UKAEA: due piattaforme additive metalliche per componenti destinati alla fusione
Doppio cuore additivo nel Central Support Facility
La United Kingdom Atomic Energy Authority (UKAEA) ha messo in funzione, all’interno del nuovo Central Support Facility (CSF) nel campus di Culham, due sistemi di produzione additiva metallica concepiti per lavorare materiali critici per l’energia da fusione. Il primo è l’eMELT a fascio di elettroni sviluppato da Freemelt AB (con tecnologia E‑PBF, Electron Powder Bed Fusion); il secondo è un sistema SLM®280 2.0 di Nikon SLM Solutions, fornito e integrato da Kingsbury Machine Tools con supporto applicativo di Additure. La scelta di accoppiare le due piattaforme nello stesso ambiente di ricerca consente di confrontare approcci energetici differenti (fascio elettronico in vuoto vs fasci laser in atmosfera controllata) sugli stessi materiali e sulle stesse geometrie di prova, riducendo iterazioni di trasporto e allineamento metrologico.
Perché servono due tecnologie
I componenti più esposti nei reattori a fusione — tegole di prima parete, divertori, portelli diagnostici, condotti termici — combinano requisiti che difficilmente una singola tecnologia riesce a soddisfare: elevata resistenza a flussi termici superiori a 10 MW/m², stabilità dimensionale, capacità di sopportare bombardamento neutronico e, al tempo stesso, interfacce con materiali strutturali più duttili o con circuiti di raffreddamento attivi. La strategia UKAEA punta a usare l’eMELT per consolidare o riportare tungsteno in forma quasi piena densità e per claddare leghe ad alta conducibilità (ad esempio rame‑cromo‑zirconio, CuCrZr) o acciai specifici per fusione come Eurofer 97; la piattaforma SLM®280 viene invece impiegata per costruire geometrie complesse, reticoli di alleggerimento, canali di raffreddamento interni, gradienti di materiale e provini multimetallo non banali da ottenere con processi convenzionali.
eMELT (Freemelt) – E‑PBF in ambiente di vuoto ad alta temperatura
Nel processo Electron Powder Bed Fusion il fascio di elettroni viene deflesso magneticamente e scansiona un letto di polvere metallica sotto vuoto. L’assenza di ossigeno limita l’ossidazione dei metalli reattivi, mentre la possibilità di pre‑riscaldare l’intero strato di polvere a temperature elevate riduce gradienti termici e rischi di fessurazione, fattore chiave per materiali fragili come il tungsteno. Con l’eMELT il team UKAEA può:
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produrre provini e tasselli di tungsteno a densità prossima al pieno per studi di erosione plasma‑facing e cicli termici ripetuti;
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depositare strati o zone funzionali di tungsteno su substrati di rame o acciaio, studiando adesione, tenacità interfaccia e gestione delle tensioni residue;
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sperimentare parametri di scansione (corrente fascio, velocità, strategia di raster) su build di dimensioni progressive per validare modelli di scalabilità verso migliaia di pezzi.
Il sistema industriale eMELT ordinato da UKAEA segue una fase di prove collaborative avviata nel 2023 e proseguita con studi di fattibilità su piastrelle di tungsteno per macchine di prova e dimostratori di potenza. L’investimento supporta il passaggio verso produzioni pilota interne e riduce la dipendenza da fornitori esterni per le prime serie.
SLM®280 2.0 (Nikon SLM Solutions) – Laser Powder Bed Fusion per geometrie ibride
La macchina LPBF installata da Kingsbury con supporto Additure mette a disposizione due sorgenti laser (configurazioni multi‑laser) in grado di fondere strati sottili di polvere metallica con alte velocità di deposizione. La camera di lavoro permette build orientati a coupon di processo, campioni di gradiente e componenti funzionali di dimensioni medio‑piccole, ideali per iterare rapidamente su design per reattori sperimentali. Tra le attività programmate da UKAEA:
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realizzare reticoli di scambio termico e canali a parete sottile destinati a zone schermate ma termicamente sollecitate;
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studiare combinazioni di materiali (ad esempio acciaio inossidabile / Eurofer 97 / leghe rame) con transizioni graduali o interfacce geometriche interdigitanti;
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validare parametri per metalli refrattari lavorati con pre‑riscaldo letto e strategie di riempimento che limitino le tensioni;
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sviluppare kit di prova standardizzati da inviare a partner industriali per allineare specifiche di qualifica.
La disponibilità di supporto da parte di Kingsbury e Additure include formazione operatori, messa a punto dei profili macchina e consulenza sulla gestione delle polveri qualificate in ambito nucleare.
Materiali chiave: tungsteno e Eurofer 97
Il tungsteno è la scelta primaria per superfici esposte direttamente al plasma grazie al punto di fusione elevato, alla bassa erosione sputtering e alla buona conducibilità termica; presenta però fragilità e tendenza a sviluppare tensioni residue quando raffreddato rapidamente. Processi additivi in vuoto con pre‑riscaldo, come l’E‑PBF, attenuano questi problemi.
