensionali che integrano già al loro interno il circuito e i componenti elettronici (inseriti ad hoc). Una soluzione che di fatto mette a tacere gli scettici che sostenevano come la rivoluzione della stampa 3D si sarebbe esaurita presto proprio per l’impossibilità di creare oggetti elettronici. D’altronde questo prodotto, peraltro ancora molto costoso (9mila dollari), è il frutto di anni di ricerca del Lewis Research Group guidato ad Harvard da Jennifer Lewis; la professoressa e cofondatrice della società è l’unica “anziana” in un team giovanissimo di ex studenti e ricercatori.
Le nuove possibilità creative introdotte da questi due filoni della prototipazione a basso costo introducono il paradigma formativo per le generazioni a venire, in cui l’elettrotecnica, l’informatica, la modellazione 3D diventeranno sempre più le basi per essere creativi, oltre che competitivi sul mercato del lavoro. E proprio perché trafficare con i congegni elettronici presuppone conoscenze di concetti base, oltre che applicazione, ecco che si affacciano sul mercato consumer anche proposte educative: dopo i piccoli Lego dell’elettronica di LittleBits, con elementi che hanno funzioni diverse e si assemblano come mattoncini per imparare creando oggetti interattivi, è da poco arrivato Circuit Scribe, una penna a inchiostro conduttivo con cui si possono disegnare circuiti elettronici su carta per collegare tra loro, a scopo educativo o creativo, una serie di moduli, in maniera simile a quanto si può fare con i Circuit Sticker adesivi di Chibitronics. Prodotti che sembrano riprendere l’idea alla base di Lectron, gioco da tavolo presentato nel 1966 alla fiera di Norimberga da Georg Franz Greger e poi commercializzato da Braun (tuttora è venduto su lectron.de): sulla base metallica piccoli componenti elettronici in forma di cubi magnetici potevano essere assemblati tra loro a formare vari tipi di circuito. Un concept cui lo stesso Massimo Banzi dice di essersi ispirato.
di Marco Consoli da ilsole24ore.com