Nel panorama della stampa 3D, ancora fortemente dominato dai polimeri sintetici, emergono iniziative che esplorano l’impiego di materiali naturali e facilmente reperibili. Tra queste, si distingue il lavoro di Fiona Bell, ricercatrice post-dottorato presso il Dipartimento di Informatica della University of New Mexico, che ha realizzato un manuale pratico dedicato alla produzione di paste estrudibili sostenibili per stampanti 3D a uso domestico.
Il libro, intitolato “Biomaterial Recipes for 3D Printing: A Cookbook of Sustainable and Extrudable Bio-Pastes”, propone un approccio sperimentale e accessibile alla fabbricazione additiva con materiali alternativi. Le “ricette” contenute non prevedono ingredienti acquistabili in negozio, ma si basano su scarti organici recuperati dal territorio, come gusci d’uovo, bucce d’arancia, segatura e foglie di alberi locali.
Componenti e principi della stampa 3D con paste biologiche
Nel ricettario, ogni preparazione è formulata secondo una logica funzionale alla stampa:
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Riempitivi, che costituiscono la base voluminosa del materiale, spesso derivanti da rifiuti organici secchi o fibrosi;
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Stabilizzatori, materiali poco assorbenti come sabbia o gusci d’uovo, che conferiscono consistenza e impediscono il collasso dell’oggetto durante la stampa;
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Leganti, ingredienti assorbenti come farina di frumento o gelatina, che tengono insieme la miscela;
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Liquidi, generalmente acqua, per trasformare gli ingredienti in una pasta fluida ma stabile.
Queste paste, una volta estruse da stampanti 3D comuni, permettono la realizzazione di oggetti biodegradabili, che possono essere trattati in fase di post-produzione con cera d’api per l’impermeabilizzazione o olio vegetale per una finitura lucida.
Dai rifiuti locali a oggetti stampati: il processo creativo
Durante la fase di sviluppo, Bell ha attinto da diverse fonti del contesto urbano e universitario:
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foglie di pioppo raccolte nel campus della UNM,
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segatura proveniente da un laboratorio di falegnameria locale,
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gusci d’uovo scartati da un ristorante della zona.
Questi materiali sono stati trasformati in paste stampabili, testate in laboratorio per la realizzazione di oggetti d’uso comune come vasi da fiori compostabili, casette per uccelli e contenitori decorativi. Ogni ricetta include informazioni sulla biodegradabilità degli oggetti stampati, con tempi di decomposizione in suolo compresi tra 60 e 90 giorni, a seconda della composizione.
Il libro contiene anche la documentazione di fallimenti sperimentali, come l’assenza di leganti o stabilizzatori che ha reso gli oggetti instabili, oppure il caso di una pasta a base di buccia d’arancia che ha sviluppato muffe. Questo approccio evidenzia l’importanza del processo di prova ed errore, incentivando la sperimentazione diretta da parte degli utenti.
Un approccio pratico e culturale alla sostenibilità nella stampa 3D
Secondo Bell, uno degli aspetti centrali del progetto non è solo la sostituzione della plastica, ma anche la possibilità di rendere tangibile e accessibile l’utilizzo di materiali locali e naturali, spesso percepiti come incompatibili con la tecnologia. Il ricettario diventa così uno strumento culturale e pedagogico, che incoraggia la riflessione sul ciclo dei materiali e sulle modalità con cui gli scarti possono essere valorizzati, trasformati e restituiti alla terra in forme utili.
Riconoscimenti e contesto di ricerca
Il progetto ha ricevuto attenzione anche in ambito accademico. Nel mese di marzo, Bell è stata premiata con il Best Pictorial Award durante la conferenza internazionale ACM TEI – Tangible, Embedded and Embodied Interaction, tenutasi a Bordeaux, in collaborazione con Camila Friedman-Gerlicz e Leah Buechley.
Bell ha un percorso formativo interdisciplinare che unisce ingegneria meccanica e tecnologie creative e design, con un dottorato ottenuto presso l’ATLAS Institute dell’Università del Colorado Boulder. Attualmente svolge le sue ricerche all’interno dell’Hand and Machine Lab, un gruppo che si occupa di esplorare le interazioni tra tecnologia, materiali e cultura, con l’intento di progettare strumenti digitali accessibili e sensibili ai contesti locali e sociali.
