Strutture civili e compositi polimerici: un panorama sulle potenzialità della stampa 3D
Un team di ricerca congiunto, formato da studiosi della RMIT University, della University of Southern Queensland (UniSQ), della University of Melbourne, della University of Sherbrooke e del Department of Transport and Main Roads del Queensland, ha pubblicato su ScienceDirect una rassegna esaustiva sull’utilizzo dei compositi polimerici nelle infrastrutture civili tramite manifattura additiva. Gli autori—tra cui Sachini Wickramasinghe (RMIT e UniSQ), Allan Manalo (UniSQ), Omar Alajarmeh (UniSQ), Charles Dean Sorbello (Department of Transport and Main Roads, Queensland), Senarath Weerakoon (UniSQ), Tuan D. Ngo (University of Melbourne) e Brahim Benmokrane (University of Sherbrooke)—sostengono che la combinazione di polimeri e materiali di rinforzo, stampata tramite tecnologie 3D, risponde alle esigenze di progettazione contemporanee e apre scenari applicativi che meritano approfondimenti ulteriori.
Il valore aggiunto dei compositi polimerici in ambito civile
Negli ultimi anni, i compositi rinforzati con fibre o particelle sono diventati una classe di materiali di riferimento nei settori automobilistico, aerospaziale e – più di recente – in quello delle costruzioni. La loro forza risiede in un rapporto resistenza/peso elevato, in una maggiore resistenza alla corrosione rispetto ai metalli e in una libertà progettuale che facilita la creazione di forme complesse. In campo civile, questi materiali hanno già sostituito l’acciaio in molte applicazioni, come barre in FRP (Fiber-Reinforced Polymer) per il rinforzo delle strutture in calcestruzzo e membrane impermeabilizzanti a base di polimeri, ma il potenziale della manifattura additiva per componenti di dimensioni ragguardevoli è ancora in fase preliminare di esplorazione.
Combinazioni di polimeri e rinforzi: dalla teoria alla pratica
Da un punto di vista chimico, la combinazione di una matrice polimerica (ad esempio polipropilene, polietilene ad alta densità o resine epossidiche) con fibre di vetro, carbonio o materiali naturali come la fibra di basalto, consente di ottenere proprietà meccaniche e termiche superiori rispetto al polimero puro. Ad esempio, i FRP impiegati come barre di rinforzo per travi e pilastri permettono di ridurre il rischio di corrosione e incrementano la durabilità di mensole, parapetti e pilastri esposti ad ambienti aggressivi. Analogamente, composite a base di polipropilene rinforzato con particelle ceramiche possono essere usati per produrre rivestimenti antiriflesso per ponti, con una maggiore resistenza all’usura meccanica e ai cicli di gelo-disgelo. Tuttavia, le ricerche spesso si limitano all’applicazione convenzionale (iniezione, estrusione, pultrusione), senza sfruttare l’additive manufacturing (AM) per geometrie personalizzate e pezzi leggeri.
Tecniche di manifattura additiva applicabili ai compositi
La manifattura additiva comprende diverse famiglie di processi, ognuna delle quali si presta a un diverso tipo di composito:
-
Filamento di polimero rinforzato (FDM/FFF): aziende come Stratasys e Ultimaker hanno reso popolari stampanti capaci di estrudere filamenti di PLA, ABS e polietilene, ma per applicazioni civili si stanno sperimentando filamenti caricati con fibre di vetro o particelle di ceramica. In ambito industriale, la linea Fortus di Stratasys o la Big Area Additive Manufacturing (BAAM) di Cincinnati Incorporated stampano componenti di plastica rinforzata di dimensioni importanti, utili per modelli di prova o elementi di cantiere temporanei.
