Sintesi di resine sostenibili per stampa 3D a base biologica

Un protocollo chimico semplice e a passo unico
Un gruppo di ricerca guidato dalla Universitat Politècnica de Catalunya (UPC) e dall’Institute of Chemical Research of Catalonia (ICIQ) ha messo a punto una famiglia di resine fotopolimerizzabili che combinano componenti di origine naturale con il tradizionale co-monomero PEGDA (polyethylene glycol diacrylate). Il procedimento prevede la sintesi, in un unico passaggio, di diallyl ester da tre acidi naturali – succinico, malico e tartarico – mediante reazione con bromuro di allylo (AllylBr) in presenza di carbonato di potassio e solvente DMF. Questo porta alla formazione di diallyl succinato (DAS), diallyl malato (DAM) e diallyl tartarato (DAT) con rese superiori all’80%.

Formulazione della resina e fotopolimerizzazione
Le polveri dei tre monomeri bio-sourced vengono miscelate al 50 % in peso con PEGDA (Mn = 250 g mol⁻¹) e 1 % di fotoiniziatore BAPO (fenilbis(2,4,6-trimetilbenzoyl)fosfina ossido). La miscela, priva di solventi, risponde prontamente ai raggi UV (λ ≈ 405 nm), attivando il reticolamento tramite radicali liberi. Le squadra ha valutato la cinetica di polimerizzazione con spettroscopia FTIR, registrando tempi di conversione completi in meno di 30 s, e ha studiato le proprietà termiche dei termostati con TGA e DSC.

Proprietà dei vari sistemi
Tra le tre formulazioni, la coppia DAS:PEGDA si è distinta per la stabilità termica (pirolisi oltre 300 °C), la facilità di stampa e le caratteristiche meccaniche. I campioni stampati in DLP (Digital Light Processing) hanno mostrato risoluzione dimensionale di ± 50 μm e una variazione volumetrica inferiore al 3 % durante la reticolazione. Le prove dinamico-meccaniche hanno rilevato una temperatura di transizione vetrosa (Tg) intorno ai 34 °C, un modulo elastico di circa 127 MPa e una resistenza a trazione di 5,8 MPa. Le miscele DAM:PEGDA e DAT:PEGDA, pur polimerizzando altrettanto velocemente, hanno evidenziato fragilità e calo di prestazioni a seguito di post-cottura termica.

Biodegradazione accelerata
Grazie ai legami esterei introdotti dal monomero bio-derivato, i provini DAS:PEGDA hanno perso il 16 % del loro peso in 90 giorni in un test enzimatico con lipasi, segno di idrolisi progressiva. Sulla base di questi dati, i ricercatori stimano una decomposizione completa entro cinque anni, un risultato notevole rispetto alle resine convenzionali che resistono centinaia di anni senza degrado.

Contesto e prospettive
Questa ricerca si inserisce nel progetto Base-3D, coordinato dal Centro de Investigación Multiescala de la UPC e finanziato dal Governo della Catalogna e dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Il lavoro ha coinvolto il gruppo IMEM-BRT (Innovation in Materials and Molecular Engineering – Biomaterials for Regenerative Therapies) dell’UPC, guidato dalla prof.ssa Elaine Armelin, e il team ICIQ-KTT, coordinato dal dott. Fernando Bravo. Oltre a questa classe di resine, il Base-3D ha già esplorato altri polimeri biodegradabili e ora sta studiando biopolimeri come alginati, chitosano e gelatine per applicazioni nei suoli, nelle batterie e nelle celle di desalinizzazione.

Possibili sviluppi
I ricercatori suggeriscono che, integrando ulteriori additivi bio-sourced (fotoiniziatori naturali, nanofiller a base cellulosa), si potrebbero migliorare modulo elastico e temperatura di transizione, ampliando l’impiego di queste resine a settori come il biomedicale, il packaging e l’elettronica flessibile. L’introduzione di pigmenti naturali o agenti antimicrobici potrebbe inoltre dare alle resine funzionalità addizionali, mantenendo il bilancio ambientale favorevole.

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Di Fantasy

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