Eurofer 97 è un acciaio ferritico‑martensitico ridotto in elementi che generano scorie radioattive a lunga vita; è stato sviluppato nei programmi europei di materiali per fusione per offrire proprietà meccaniche adeguate, saldabilità controllata e migliore comportamento sotto irraggiamento rispetto agli acciai convenzionali. L’interfaccia tra Eurofer 97 (strutturale) e tungsteno (plasma‑facing) è uno dei temi più complessi su cui il CSF UKAEA sta concentrando test metallografici e cicli termici accelerati.
Dal coupon alla parte qualificata: percorso di sviluppo
UKAEA sta strutturando un percorso a passi progressivi, utile come riferimento anche per fornitori industriali che desiderano entrare nella catena di fornitura della fusione:
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Build di parametri: piccole torri e provini densi per calibrare energia areale, spessore strato e strategie di deflessione/laser fill.
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Caratterizzazione metallurgica: densità, porosità residua, grana, microfessurazioni, composizione chimica (con attenzione a impurità come ossigeno nel tungsteno).
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Test termomeccanici: cicli ripetuti fino a gradini di temperatura mirati a simulare carichi >10 MW/m² equivalenti; misure di conduttività e stabilità dimensionale.
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Prototipi funzionali: componenti con passaggi fluidici, sedi sensori, inserti di fissaggio; confronto E‑PBF vs LPBF.
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Scaling e producibilità: valutazione tempi macchina, resa polvere, costo per parte, controlli non distruttivi e requisiti di tracciabilità per uso in impianti sperimentali.
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Qualifica e standardizzazione: definizione di specifiche condivise UKAEA/industria per materiali e processi, con l’obiettivo di accelerare forniture per programmi dimostrativi.
Benefici attesi rispetto alla fabbricazione convenzionale
Le attuali architetture di prima parete e divertore per macchine sperimentali richiedono lavorazioni sottrattive estese, brasature multiple e giunzioni dissimili complesse. La produzione additiva può:
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ridurre il numero di saldature e brasature critiche;
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limitare sprechi di tungsteno massivo, materiale costoso e difficile da lavorare;
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comprimere i tempi di sviluppo passando da blocchi lavorati a geometrie integrate costruite vicino alla forma finale;
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abilitare canali di raffreddamento conformali e topologie reticolari per gestire gradienti termici;
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semplificare l’introduzione di sensori inglobati o interfacce strumentate.
Ruoli industriali e catena di fornitura
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UKAEA: definisce requisiti funzionali, conduce ricerca su materiali soggetti a neutroni veloci e calore di superficie elevato, coordina i programmi di prova.
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Freemelt AB (Mölndal, Svezia): fornisce la piattaforma eMELT e know‑how su processi E‑PBF per metalli refrattari; collabora su studi di densificazione tungsteno e cladding.
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Nikon SLM Solutions (Lübeck, Germania): produttore della serie SLM®280 2.0 LPBF multi‑laser impiegata per geometrie complesse e gradienti.
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Kingsbury Machine Tools (Gosport, Regno Unito): partner di vendita, installazione e integrazione della macchina SLM®280 presso il CSF; interfaccia locale per supporto tecnico.
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Additure: supporto applicativo, formazione, sviluppo parametri LPBF, consulenza sulla scalabilità della produzione additiva per il settore fusione.
Connessioni con i programmi DEMO
La piattaforma doppia del CSF è allineata ai traguardi dei futuri dimostratori di reattori a fusione (programmi DEMO in sviluppo internazionale). Prima di arrivare a componenti a piena scala, occorrono librerie di dati su materiali e giunzioni che tengano conto di irraggiamento, cicli termici rapidi e manutenzione remota. Produrre in modo additivo elementi più piccoli, modulari e ripetuti — come tegole e segmenti di rivestimento — accelera la produzione di dati sperimentali e riduce la soglia di ingresso per aziende della filiera.
Sfide aperte
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Controllo dell’ossigeno e delle impurità nel tungsteno in polvere e nei ricicli di processo.
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Gestione degli stress termici nelle interfacce tungsteno / acciai o rame, soprattutto durante raffreddamenti rapidi.
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Scalabilità economica: rapporto tempo macchina / volume, ricupero polveri, manutenzione ottica e catodo fascio e‑beam.
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Validazione sotto irraggiamento neutronico: variazioni microstrutturali e gonfiamento.
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Normative per uso in ambienti nucleari: tracciabilità lotti polvere, controlli non distruttivi, certificazioni di processo.
Che cosa significa per scuole, università e PMI
Il fatto che UKAEA lavori in stretta collaborazione con costruttori di macchine e fornitori di servizi apre spazi di partecipazione a chi sviluppa materiali, polveri speciali, software di simulazione e sistemi di ispezione. I dati generati su tungsteno, Eurofer 97 e leghe rame potranno alimentare progetti didattici avanzati e programmi di formazione mirati a creare competenze additive spendibili nella filiera energetica europea.
Sintesi operativa
Mettere uno accanto all’altro un impianto E‑PBF e uno LPBF consente a UKAEA di:
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comparare parametri di processo su materiali identici;
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depositare coating funzionali e, nello stesso laboratorio, costruire sottostrutture complesse che li ospitano;
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studiare tolleranze di accoppiamento e deformazioni post‑lavorazione;
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raccogliere dati accelerati per la qualifica di componenti destinati a macchine sperimentali e, in prospettiva, a dimostratori di potenza.