-
Sinterizzazione laser selettiva (SLS): spesso impiegata per termoplastiche ingegneristiche come il nylon rinforzato con fibra di vetro, l’SLS è ampiamente utilizzata da EOS e 3D Systems per componenti meccanici, ma rimane poco diffusa oltre il prototipaggio in costruzioni civili. Alcuni centri di ricerca, come l’Advanced Structures and Composites Center dell’University of Maine (progetto BioHome 3D), sperimentano l’SLS su bozzoli di polimero biodegradabile per realizzare moduli abitativi leggeri.
-
Binder Jetting: questa tecnologia, commercializzata da HP e ExOne, impiega un legante liquido su polveri di polimero o sabbia silicea rivestita di resina. Con la successiva infiltrazione (ad esempio con resine epossidiche), è possibile ottenere parti composite ad alta resistenza, come pannelli esterni di facciata dotati di canali di irrigazione interna o pannelli coibentati di grandi dimensioni.
-
Direct Ink Writing (DIW) e Extrusion-based Ceramics: in ambito di ricerca, università come l’ETH di Zurigo e il Massachusetts Institute of Technology (MIT) sviluppano filamenti di pasta cementizia contenenti fibre di vetro o polimeri compositi con riempitivi geopolimerici, che vengono estrusi lentamente per creare elementi prefabbricati resistenti al fuoco. Società come COBOD sono note per le loro soluzioni di stampa 3D di cemento, ma alcuni studi esplorano l’aggiunta di resine polimeriche nella miscela per ottimizzare la flessibilità e la resistenza a flessione.
Parametri di stampa e impatto sulle proprietà meccaniche
Nella produzione di componenti civili di grandi dimensioni, la gestione di parametri come velocità di estrusione, altezza dello strato, temperatura dell’ugello e del piano di stampa nonché velocità del movimento del robot influisce in modo determinante sulla qualità superficiale e sulla resistenza meccanica finale. Ad esempio, un incremento dell’altezza dello strato può ridurre il tempo di stampa ma aumenta la porosità interna, compromettendo la tenuta all’acqua in un elemento funzionale come un pannello impermeabile o un modulo di drenaggio in composito polimerico. Al contrario, una velocità di deposizione più lenta migliora l’adesione tra strati ma allunga i tempi di produzione. La rassegna sottolinea che studi sperimentali condotti dall’RMIT hanno dimostrato come un rapporto di estrusione elevato, abbinato a un raffreddamento controllato, possa ridurre la diffusione di microfessure tra gli strati, migliorando la resistenza a fatica di pannelli per barriere fonoassorbenti.
Lacune nella letteratura e sfide da affrontare
Nonostante il crescente interesse per la stampa 3D di calcestruzzo—con esempi come il progetto di tecnologia CONCR3DE in Olanda o gli impianti COBOD in Danimarca—l’utilizzo dei compositi polimerici tramite AM nelle infrastrutture resta ancora scarsamente documentato. Molti studi si concentrano su FRP tradizionali (come barre in CFRP per il rinforzo di ponti esistenti) o su polimeri utilizzati in rivestimenti superficiali; raramente però si approfondiscono aspetti come:
-
Anisotropia dei componenti stampati: a causa del processo di deposizione strato dopo strato, le proprietà meccaniche sono spesso migliori in una direzione (lungo gli strati) e inferiori tra gli strati. Ciò si traduce in ridotta resistenza a trazione perpendicolarmente al piano di depositazione, fattore critico per elementi sollecitati a flessione bidirezionale.
-
Durabilità ambientale: l’esposizione ai raggi UV, all’umidità, alle escursioni termiche e alle sollecitazioni meccaniche cicliche può degradare il polimero di base (per esempio ABS o PLA), con conseguente invecchiamento precoce del componente. Anche le pellicole protettive polimeriche impiegate come rivestimenti per facciate richiedono un’adeguata protezione ai raggi solari e un’adeguata resistenza al degrado termico.
-
Standard normativi mancanti: non esistono codici di progettazione unici applicabili ai componenti in compositi prodotti con AM, al contrario dell’acciaio e del calcestruzzo armato, disciplinati da normative come l’Eurocodice o l’ACI. Questo crea incertezza per ingegneri e direttori lavori, limitando l’adozione in progettazioni generali.
Materiali sostenibili e prospettive di economia circolare
In un contesto globale che spinge verso la decarbonizzazione del comparto edile, la sperimentazione con polimeri riciclati e biobased è in aumento. Diverse startup e centri di ricerca, come Polymateria nel Regno Unito e NatureWorks (USA), sviluppano polimeri biodegradabili a base PLA o PHBV, che possono essere processati con tecniche FDM a basso impatto. Nel contesto della rassegna, gli autori evidenziano che pochi studi analizzano l’impiego di granuli di plastica riciclata (per esempio pellet di PET riciclato) come materia prima per la stampa di moduli prefabbricati—perché la qualità del pellet deve essere omogenea per garantire proprietà meccaniche costanti. Allo stesso modo, i bio-compositi—ossia polimeri biobased rinforzati con fibre naturali come lino, canapa o kenaf—offrono un ridotto impatto di carbonio, ma necessitano di processi di asciugatura specifici per evitare difetti di stampa.
Performance meccaniche e casi sperimentali
Tra i casi studio più rilevanti illustrati nel documento, si segnalano:
-
BioHome 3D (University of Maine, Advanced Structures and Composites Center): il progetto ha realizzato un prototipo di abitazione modulare stampata tramite tecnologia SLS con polveri di poliammide rinforzate con nanoparticelle di argilla, utilizzabili come blocchi isolanti per pareti portanti leggere. Sebbene ancora dimostrativo, questo caso evidenzia come la stampa 3D possa produrre volumi isolati termicamente con geometrie reticolari interne pensate per l’efficienza energetica.
-
Stampa di travetti FRP in loco (UniSQ e RMIT): esperimenti condotti da UniSQ in collaborazione con la RMIT hanno prodotto travi lamellari con fibre di vetro e matrice epossidica, assemblate tramite deposizione multiasse con un braccio robotico KUKA modificato. Nei test meccanici, tali travetti hanno mostrato resistenze a flessione superiori del 25% rispetto alle controparti stampate planarmente, grazie all’allineamento ottimale delle fibre.
-
Pannelli coibentati con RIET (Robotically Integrated Extrusion Technology): sviluppata dalla University of Melbourne, questa tecnologia combina un’estrusione di polistirene espanso con il rinforzo parallelo di una griglia interna in PET riciclato, stampata con un sistema FDM opportunamente adattato. Questi pannelli, impiegabili come coibenti per coperture e pareti, presentano una trasmittanza termica inferiore del 15% rispetto all’EPS convenzionale.
Sfide nella durabilità e soluzioni emergenti
Tra le criticità comuni ai compositi polimerici stampati in 3D per applicazioni civili, le principali riguardano:
-
Invecchiamento a causa di UV e umidità: in assenza di filtri UV, polimeri come il PLA o l’ABS possono degradarsi in pochi mesi all’aperto. L’applicazione di vernici protettive a base di resine siliconiche o l’integrazione di additivi stabilizzanti (come agenti antifotoinvecchiamento) rappresentano una possibile strategia di protezione.
-
Adesione tra strati: una scarsa fusione parziale tra strati di materiale causa ridotta coesione e può tradursi in un cedimento prematuro sotto carichi di compressione ciclica, come quelli tipici di pavimentazioni industriali. Un raffreddamento controllato e l’uso di matrici termoplastiche a più bassa viscosità (per esempio PEEK invece di PLA) migliorano l’interazione tra strati.
-
Infiltrazione di agenti esterni: in strutture come bacini di contenimento o condotti per il drenaggio, la penetrazione di fluidi aggressivi (acque reflue con sostanze chimiche) può corrodere progressivamente la matrice polimerica. Soluzioni studiate includono trattamenti superficiali a base di nanoparticelle di ceramica o vernici epossidiche rinforzate con grafene per erigere una barriera protettiva.
Direzioni future della ricerca
Gli studiosi propongono alcune aree di approfondimento ritenute prioritarie per colmare le lacune e accelerare l’applicazione pratica dei compositi polimerici stampati in 3D in edilizia:
-
Ottimizzazione dei parametri di stampa: studi sistematici sull’influenza di velocità di estrusione, temperatura dell’ugello e del piano, nonché geometria del filamento (ritiro lineare e sezione del filamento) possono ridurre la porosità interna e migliorare la resistenza a fatica. La creazione di database condivisi, consultabili da ingegneri e progettisti, agevolerebbe la scelta dei parametri più idonei per ciascun materiale composito.
-
Sviluppo di materiali riciclati e biocompositi: diffondere l’uso di pellet di PET riciclato o di PLA di scarto raccolto da altre applicazioni potrebbe ridurre i costi di approvvigionamento. Accanto a questo, i bio-compositi (PLA rinforzato con fibra di canapa o lino) offrono una minore impronta di carbonio, ma richiedono studi specifici sulla stabilità dimensionale durante la stampa e sulle trasformazioni termiche in opera.
-
Test a lungo termine in condizioni reali: pochi progetti hanno eseguito cicli di verifica su componenti esposti per un anno in ambienti marini, montani o urbani con elevate escursioni termiche. Approfondire l’effetto di fattori come salinità, pH, microcracking da gelo/disgelo e carichi dinamici (traffico veicolare su superfici stradali 3D-printed) è essenziale per definire metodi di manutenzione e protocolli di riparazione.
-
Approcci ibridi e rinforzi continui: integrare fibre continue (di vetro, carbonio o basalto) durante l’estrusione—simile a quanto fatto da Anisoprint nel settore aerospaziale—apre la porta a componenti leggeri ma altamente resistenti. Il lavoro di gruppi come quello di Tuan D. Ngo presso l’University of Melbourne sta esplorando stampe ibridate in cui fibre continue vengono depositate simultaneamente al polimero, riducendo la frammentazione delle fibre corte e migliorando l’adesione interstrato.
-
Sviluppo di codici di progettazione e linee guida: l’assenza di normative specifiche obbliga gli ingegneri a effettuare calcoli di dimensionamento con fattori di sicurezza aggiuntivi, penalizzando la diffusione dei compositi stampati. Si rendono necessari protocolli di prova standardizzati, come il metodo ASTM D638 per prova di trazione uniaxiale e il metodo ISO 11357 per i comportamenti termici, applicabili a materiali estrusi. Inoltre, un manuale condiviso tra associazioni di ingegneri strutturali e costruttori (ad esempio un’estensione dell’ACI 440 per FRP) potrebbe includere tabelle di resistenza specifiche per componenti additivi.
Collaborazioni interdisciplinari e integrazione nel ciclo di vita dell’opera
Per promuovere l’adozione dei compositi polimerici stampati in 3D, i ricercatori insistono sulla necessità di collaborazioni tra scienziati dei materiali, ingegneri civili, architetti, sviluppatori di software CAD/CAM e enti regolatori. Un workflow ideale coinvolgerebbe:
-
Progettazione parametricamente generativa, in cui algoritmi di ottimizzazione topologica suggeriscono trame interne e densità variabili in funzione del carico previsto.
-
Simulazioni numeriche (FEA) che prevedano le sollecitazioni monocicliche (fatica) e multisollevamento (pavimenti industriali), utilizzando modelli di materiale anisotropo calibrati su dati sperimentali.
-
Produzione in loco o in stabilimenti dedicati a filamenti speciali, con sistemi robotizzati dotati di più estrusori per mescolare strati di polimero puro e “strisce” di materiale rinforzato, simulando concetti analoghi a quelli di Continental Structural Plastics nel settore automobilistico.
-
Integrazione nel Building Information Modeling (BIM), in modo che ogni elemento stampato riceva una scheda di monitoraggio (asset tag) contenente dati su composizione, provenienza del materiale, parametri di stampa e cronoprogramma per manutenzioni future.
Casi aziendali e applicazioni concrete in corso di sviluppo
Alcune realtà industriali hanno già iniziato a sperimentare con progetti pilota:
-
Black Buffalo 3D (Canada): ha implementato stampanti di grandi dimensioni per realizzare telai di legno rinforzati con polimeri caricati di fibre di vetro, destinati a coperture temporanee e magazzini adibiti a deposito di materiali chimici.
-
Brave Armor (USA): azienda nota per giubbotti balistici, ha iniziato a valutare soluzioni per barriere antiurto e protezioni per marciapiedi, usando tecnopolimeri caricati con grafene e vetro 3D-printed, per aumentare resistenza all’impatto e ridurre il peso.
-
CUSAX (Sudafrica): collabora con l’Università di Pretoria per sviluppare tubi in PVC rinforzato con particelle ceramiche stampati in 3D, destinati a condotte fognarie in ambienti salini, con un ciclo di produzione di 24 ore per una mandata completa di tubi da 100 mm.
Considerazioni ambientali e sostenibilità complessiva
A fronte del crescente impegno a ridurre l’impronta di carbonio nell’edilizia, i compositi polimerici stampati in 3D devono essere valutati con un’analisi LCA (Life Cycle Assessment) che consideri:
-
Produzione dei polimeri: l’uso di materiali a base di petrolio (come ABS e nylon) comporta emissioni significative in fase di sintesi; al contrario, biopolimeri come PLA o PHA riducono il carbon footprint fino al 50%, purché derivino da coltivazioni sostenibili.
-
Trasporto e logistica: stampare in loco o in siti vicini alla destinazione finale riduce notevolmente i costi e le emissioni legate alla movimentazione di componenti prefabbricati di grandi dimensioni.
-
Fine vita: l’assenza di protocolli per il riciclo di pezzi composite 3D-printed (ad esempio miscele di polimero e fibra di carbonio) costituisce un limite: attualmente, gran parte del materiale finisce in discarica o viene termovalorizzato. La ricerca verso polimeri depolimerizzabili o che possano essere reintegrati in un processo di filamento rigenerato è cruciale per chiudere il cerchio e imboccare la strada di un’economia circolare.
-
Risparmio di materiali: dal momento che l’AM deposita solo il materiale necessario, si riducono gli scarti in confronto a un processo di fresatura che asporta grandi quantità di materia; tuttavia, rimane il tema della rimozione di supporti strutturali e di rifinitura manuale, che genera polvere o ritagli plastici.
Conclusioni e visione a lungo termine
L’ampio panorama delineato dalla rassegna di RMIT, UniSQ, University of Melbourne, University of Sherbrooke e Transport and Main Roads, Queensland rivela come la stampa 3D con compositi polimerici offra vantaggi potenziali ancora in gran parte da esplorare. Dalla realizzazione di pannelli coibentati e stratificati alla produzione di travetti FRP, fino alla creazione di elementi prefabbricati per facciate complesse, l’additive manufacturing potrebbe diventare uno strumento chiave per edifici più leggeri, più duraturi e con forme altamente personalizzate. Per procedere lungo questa strada, è indispensabile:
-
Sviluppare standard condivisi per la progettazione strutturale.
-
Condurre test su larga scala per validare la durabilità in ambienti reali.
-
Favorire la sinergia tra università, centri di ricerca, aziende produttive (ad esempio EOS, Stratasys, HP, COBOD) e committenti pubblici.
Solo con un approccio integrato—che includa la messa a punto di codici normativi, l’adozione di materiali a basso impatto ambientale e l’implementazione di processi robusti di monitoraggio—l’adozione dei compositi polimerici stampati in 3D potrà decollare nelle infrastrutture civili, portando a risultati di efficienza e sostenibilità finora mai raggiunti.
